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Lombardia: Ambrosoli non commemora Andreotti che del padre disse: "Se l’andava cercando"

Umberto Ambrosoli, ex candidato alla Regione Lombardia e coordinatore dei gruppi di centrosinistra al Pirellone, non ha resistito e durante la commemorazione per Andreotti fatta in Regione Lombardia ha preferito abbandonare l'aula, non dimenticando quelle che furono le parole dell'ex Senatore a vita riguardo suo padre, Giorgio: "Non è il caso di fare polemica, ma è il caso che chi fa parte delle istituzioni faccia i conti con la sua coscienza" - ha detto Ambrosoli per motivare la sua scelta - "È comprensibile che uomini delle istituzioni commemorino un uomo delle istituzioni, ma le istituzioni sono fatte di persone ed è legittimo che ognuno faccia i conti con il significato delle storie personali".

E quali sono queste storie personali? Giorgio Ambrosoli fu ucciso l'11 luglio del '79, in seguito alle sue indagini, come commissario liquidatore, sul crack della Banca Privata Italiana in cui era coinvolto Michele Sindona. Indagini sensibili che non piacquero a Sindona e a quella che si scoprirà essere la P2 di Gelli. Oggetto di pressioni, tentativi di corruzione e minacce Ambrosoli non cedette mai a questi ricatti, andando fino in fondo nelle sue accuse a Sindona e pagando con la vita, quando un sicario, William Joseph Aricò, lo uccise sotto casa con 4 colpi di pistola.

Questa è la lettera che mando alla moglie qualche anno prima di essere ucciso (via Wikipedia):

"Anna carissima,

è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto. E' indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell'Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi (...) Giorgio"

E Andreotti che c'entra? Beh, fu durante un suo processo che si arrivò a riconoscere in Giacomo Vitale il complice - nonché autore delle continue telefonate anonime ad Ambrosoli - del sicario. E fu lo stesso Andreotti nell'intervista che vi riproponiamo a dire che in fondo Ambrosoli "era una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando", per poi precisare successivamente: "Intendevo fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto con il difficile incarico assunto.

Una precisazione che non ha convinto il figlio Umberto.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.170) 7 maggio 2013 20:10

    Memento >

    Ambrosoli è rimasto vittima della sua onestà e del suo zelo professionale.

    La lettera inviata alla moglie (febbraio 75) dimostra, senza alcun dubbio, che era del tutto consapevole del tipo di pericolo a cui si era esposto nell’accettare la nomina (5 mesi prima) di Commissario Fallimentare della B.P.I di M.Sindona.
    Si legge, tra l’altro, l’invito rivolto alla moglie a fare “qualunque cosa succeda” quello che “sapeva di dover fare” per allevare i figli. Mentre Le diceva che “sarà una vita dura” era convinto che lei avrebbe fatto il suo dovere “costi quel che costi”.
    Continuò quindi per altri 4 anni a svolgere il compito.

    La sera prima di sottoscrivere un atto formale per il Tribunale (luglio 79), rientrando a casa, fu assassinato da un killer appostato all’ingresso. Mandante risultò essere quel Sindona che, condannato all’ergastolo (marzo 86), morirà avvelenato dal caffè bevuto in carcere 2 giorni dopo l’arresto. Lo stesso che non era stato “estraneo” alla fine del banchiere Calvi trovato impiccato (giugno 82) sotto un ponte di Londra.

    Da precisare.
    Ambrosoli avrebbe potuto, in qualsiasi momento, rinunciare all’incarico. Se non l’ha mai fatto è stato per una sua precisa scelta “personale”.
    Non va perciò assimilato a quei “servitori” dello Stato che mettono a rischio la propria incolumità nell’assolvere i loro normali doveri.
    Ancora.
    L’espressione a cui è ricorso Andreotti è tanto di largo uso quanto “inopportuna” se riferita ad una vita soppressa.
    Non si può negare che Ambrosoli fosse più che consapevole delle prevedibili “nefaste” conseguenze a cui si esponeva.
    Come non può essere attribuito ad Andreotti un giudizio “riduttivo”, né tanto meno “offensivo”, della dedizione e dello zelo di Ambrosoli.
    Tacitare lo spirito critico è rischiare di essere Travolti dalle Informazioni

    • Di (---.---.---.16) 9 maggio 2013 11:41

      Vorrei che spiegassi meglio questo pensiero.
      (Non va perciò assimilato a quei “servitori” dello Stato che mettono a rischio la propria incolumità nell’assolvere i loro normali doveri.)
      Lascia 2 modi per interpretare la frase.Ritengo che Ambrosoli fosse una GRANDE persona,con principi veri,e abbia fatto il proprio dovere fino in fondo.Cosa che si e’ persa vedi l’attuale politica.
      Mi sembra che sia piu’ d’uno si siano portati dall’altra parte qualche segreto.

    • Di (---.---.---.218) 12 maggio 2013 20:09

      Basta leggere la frase sovrastante
      Ambrosoli avrebbe potuto, in qualsiasi momento, rinunciare all’incarico. Se non l’ha mai fatto è stato per una sua precisa scelta “personale”.
      L’elenco dei "servitori" dello Stato è lungo: carabinieri, poliziotti, truppe all’estero, magistrati, ecc ...

  • Di GeriSteve (---.---.---.245) 8 maggio 2013 11:24

    Una precisazione che dimostra che "l’intelligente" Andreotti stava perdendo colpi.
    Di fatto, ad Andreotti è sfuggita una confessione.

    Dietro a Sindona ci stavano la mafia e il vaticano, due dei tre referenti di Andreotti, come ho ricordato qui:

    http://www.agoravox.it/Andreotti-il...;

    per cui non mi ripeto.
    GeriSteve

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