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Tu chiamale se vuoi... evasioni

Evasione Fiscale: la falsa contrapposizione dipendenti - autonomi.

L’evasione fiscale in Italia è il ritornello buono per tutte le stagioni, quasi come quello sugli “speculatori”, da tirare in ballo quando non si sa più a chi dare la colpa per come vanno male le cose. Ora si aggiunge Napolitano, che a retorica non ci fa mancare nulla, salvo firmare ogni tipo di porcata promossa dal governo.

Come troppo sovente accade, il problema è reale, le analisi superficiali e di comodo, le soluzioni assenti ma le denunce a parole si sprecano. Avendo lavorato molti anni come dipendente, posseduto, malauguratamente, una partita iva e gestito un paio di attività commerciali, qualche idea su come funzionano certe cose nel nostro paese me la sono fatta… fuori dalla retorica politica.

Puntualmente, quando si tratta l’argomento, si scatenano le opposte fazioni: dipendenti contro partite iva, ovvero, nella interpretazione corrente, quelli che pagano tutto e quelli che evadono tutto. Il giochetto è utile ai fini politici dei vari politicanti che possono schierarsi dove meglio conviene e promuoversi paladini ora dei vessati ora dei dissanguati.

Proviamo a fare un po’ di ordine. In primo luogo, diciamoci chiaramente una cosa: quante sono le persone che, avendo la passibilità di incassare 100 euro in nero, qualsiasi sia la loro attività o posizione fiscale, oggi come oggi si farebbero scrupoli nel non dichiararle? Non vedo mani alzate… e qui tocchiamo il primo punto della questione: le tasse sono un contratto tra i cittadini e lo Stato che è delegato ad amministrare il denaro pubblico. Questo contratto deve essere equo e chi amministra deve essere credibile ed affidabile. Viceversa il cittadino si sentirà sempre meno in “colpa” per aver omesso una dichiarazione di reddito, qualunque sia l’importo e la sua origine.

Uno Stato che butta nel cesso ogni anno 60 miliardi di euro dei contribuenti in corruzione, malaffare, cattiva gestione (fonte Corte dei Conti), non mi sembra abbia i titoli per pretendere alcunché dai propri cittadini. Con buona pace della moralità a buon mercato del Capo dello Stato.

Sulla questione “spreco” c’è anche di più da dire: se anche, in una fortunata ipotesi, all’improvviso, lo Stato fosse in grado di recuperare in contanti tutti i soldi evasi, senza una ristrutturazione culturale e materiale del modo di gestire questi soldi saremmo in brevissimo tempo punto e a capo: non serve buttare più acqua per riempire il catino se questo è forato come uno scolapasta.

Possiamo dire che, per un certo verso, siamo un po’ tutti evasori, almeno potenzialmente, ma non tutti le evasioni sono eguali. Questo può apparire un paradosso, in realtà non lo è, nel paese dove la logica in politica è stata abbandonata da molto tempo.

Nel 2004 Berlusconi vinse le elezioni parlando del “popolo” delle partite iva. Questo la sinistra non l’ha mai capito ed ha sempre preferito sposare la tesi di associare ogni p.iva, di qualunque tipo, alla figura dell’evasore fiscale incallito che è politicamente molto più pagante, anche nei confronti di quel popolo di dipendenti, privati e spesso pubblici, con il doppio lavoro che magari si sono comprati alloggi in nero, con soldi sudati onestamente, per carità, ma mai dichiarati al fisco.

Berlusconi ha sempre “parlato” dei problemi del paese, indicandoli in campagne con tanto di megafono, e facendo credere che li avrebbe risolti. Ora a 15 anni di distanza anche i più “ottimisti” si sono resi conto delle balle raccontate da questo venditore di sole. E nel frattempo i problemi sono sempre lì.

Tra questi la questione dell’evasione fiscale, sia per quanto riguarda i mancati introiti da attività commerciali ed industriali, sia per quelli, e sono tanti, prodotti con attività illecite che certo non vengono dichiarate. Per alcune di esse, per esempio per la prostituzione, un po’ meno di ipocrito perbenismo nostrano, consentirebbe di regolamentare una volta per tutte il mercato del sesso con benefici anche fiscali per lo Stato e maggior tutela per le “operatrici”, nonché decenza e sicurezza.

Tralascio per sintesi il capitolo dei privilegi fiscali devoluti a categorie politiche particolari come nel caso del Vaticano. 

Gli evasori, fuori dalla retorica, si suddividono in alcune categorie che comprendono, ad un estremo, gli infami che comunque non dichiarerebbero mai nulla al fisco perché si sentono in diritto di guadagnare senza riconoscere nulla alla società, in barba ai principi del liberalismo stesso, sino a quelli che finiscono per evadere per sopravvivere oppure, nella versione più attuale, sono costretti a lavorare a p.iva ma non possono applicare tariffe che coprano tutte le spese e garantiscano un utile. Per assurdo questi sono evasori obbligati, devono cioè dei soldi al fisco per automatismi di legge pur non riuscendo ad incassare a sufficienza. Quindi o pagano o sopravvivono accumulando debiti con lo Stato, tipico l’esempio dell’Inps che è dovuto anche se non incassi una lira.

In mezzo ci sono tante possibili classi di evasori, ciascuna delle quali trova le proprie ragioni per aggiustare i conti e difendersi da uno Stato bulimico e sprecone: dalla quantità di ore di lavoro profuse nello svolgere la propria attività, all’assenza di coperture di protezione sociale, ai margini troppo bassi, alle troppe spese ed ai balzelli vari che ben conosce chi apre una attività in proprio, al rischio del capitale impiegato.

Per non parlare della assoluta solitudine che si trovano a vivere gli imprenditori seri quando devono riscuotere un credito e di fronte hanno un consistente muro di gomma di leggi e di avvocati; nel frattempo la loro azienda fallisce e viene torchiata dalle banche e spesso si finisce con l’usura.

Se si pensa di affrontare la questione dell’evasione fiscale mettendo tutte queste figure in un unico calderone ed usando lo stesso metro di giudizio, non si verrà mai a capo di nulla. Gli interventi da attuare sono diversi, soprattutto per consentire a chi si è trovato messo nell’angolo dell’illegalità da un sistema sprecone ed ottuso. Prima si cambiano le regole, perché in Italia si pagano troppe tasse e male, poi si stanga a dovere a seconda dei casi e del merito dell’evasione, anche con la galera. 

Quanto al recupero di tasse da chi non ha mai pagato… bhe basta prendere esempio da quello che fanno in Europa senza inventarsi cose strane. E non è così difficile visto il livello di ostentazione di certi beni chiaramente costosi (Suv, barche, auto, case) intestate a persone senza reddito adeguato per acquistarle e mantenerle.

A qualche dipendente questo discorso può apparire un po’ ostico ma è ora di capire come stanno davvero le cose. Qualche tempo fa, un esempio tra mille che offre l’idea di un certo modo di pensare e di vedere le cose, la proprietaria di un Bar mi raccontava di un suo cliente, dipendente pubblico, che il lunedì non era andato a lavorare perché era stanco in quanto la domenica si era recato in trasferta per vedere la partita di calcio e quindi si era dato malato (confessione fatta alla gerente del Bar).

La signora non si è trattenuta dal dirsi avvilita visto che suo marito, il giovedì precedente, era stato ricoverato per un infarto ed il lunedì… era tornato al bar a lavorare per non lasciare la moglie sola. Di esempi se ne possono fare a migliaia con buona pace dei sindacati e della sinistra dura e pura.

La contrapposizione dipendenti/autonomi, sia ben chiaro, non è utile alla soluzione dei problemi fiscali: anche la tassazione sui dipendenti è eccessiva e smisurata: basta dare un’occhiata ad una busta paga, che già di suo ha una complicatezza assurda, per valutare non solo l’alta tassazione ordinaria, ma la follia dei conguagli e i meccanismi perversi che si scatenano per fottere i soldi quando il dipendente fa straordinari.

Insomma, è ora di iniziare a crescere e capire un po’ come stanno davvero le cose e smettere di vivere di retorica utile solo ai politicanti di turno.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.53) 29 agosto 2011 14:41

    Caro amico ti scrivo .


    Se c’è un articolo che andrebbe incorniciato è questo .Quello che dispiace è che sui media l’unica voce che si sente è quella dei sindacati che difendono il lavoro dipendente come scevro delle impurità fiscali che ammorbano il lavoro autonomo .
    E’ una balla riciclata che , a forza di ripeterla , è diventata una verità . L’evasione fiscale si annida ovunque e anche nel lavoro dipendente, generalmente sotto forma di nero, ma anche con l’assenteismo, la falsa malattia e la vagabondaggine , molto diffusa soprattutto nel settore pubblico .
    Percettori di stipendio che non lavorano sono una caratteristica tipica che ritrovi solo nel lavoro dipendente .E in questo caso trattasi di evasione dal lavoro con l’aggravante che i contributi li paga il datore di lavoro(es. l’ente pubblico) .Un autonomo se non lavora non guadagna e c’è una disparità di trattamento in quanto a tutele e forme pensionistiche che è vergognosamente a danno del lavoratore autonomo (impresa o professionista).

    Esiste l’evasione fiscale ? Esiste ed è una piaga sociale di questo paese .
    Il rimedio ? Accertamenti fiscali diretti a tappeto , soprattutto in rapporto al tenore di vita ,sequestro dei beni anche intestati a terzi e carcere .Sic et simpliciter.
    C’è la voglia politica di farlo veramente ? No .
    E allora si fanno manovre che tendono a colpire chi le tasse le paga e soltanto marginalmente ,più fumo che sostanza ,si tira qualche colpo (molto ben mirato) agli evasori .Tanto per poter farsi uno spot in televisione .

    Ottimo articolo che descrive la sacrosanta verità ,complimenti - ciao



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