La scialuppa di salvataggio europea

La vera scialuppa di salvataggio dell’Europa – con Italia e Spagna ultime vittime illustri - non sono gli Stati Uniti né la Cina, ma la Germania. La canceliera Angela Merkel è riuscita, nell’arco di soli 20 anni dalla riunificazione tedesca, a far diventare la Germania la sola ed unica nazione europea ad avere un incremento economico pari solo ai colossi asiatici: 3,6 per cento di crescita annua e un 7 per cento di disoccupazione stabile che la collocano nel gradino più alto del Vecchio Continente e sul podio del mondo.
Con i problemi di bilancio degli Usa e di inflazione della Cina, la corazzata germanica appare l’unica in grado di farsi carico dei problemi dell’Eurozona e decidere come e quando sfruttare la propria forza politica-economica per evitare una crisi mondiale.
Per il popolo germanico è un’opportunità, naturalmente. Il vantaggio che la Merkel sta guadagnando da questa crisi è per lo più di politica estera: infatti, a bene vedere, la canceliera ha perso malamente le ultime elezioni regionali e più di qualche voce la vorrebbe fuori dai giochi prima del 2013. Ma la competenza economica non s’addice alla seconda lady di ferro europea: i suoi nemici politici si ricordano ancora perfettamente quando durante la campagna del 2005 confuse il guadagno lordo con quello netto per ben due volte nello stesso dibattito televisivo.
La Merkel è però l’anima di questo vantaggio tedesco. Nei primi mesi di quest’anno la Deutsche Bank ha praticamente boicottato i titoli di Stato italiani portando l’esposizione da 8 a 1 miliardo di euro; la Germania, però, dovrà necessariamente finanziare i debiti della Bce portando nelle casse della banca centrale europea ben 212 miliardi di euro entro il 2011. Non è roba da poco, nemmeno per la nazione più ricca e consolidata d’Europa. Ma quei soldi la Germania li riavrà indietro con gli interessi.
Oggi, dopo il sostegno della Bce ed il placet di Germania e Francia, il governo italiano torna sotto per fronteggiare la crisi e non è da escludere una nuova manovra finanziaria. Le promesse fatte all’Europa si possono attuare con una riforma del Welfare assistenziale, mettendo mano alle pensioni di anzianità e puntando un’altra volta su liberalizzazioni, privatizzazioni e aumentando l’Iva su beni di lusso. Intanto, nell’attesa, per giovedì c’è in programma la presentazione dei nuovi provvedimenti del Ministro dell’economia Tremonti alle commissioni di Camera e Senato.
Ma tutto questo ha un costo, e sarà altissimo. Gli interessi che l’Italia pagherà a fronte dell’acquisto di titoli da parte della Bce è qualcosa che noi italiani dovremmo tener conto per il futuro. La Germania non ci regala nulla, e la Comunità Europea non ci sta facendo un favore a fondo perduto: entrambi ci stanno tirando fuori dai pasticci con delle clausole vessatorie che ci ricorderemo per un pezzo. La capacità tutta italiana di tirarci fuori dai guai solo quando siamo impelagati fino al collo, è qualcosa che non riuscirò mai a capire.
L’incapacità di una classe dirigente che negli ultimi vent’anni è sembrata non solo ferma, ma addirittura morta nel perseguire una politica economica adeguata alle nostre aspettative, è un dato che ci porteremo dietro fin quando non avremo la forza caratteriale di addossarci l’onere di una nazione – fulgida e generosa – che deve crescere solo con le nostre energie. Dobbiamo costruire una giusta politica industriale che permetta alle nostre aziende, famose in tutto il mondo per il made in Italy, di potersi sviluppare e crescere ponendo al primo posto la tutela del benessere comune senza gravare sullo Stato e quindi sulla gente. Necessitiamo di fondi comuni per il bene pubblico da cui attingere per crescere economicamente, politicamente e singolarmente. E dobbiamo mettere al primo posto l’ambiente perché solo curando il mondo in cui viviamo riusciremo a capire i passi successivi ancora da fare.
La politica degli incentivi è inutile senza un’adeguata politica dei disincentivi: non ha senso regalare soldi per comprare una vettura nuova quando gli stessi incentivi toccano le auto di grossa cilindrata in un mercato dell’auto sotto scacco dai Suv; non ha senso incentivare il fotovoltaico privato e poi creare una politica energetica basata ancora sul petrolio o ancor peggio sul nucleare; non ha senso incentivare il mercato del lavoro integrando la CIG a chiunque e poi non far nulla per i dipendenti licenziati; come non ha senso, nello stesso mercato del lavoro, non obbligare le aziende a formare i dipendenti a fronte di sgravi fiscali per quelle che assumono giovani integrandoli nella propria catena produttiva.
Ma non riusciremo mai a crescere se la classe politica attuale non si farà da parte per il bene stesso del paese.
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