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Finanziamento ai partiti: pasticcio in salsa italiana

E' giusto o no finanziare la politica? La questione è un po' confusa e l'attacco ai partiti pare più frutto di una ritorsione nei confronti della politica che di una seria riflessione.

La sofferenza di pecunia e i sacrifici imposti dall'alto hanno ridestato l'attenzione del "popolo" verso i costi della politica; ci si accorge solo ora che la politica nostrana costa uno sproposito rispetto alla media di altri paesi europei e ci si ricorda del referendum sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Referendum promosso dai Radicali, vinto con ampio margine e gabbato nei corridoi della partitocrazia trasformando il finanziamento in un rimborso che oramai anche le pietre hanno capito essere finto in quanto viene erogato a fronte di nessun giustificativo di spesa e i partiti incassano ben oltre ciò che spendono.

Sarebbe però utile che la riflessione non fosse frutto di una malcelata vendetta nei confronti della politica ma affrontasse la questione con un po' di maturità mettendo in evidenza sia le responsabilità dei politici, sia quelle dei cittadini/sudditi che hanno accettato per anni lo stato delle cose e che credono la politica sia, o debba essere, finanziariamente sostenuta dai marziani.
 
Lo spirito del referendum aveva proprio l'obiettivo di mettere cittadini e politici di fronte alle proprie responsabilità. I primi non avrebbero più dovuto essere soggetti di tassazioni occulte, ma consapevoli e coscienti finanziatori di gruppi politici scelti liberamente. I secondi avrebbero dovuto diventare responsabili amministratori del denaro loro concesso, fornendo bilanci documentati e creando gestioni trasparenti e democratiche.
 
I detrattori del referendum (i politici in genere) sostenevano che il finanziamento non andava abolito perché altrimenti sarebbe aumentata la corruzione in quanto i partiti avrebbero avuto comunque bisogno di soldi per funzionare.
 
La storia è andata ben diversamente, lo sappiamo, la corruzione è dilagata ugualmente e i cittadini sono cornuti e mazziati. Tralasciamo le storielle dei rapporti tra improbabili tesorieri e distratti leader e lasciamole alle cronache giudiziarie, ambito nel quale meritano di essere valutate.
 
Mi soffermerei invece sul riflettere la questione davvero irrisolta: è giusto o no che la politica venga finanziata dai cittadini?
 
Se diciamo di sì dobbiamo affrontare il problema di come deve essere erogato questo finanziamento, in che termini e di quale riscontro i partiti devono fornire ai cittadini che offrono il denaro. Ci sono problemi di quantità del finanziamento, di tipologia (per esempio potrebbe non essere tutto in denaro bensì in agevolazioni per contenere le spese di campagna elettorale), e di scelta (ogni cittadino dovrebbe poter scegliere direttamente ed autonomamente il partito che vuole finanziare).
 
Obiettivo di un finanziamento pubblico è anche quello di consentire a nuove e giovani formazioni di farsi strada ed avere l'opportunità di confrontarsi ad armi pari con gli altri contendenti. 
 
In proposito mi faccio subito qualche nemico: la tanto sbandierata eccellenza del M5S che si autoincensa perché non usufruisce dei rimborsi elettorali e li rifiuta è velata da una piccola ipocrisia. Bisogna riconoscere la capacità del M5S di agire davvero con risorse limitate sul territorio e con azione di ottimo volontariato ma si pecca un po' di presunzione non valutando l'impatto, e il valore finanziario, di un supporter quale è Beppe Grillo. Ovvero: se non ci fosse Beppe Grillo che ha lanciato e promuove con la sua popolarità il M5S (e meno male per carità) qualcuno si domanda come avrebbe fatto e quanto denaro ci sarebbe voluto al movimento per farsi conoscere?
 
La questione non è quindi quanto sono bravi (e lo sono in fondo) i 5 stelle a rinunciare al rimborso elettorale avendo alle spalle Grillo ma come può essere possibile per chiunque avere la possibilità di dotarsi, o di avere a disposizione, strumenti per creare un partito e farsi conoscere dai cittadini, facendo in modo che siano essi a decretare il successo o l'inutilità della formazione politica.
 
Questo è il problema centrale che ingloba il problema della informazione pubblica, delle tribune politiche, degli spazi a disposizione dei partiti, di internet, etc etc.
 
Ricordo negli anni di aver visto, fino a quando non ho più resistito, tribune elettorali sempre più chiuse e pilotate dove le formazioni politiche minori venivano confinate dalla mezzanotte alle due di notte. Qualche anno fa la Lista Emma Bonino sparì completamente dall'informazione televisiva in occasione di una tornata elettorale e i Radicali vinsero una causa contro la Rai (e credo anche Mediaset); ma a quel punto il danno era già fatto. 
 
Se rispondiamo di no alla domanda da cui siamo partiti, allora dobbiamo essere consapevoli che la politica continuerà a farla chi se lo può permettere e per gli altri... ciccia!
 
E qui c'è tutta l'ipocrisia del cittadino/suddito che vuole avere la botte piena, la moglie ubriaca e l'uva attaccata alle vigne.
 
Uso un ricordo della campagna elettorale per le Province che ho vissuto direttamente partecipando alla lista civica che faceva riferimento a Grillo ed al suo movimento. La campagna elettorale è stata realizzata con un spesa complessiva di 2500 euro. Tutti soldi autofinanziati (e alcuni attivisti hanno davvero messo molto), campagna elettorale condotta senza il sostegno di Grillo, comunque con il marchio 5 stelle. Grande sostegno dei "cittadini" per la strada e buon risultato elettorale, mi pare più di 6000 voti. Risultato finale finanziario dei contributi raccolti dai cittadini-sostenitori: 250 euro.
 
Ecco, se ciascuno di quei 6000 votanti avesse avuto la compiacenza di offrire 1 euro, la lista avrebbe avuto alla fine, in cassa, 6000 euro; nessuno si sarebbe sognato di recuperare i soldi volontariamente offerti ma la lista avrebbe avuto una base da cui partire per nuove iniziative. 
 
Quindi se si parla di abolire il finanziamento e si vuole che la democrazia viva davvero e ci siano opportunità per il cambiamento, occorre mettere mano anche al portafoglio e non limitarsi a lodare chi lavora gratuitamente ma che comunque deve affrontare delle spese pratiche per fare attività politica.
 
Resta aperta la questione più ampia della condizione di bulimia dei partiti e dello Stato Italiano: qualunque finanziamento, come qualunque recupero sull'evasione fiscale, non ha riscontro pratico se poi i soldi erogati, o recuperati, continuano ad essere spesi senza responsabilità politica e giuridica.

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