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Le varianti genetiche dell’antisocialità

di Eleonora Degano

Le esperienze che facciamo nella vita influiscono sul modo in cui le varianti genetiche si riflettono a livello cerebrale, ovvero sul nostro comportamento. “Abbiamo fatto uno studio per capire se determinati comportamenti negativi in giovane età fossero associati a delle interazioni tra tre varianti genetiche piuttosto comuni e delle esperienze positive e negative”, spiega Sheilagh Hodgins dell’Università di Montreal. “I geni agiscono sul cervello, dunque sul comportamento, alterando la sensibilità all’ambiente circostante”.

Un questionario anonimo riguardo a episodi di delinquenza, conflitti familiari, abusi sessuali e qualità del rapporto con i propri genitori: è su questi argomenti che si sono cimentati 1.337 studenti di Vastmanland, in Svezia, partecipando allo studio che è stato poi pubblicato sull’International Journal of Neuropsychopharmacology.

Il gene della monoammino ossidasi A (MAOA) svolge un ruolo chiave nel catabolismo dei neurotrasmettitori e delle monoammine, specialmente della serotonina. “Circa il 25% degli uomini caucasici ha la variante di MAOA meno attiva. Tra questi, coloro che hanno avuto esperienze di abusi fisici durante l’infanzia hanno più probabilità di essere inclini a seri comportamenti antisociali dalla giovane età fino a quando diventano adulti”, spiega Hodgins. “Tra le donne è invece la variante più attiva del gene MAOA a rendere più probabile questo tipo di comportamento per chi ha subito abusi”.

Il gene del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) modula la plasticità neuronale, ovvero la capacità delle nostre cellule di riorganizzare percorsi e connessioni nel corso della vita. “Circa il 30% delle persone ha le varianti meno attive del gene, e alcuni studi precedenti hanno mostrato che sono associate a comportamenti aggressivi nelle persone che vi sono esposte. Il terzo gene che abbiamo studiato è 5-HTTLPR, coinvolto nel trasporto della serotonina”, spiega Hodgins. La variante meno attiva del gene è caratteristica di circa il 20% delle persone, e anch’essa legata a comportamenti antisociali nei portatori che subiscono aggressività o esperienze negative durante l’infanzia.

“Abbiamo scoperto che queste tre varianti genetiche interagiscono tra loro e con le situazioni di conflitto familiare e abuso sessuale, aumentando l’incidenza di comportamenti delinquenti specialmente nei casi in cui non vi sia un buon rapporto genitori-figlio/a”, spiega Hodgins, sottolineando l’importanza dell’ambiente in cui crescono gli individui, che sortisce un effetto non trascurabile.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia
Crediti immagine: Micah Baldwin, Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Osvaldo Duilio Rossi (---.---.---.12) 19 dicembre 2014 11:52
    Osvaldo Duilio Rossi

    L’ambiente culturale influisce quindi sulla struttura biochimica dell’individuo.

    Mi chiedo se la consapevolezza del legame tra comportamenti sociali, individuali e genetica basti a stimolare nelle persone un atteggiamento prosociale.

    Informare (con articoli come questo) è la base su cui formare le persone affinché adottino comportamenti capaci di migliorare la società.

    Purtroppo, è vero anche il contrario...

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