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Narcos e Social Media: attivisti digitali nel mirino

Circa un mese fa, il cadavere decapitato di Marisol Macias, giornalista trentanovenne del quotidiano messicano Primera Hora, è stato ritrovato a pochi chilometri dalla frontiera tra Stati Uniti e Messico. Penzolava da un ponte, appeso a una corda. La testa della donna era su una pietra. Di fianco c’era un cartello: “Sono qui per i miei articoli” recitava la macabra rivendicazione firmata “ZZZ”. La sigla corrisponde a Los Zetas, uno dei gruppi di narcotrafficanti più potenti e spietati del Paese sudamericano. Ma gli articoli per i quali la giornalista ha pagato con la vita non erano stati pubblicati sul quotidiano Primera Hora, bensì sul forum web Nuevo Laredo En Vivo. Nei suoi interventi la donna denunciava online le attività criminali degli Zetas, utilizzando il nickname Castenada. Questo accorgimento non le è però bastato per sottrarsi alla feroce vendetta dei narcotrafficanti. E celarsi dietro a degli pseudonimi non è stato sufficiente neppure a salvare le vite di due blogger di circa vent’anni che denunciavano in Rete la violenta dittatura dei cartelli della droga. I due blogger hanno subito una sorte molto simile a quella di Marisol: i loro cadaveri sono stati infatti ritrovati appesi a un ponte. Anche in questo caso, accanto a ciò che restava di loro c’era un cartello con la firma degli Zetas.

Denunciare le attività dei cartelli della droga in Messico significa quasi sempre morire in modo raccapricciante. Ma può risultare fatale anche solamente trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. I narcos messicani negli ultimi 5 anni hanno ucciso più di 35.000 loro connazionali. Lo scorso agosto, in un’unica strage hanno perso la vita 50 persone, quando i killer dei cartelli hanno dato fuoco a un Casinò imprigionando all’interno del locale tutti coloro che vi si trovavano. Tra le vittime dei narcos degli ultimi anni figurano molti giornalisti: della carta stampata, della Radio e della TV. Per questo, coloro che sono impegnati a combattere il narcotraffico si sono spostati su forum, blog, social network e su YouTube. La Rete garantisce un maggiore anonimato. Ma i narcos hanno compreso il potenziale pericolo che può rappresentare per loro la comunicazione e la diffusione delle notizie online e hanno cominciato a monitorare i thread dei forum, i post e i commenti sui blog e i profili sociali. Il loro scopo è quello di infiltrarsi tra gli attivisti digitali per identificarli e quindi eliminarli fisicamente.

Il numero di siti messicani che parlano dei cartelli della droga è cresciuto in modo esponenziale. Anche in termini di impression. Il più grande di questi, intitolato El Blog del Narco, secondo i dati di Alexa è al cinquantanovesimo posto tra i siti più visitati in Messico ed è tra i 4.000 siti più visitati al mondo. I cittadini, non solo utilizzano la Rete per diffondere notizie e indicare zone da evitare, ma anche per organizzarsi. Dopo la strage del Casinò, hashtag Twitter come #CasinoRoyale, #FuerzaMonterrey, e #SiNoPuedeRenuncien sono stati utilizzati per esprimere dissenso e condanna. Anche quella parte della polizia che non è corrotta ha cominciato a utilizzare Internet per combattere i narcotrafficanti, con una piattaforma di denuncia anonima e con una serie di video anti-narcos diffusi su YouTube.

La grande mole di informazione digitale relativa al narcotraffico stenta però a uscire dai confini messicani, poiché è raccolta scarsamente dai media internazionali online, salvo rare eccezioni. Un recente studio effettuato da Microsoft ha messo in evidenza come per esempio Al Jazeera e The Guardian diano maggiore evidenza a notizie legate ai narcos rispetto ai più importanti siti di notizie americani come nytimes.com, cnn.com, foxnews.com e washingtonpost.com, nonostante gli USA siano tra i principali destinatari della droga messicana e che i fatti avvengano a pochi chilometri dalle loro frontiere. Fanno eccezione unicamente latimes.com e huffingtonpost.com. Questo isolamento non aiuta di certo gli attivisti, che non possono contare sull’appoggio delle istituzioni messicane, in larga parte corrotte, né sull’amplificazione delle loro denunce al di fuori del Messico. Il ruolo che la Rete sta giocando in questa sanguinosa guerra è ormai però sempre più fondamentale: sia per i narcos, sia per coloro che li combattono e soprattutto per i cittadini messicani, per i quali la diffusione di una corretta informazione può fare la differenza tra la vita e la morte.

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