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La malattia del Moderatismo

"Dovremmo brevettare le parole"; così diceva Grillo qualche anno fa in uno dei suoi spettacoli. Ed aveva ben ragione. La comunicazione, la pubblicità, la politica, stravolgono da tempo il significato semantico delle parole. Ciò che si dice, non è ciò che si pensa ed ancor meno ciò che si fa. Lo stravolgimento dei significati è subdolo ed usa frasi semanticamente corrette ma prive di logica e di coerenza: di fatto, nè l’una, nè l’altra, appartengono da tempo alla classe politica.

Nell’elenco delle parole che hanno perso il loro significato orginale ed il contenuto, vi è ceramente il termine "moderato". Tutti si dicono moderati, si appellano alla moderazione, vantano attività da moderato. Un vero e proprio filone di "moderatismo" in cui è possibile trovare tutti e di tutto.

Non faccio nomi, l’elenco sarebbe lungo e certo incompleto, dei politici che si appellano al moderastismo e si classificano come tali. Ma quando un termine diventa buono per tutte le stagioni, le posizioni, gli schieramenti, c’è qualcosa che non quadra più.

Difatti, tra costoro si annoverano i migliori acrobati di transumanza politica, i più pignoli cerchiobottisti del giornalismo, i più precisi cagadubbi dell’intellettualismo nostrano. Tutti possiedono la stessa caratteristica: un’avversità feroce contro chi si schiera, contro chi sceglie con chiarezza e determinazione una posizione, un disprezzo malcelato verso chi osa mettere in discussione il loro moderato pensiero.

Il moderatismo è la miglior giustificazione per stare nella "terra di mezzo", adducendo la scusa che gli altri - quelli schierati - sono sempre troppo fanatici, integralisti, dedidi o propensi alla violenza.

Dalla "terra di mezzo" si intravedono le "terze vie" che non esistono, ma non nella mente del moderato, sempre pronto ad imboccarle se riconosce qualcosa di appetitoso per sè.

In queste ore il teatro della politica ci offre lo spettacolo migliore sul senso deviato ed ipocrita della figura del "moderato". La caccia al moderato altro non è che l’offerta, al miglior prezzo possibile, del miglior candidato corrompibile e disposto a vendersi: moderatamente però!

Gli anni del fanatismo ideologico, del terrorismo, del giacobinismo francese, sono gli argomenti preferiti da tirare in ballo quando parla un moderato. La favola dei "cattivi maestri", dei violenti e dei "poveretti in buona fede" che seguono le orme dei loro insegnamenti.

Nella realtà sono proprio i moderatismi, le scelte mancate o quelle esercitate per opportunismo personale, o di gruppo o di partito, quelle che generano violenza. Perchè la violenza ha come concime l’ipocrisia e la menzogna di chi esercita ruoli di responsabilità contro l’interesse della democrazia e del paese.

Nulla da spartire con quel "Elogio della Mitezza" di cui ci parlava Norberto Bobbio in suo saggio.

La mitezza come la più "impopolare delle virtù" che non è indice di passività ma "... è una diposizione d’animo che rifulge solo alla presenza dell’altro: il mite è l’uomo di cui l’altro ha bisogno per vincere il male dentro di sè".

Un altra storia questa, un’altra filosofia... un altro mondo di idee che vogliono farci dimenticare per ridurci alla passività del moderato o all’irrequietezza del ribelle, per poterci meglio additare.
 

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