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Trapani: arrestato presunto assassino di don Michele di Stefano

Don Michele Di Stefano era stato assassinato nella notte tra lunedì e martedì 26 febbraio scorso mentre dormiva nella canonica di Ummari una piccola frazione della città di Trapani. La vittima è un prete che aveva ricevuto anche il premio per la sua bontà: amato da tutti, recitava la targa, eppure, oggi, che i carabinieri di Trapani hanno acciuffato l’assassino, è proprio uno dei suoi fedeli che non lo amava. Odiava le sue omelie

Così avrebbe detto Antonio Incandela, il trentatreenne ascoltato tutta la notte dagli inquirenti. L’uomo è arrestato ieri sera intorno alle ventidue e, durante il lungo interrogatorio durato fino alle 11 di questa mattina, avrebbe riferito la sua versione dei fatti degna da un vero serial killer. Ha pensato a tutto: in primis a non lasciare tracce sul luogo del delitto che, sembrava davvero perfetto. Almeno ad un primo sguardo quando sul quella scena i Ris di Messina fatti intervenire per aiutare le indagini, per tre giorni non hanno trovato alcuna traccia. Incandela, avrebbe raccontato, infatti, di essersi introdotto nella canonica, aver atteso il rientro del prete e che lo stesso, spegnesse la tv. 

Avrebbe fatto scorrere ancora le lancette per aspettare che si addormentasse prima di agire, prima, a suo dire, di dargli una lezione. Per fargli capire che nelle sue omelie, non doveva fare riferimento ai peccati che i peccatori gli riferivano. E così avrebbe impugnato il bastone ed avrebbe colpito don Michele più volte. Solo dopo, stando alla sua versione dei fatti, si sarebbe reso conto di averlo colpito alla testa. A quel punto avrebbe inscenato una rapina finita male: avrebbe fatto sparire il portafogli, il bancomat, e avrebbe acceso le luci della chiesa e della canonica. Due ore dopo aver commesso l’omicidio si sarebbe recato ad un bancomat, con un cappellino per non far vedere il suo volto, ed avrebbe prelevato la somma di 250 euro. 

È su questa pista che i Carabinieri di Trapani hanno iniziato a seguirlo. Peccato che le telecamere degli istituti di sicurezza, tre in tutto quelli visitati da Incandela (che solo nel primo riesce a prelevare del denaro) non consentono di risalire al suo volto a causa della scarsa qualità delle immagini. Gli unici indizi a disposizione degli inquirenti sono l’altezza ed un pizzetto che Incandela, da lì a breve, eliminerà perché gli arriva alla voce che si sta cercando un uomo con un pizzetto. Il trentatreenne, manovale al momento disoccupato con precedenti per reati per incendio, è un uomo solo ma con la mente lucida tanto da pensare ad ogni piccolo particolare. Ma non a tutti. 

L’uomo difficile da intercettare perché non frequenta nessuno, commette l’errore di rubare il bancoposta alla madre che, denuncia il furto ai Carabinieri e, riconosce il figlio nelle immagini che gli inquirenti gli fanno vedere. A quel punto il cerchio non esiste più c’è solo l’indiziato numero uno e si tratta di Incandela. L’uomo confesserà durante l’interrogatorio. Adesso per il parroco della piccola frazione, è finalmente arrivata la pace.

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