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La sanità italiana e quel gap persistente tra Centronord e Mezzogiorno

Report Demoskopika: la Regione col sistema sanitario più soddisfacente è il Trentino-Alto Adige. Calabria fanalino di coda.

di Simone Fausti

È nelle Regioni del centro-nord che ci si contende il titolo di sistema sanitario più “sano” del Paese. È questo il verdetto del report dell’Istituto Demoskopika che cerca di misurare il livello di efficienza e competitività dell’offerta sanitaria nelle Regioni italiane. In particolare è il Trentino-Alto Adige a conquistare la vetta della classifica, seguito dall’Emilia-Romagna e dal Veneto. Le ultime posizioni sono occupate unicamente dalle Regioni meridionali, con Sicilia, Campania e Calabria a chiudere la classifica.

Lo studio di Demoskopika si fonda sull’IPS, l’Indice di Performance Sanitaria, che considera otto indicatoriin base ai quali le venti regioni d’Italia vengono raggruppate in tre cluster a seconda del punteggio ottenuto:

  • Regioni “sane”, di cui fanno parte Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Veneto, Umbria, Marche, Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte.
  • Regioni “influenzate”, in cui sono comprese Valle D’Aosta, Molise, Lazio, Liguria, Basilicata e Puglia
  • Regioni “malate”, cioè quelle caratterizzate da inefficienza sanitaria come Abruzzo, Sardegna, Sicilia, Campania, Calabria.

Da questa prima suddivisione emerge una chiara disparità tra l’offerta sanitaria erogata nel Nord del Paese e quella erogata al Sud. Se si considerano i singoli indicatori, la situazione non cambia: vediamoli uno per uno.

 

Soddisfazione per i servizi erogati

A livello nazionale, meno di un terzo degli italiani (31,7%) si dichiara soddisfatto dei servizi sanitari legati al ricovero come l’assistenza medica, quella infermieristica, il vitto e i servizi igienici. Il Trentino-Alto Adige risulta essere la Regione con la migliore performance, con ben il 53,2% degli intervistati che si ritiene mediamente soddisfatto dei vari aspetti del ricovero (unica regione con un valore superiore al 50%). Seguono Valle D’Aosta (46,9%) e Friuli-Venezia Giulia (46,8%). Quarto posto per il Molise (45,4%) prima regione non settentrionale. Le ultime cinque posizioni (tutte Regioni del Sud) hanno un livello di soddisfazione molto basso, inferiore al 20%.

Disagio economico

In tutta Italia, nel solo 2017, quasi 1,6 milioni di famiglie si sono ritrovate a non avere abbastanza denaro per affrontare le spese sanitarie necessarie. Una realtà che tocca tutto il Paese, ma in particolar modo il Mezzogiorno. È la Calabria la Regione più colpita, con circa 120 mila nuclei familiari che denunciano questa condizione (pari al 14,9% del totale regionale), seguita dalla Sicilia con 283 mila famiglie (14,2%) e la Campania con 223 mila famiglie (10,3%). Una percentuale che si riduce a circa il 2% per l’Emilia Romagna (39 mila nuclei famigliari), la Liguria (16 mila) e il Trentino-Alto Adige (9 mila).

La mobilità sanitaria (attiva e passiva)

Il problema tuttavia riguarda non solo il disagio economico di alcune famiglie, ma anche l’offerta sanitaria locale. Sul versante della mobilità sanitaria[1], infatti, il divario tra Nord e Sud si amplifica, con la Lombardia che dimostra di avere il sistema più virtuoso ed attrattivo e la Calabria che invece ospita quello verso cui c’è maggiore diffidenza. La mobilità sanitaria è conseguenza del fatto che ogni cittadino italiano può esercitare il diritto di essere assistito presso strutture sanitarie diverse da quelle presenti nella Regione di residenza.

In termini di mobilità passiva, espressa tramite l’indice di fuga da una Regione (ossia il rapporto tra i ricoveri fuori Regione dei residenti sul totale dei ricoveri) i cittadini meridionali dimostrano la loro diffidenza a curarsi nelle strutture sanitarie locali. Il Sud infatti ha un indice di fuga pari al 10,7% contro l’8,8% del Centro e il 6,8% del Nord. Il Molise ha l’indice di mobilità passiva più elevato, un incredibile 28,1%. I cittadini lombardi invece si dimostrano i più fedeli al loro sistema sanitario con un indice di fuga che si ferma al 4,7%.

Il punteggio più alto in termini di mobilità attiva, che esprime invece l’indice di attrazione di una Regione (misurato tramite le prestazioni sanitarie erogate a cittadini non residenti), appartiene al Molise dove il 28,7% dei ricoverati è un cittadino proveniente da altre Regioni. Tuttavia, se si considerano i valori assoluti, sono le regioni del centro-nord ad attrarre il numero maggiore di pazienti non residenti con la Lombardia in testa (165 mila ricoveri extra-regionali) e a seguire Emilia-Romagna (108 mila), Lazio (79 mila), Toscana (66 mila) e Veneto (60 mila).

I valori relativi alla mobilità sanitaria sono indicatori fondamentali per i sistemi sanitari regionali, dal momento che la mobilità attiva rappresenta una voce di credito per la Regione e quella passiva una voce di debito. Per legge, infatti, ogni anno la Regione che eroga una prestazione sanitaria viene rimborsata dalla Regione di residenza del cittadino ricoverato[2].

Dunque, più una Regione è “virtuosa”, più aumenta l’attrattività per i cittadini extra-regionali che, decidendo di farsi ricoverare in quella Regione, generano un flusso di rimborsi da parte della propria Regione di appartenenza. La Lombardia quindi, in qualità di sistema più virtuoso (con 165 mila ricoveri extra-regionali) ha totalizzato un credito netto pari a 692 milioni di euro. La Calabria invece, con poco meno di 55 mila ricoveri fuori Regione, ha maturato un debito superiore ai 274 milioni di euro. Nel complesso dunque, la migrazione sanitaria dalle Regioni del Sud Italia è quantificata in 319 mila ricoveri nel solo 2017, con un conseguente guadagno per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna pari a oltre un miliardo di euro.

Spese legali

Anche sul versante delle spese legali per contenzioso il Sud si dimostra più “litigioso” e il Centro-Nord più “pacifico”. Nel 2018 infatti, a livello nazionale, le spese legali per liti, contenziosi e indennizzi per sentenze sfavorevoli riguardanti il comparto sanitario superano i 190 milioni di euro. Di questi, ben il 63% riguarda strutture sanitarie meridionali (120 milioni), seguite dal Centro (22,4% pari a 42,6 milioni) e dal Nord (14,8% pari a 28,2 milioni).

La Calabria è la regione che ha generato più contenziosi sul versante sanitario con un esborso totale di 19,5 milioni di euro, pari a una spesa pro-capite di circa 10 euro. Per avere un’idea del divario Nord-Sud, in Piemonte, Liguria e Lombardia la stessa voce di spesa è inferiore a un euro pro-capite.

Efficienza

Nonostante nel 2017 il risultato d’esercizio complessivo fosse in rosso di 612 milioni di euro (in miglioramento rispetto al miliardo di euro di disavanzo dell’anno precedente), sono 12 su 20 i sistemi sanitari regionali capaci di ottimizzare le risorse finanziarie e garantire efficienza. In questo caso è la Basilicata a rappresentare un esempio virtuoso, con un avanzo di 25,8 milioni di euro pari a 45,2 euro pro capite. Le altre 8 Regioni hanno invece i conti in rosso: l’ultima posizione è occupata dalla Sardegna con un disavanzo pari a 295,9 milioni di euro (179 euro pro capite).

Democrazia sanitaria

Con questa locuzione ci si riferisce alle spese relative al management delle aziende sanitarie, che nel 2018 sono ammontate complessivamente a 356 milioni di euro. A livello locale le varie regioni possono emettere mandati di pagamento per indennità, rimborsi, ritenute erariali e contributi previdenziali per gli organi istituzionali. In questo settore, le Regioni più parsimoniose in termini di gestione delle risorse finanziare per il management sanitario sono le Marche, con 1,7 euro di spesa pro-capite (2,6 milioni di euro), seguite dalla Toscana con 1,8 euro pro capite (6,7 milioni) e dal Molise con 1,9 euro pro capite (600mila euro). Chiudono la graduatoria la Lombardia con 10,3 euro pro capite (pari a 103 milioni di euro) e la Campania con 12,1 euro pro capite (70 milioni di euro).

Speranza di vita

La speranza di vita più alta in Italia viene registrata in Trentino-Alto Adige ed è pari a ben 83,8 anni. Seguono il Veneto (83,4 anni) e poi Lombardia, Toscana, Umbria e Marche a pari merito con 83,3 anni. Ultima posizione per la Campania con 81,1 anni. La speranza di vita, misurata come numero medio di anni che una persona può aspettarsi di vivere al momento della nascita, è un prezioso indicatore dell’efficienza di un sistema sanitario regionale: è infatti una conseguenza del miglioramento della salute dei cittadini prodotto dai servizi sanitari locali.

In conclusione, il report di Demoskopika si fonda su indicatori che, pur non essendo esaustivi, sono utili per misurare le performance dei sistemi sanitari regionali in termini di efficienza e soddisfazione complessiva dei servizi forniti. Il quadro che si compone racconta un’Italia con forti differenze inter-regionali e un ampio divario tra il Centro-Nord e il Sud. Questa persistente disparità nell’offerta regionale alimenta una migrazione sanitaria che, secondo il report della Fondazione GIMBE, «ostacola il diritto alla libertà di scelta del luogo in cui curarsi, ragione per cui il Mezzogiorno necessità urgentemente di una «terapia shock» sul versante delle cure sanitarie.

 

 


[1] Gli ultimi dati disponibili sulla mobilità sanitaria risalgono al 2017.

[2] http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2014526.pdf

Questo articolo è stato pubblicato qui

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