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La lezione dei cattivi maestri

Uno degli ultimi lavori di Toni Negri (Michael Hardt e Antonio Negri “Comune” ed. Rizzoli) offre lo spunto per alcune riflessioni sullo stato dell’arte in materia di privatizzazione dell’acqua, referendum abrogativo del decreto Ronchi ed investimenti delle grandi società

Il saggio delinea un'alternativa al capitalismo ed al socialismo, fuori dalle regole della proprietà privata e di quella pubblica. Questa alternativa si troverebbe nel "comune", ovvero nel bene comune inteso sia come la ricchezza condivisa del mondo materiale (l'aria, l'acqua, i frutti della terra e tutti i doni della natura), sia come ciò che si ricava dalla produzione immateriale e biopolitica: quell'insieme di conoscenze, idee, informazioni, codici, linguaggi, relazioni e perfino emozioni che costituiscono il patrimonio attuale dell'umanità. Il libero accesso e la condivisione caratterizzano il bene comune e lo alimentano rendendolo produttivo ma è necessario, scrivono Negri e Hardt, combattere la privatizzazione delle risorse naturali (come il petrolio o l'acqua) e di quelle dell'ingegno umano costrette da brevetti e copyright. E questo sarà possibile attraverso un "riformismo rivoluzionario" che restituisca all'uomo ciò che gli appartiene di diritto: la sovranità.

Al netto delle iniziative legate alle attività dei Comitati referendari sull’acqua pubblica e delle organizzazioni impegnate sui temi dell’ambiente e della green economy, in tutti i media di maggiore rilevanza nazionale il dibattito sullo sfruttamento dei beni comuni è rimasto sotto traccia. Anche gli scenari futuri non sono certo confortanti: la battaglia sul referendum per l’abrogazione di alcune norme del c.d. decreto Ronchi verrà sicuramente combattuta sul terreno del silenzio e del boicottaggio. Economia neoliberista e mercato finanziario si stanno attrezzando per dissolvere la questione nel catino della paura liquida preconizzata da Baumann.

In attesa della chiamata alle urne degli italiani, l’ACEA, società leader nel settore dei servizi pubblici idrico ed energetico, ha delineato il proprio progetto industriale per il biennio 2011 -2013. Il programma esprime una reazione, aggressiva e spregiudicata, alla nascita ed allo sviluppo del dibattito culturale sul tema della possibilità, ma anche dell’eticità, di un processo di privatizzazione di beni e risorse comuni.

Nel 2010 ACEA concorda la separazione da GDF-SUEZ per la produzione dell’energia elettrica, lasciando alla francese tutti le centrali (tranne gli impianti idroelettrici e due turbogas) e le attività di trading. In cambio rimane il controllo delle vendite nella capitale italiana ed un conguaglio per complessivi 230 milioni di Euro. Il risultato: campo libero nel nostro Paese per il core business dell’acqua. Già oggi la società ha una posizione di grande vantaggio sul territorio: 8 milioni di utenti tra Lazio, Campania, Umbria e Toscana. Non meno attrezzate le avversarie: Iren ha inteso mettere insieme la ligure Mediterranea delle Acque, la piemontese Smat e la siciliana Acque Potabili, con il fondo per le infrastrutture F2i, guidato da Vito Gamberale

Sempre nell’estate del 2010 Francesco Gaetano Caltagirone, primo socio privato della ACEA, ha rastrellato azioni societarie giungendo al 13,4% del capitale con la conseguente diminuzione a circa il 25% dell’azionariato di borsa. Tecnicamente il titolo è diventato “sottile” , cioè incapace di esprime il reale valore della società , come risulta dall’analisi della banca d’affari Merrill Linch. Sono gli stessi banchieri ad esprimere un giudizio neutro sulla valorizzazione del titolo escludendone in un incremento nel breve termine.

La Iren non sta certo alla finestra: entra nei servizi idrici il fondo privato di Vito Gamberale (F2i) con l'immediata adesione delle fondazioni bancarie e delle grandi banche. La società così predisposta è il contenitore ideale per consolidare anche la torinese Smat, la siciliana Acque Potabili e i servizi idrici ora gestiti da Enìa, nelle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza, prossime a Mediterranea delle Acque per contiguità territoriale e azionaria.

Lo scenario sarà quello di due poli dell’acqua: da un lato il Nord Ovest con buone prospettive di espansione verso il Nord Est ; dall’altro l’attuale leader nazionale, ACEA, libero dai legacci francesi.

Superbo poi il piano industriale della utlity per il biennio 2011-2013 : investimenti per un 1,3 miliardi di Euro ; crescita annua della EBITDA dell’11%. L’EBITDA ( acronimo inglese di Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization ) è un indice di redditività ben poco attendibile per una visione corretta dell’andamento aziendale, atteso che il risultato di bilancio che tale indice rappresenta non tiene conto della gestione finanziaria operata dagli amministratori. Ciò che in definitiva consente di occultare la verità reddituale. 

Il guanto di sfida al referendum è così lanciato. Se la battaglia del silenzio dovesse perdersi entreranno in gioco le seconde linee. Si battezzerà la guerra contro l’ideologia; il rischio di impoverire centinaia di migliaia di risparmiatori che hanno creduto nella privatizzazione; di perdere altrettanti posti di lavoro; idi aggravare la crisi economica che ha già provato il Paese. Magari verrà sventolato anche il rischio di una bolla finanziaria dell’acqua.

Nella prima sessione di lavori della conferenza internazionale sull’acqua organizzata dall’associazione Greenaccord ( il resoconto completo su www.greenaccord.org) con il sostegno della Provincia di Roma ( 24 febbraio ) Andrea Bossola, direttore area idrica di Acea S.p.A. ha avuto modo di sottolineare proprio sulla scelta della privatizzazione: “…Sarebbe utile mantenere un approccio concreto, che rifugga da ogni pregiudizio culturale, politico e ideologico…”

Ma è proprio un simile argomento ad essere ben poco concreto se confrontato alle realtà più o meno ricche del nostro pianeta. Nella stessa conferenza ha osservato Antonio Navarra, direttore del Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti climatici: “Secondo le nostre previsioni, entro il 2050, le precipitazioni nel bacino del Mediterraneo potrebbero diminuire del 20%. Se a questo aggiungiamo che l’apporto del Nilo è stato di molto ridotto a causa di un uso eccessivo dell’acqua del fiume, dovuto in gran parte alla costruzione della diga di Assuan e a pratiche di irrigazioni dissipative, abbiamo una drastica riduzione dell’apporto di acque dolci nel Mediterraneo. Ciò porterà a un aumento della salinità delle acque con conseguenze su tutti gli ecosistemi marini. Il problema dell’accesso all’acqua potrebbe in particolare diventare molto critica nei Paesi in via di sviluppo, nei quali i rapidi processi di urbanizzazione si uniscono a grandi problemi di approvvigionamento idrico”.

Ha puntato invece il dito contro la diseguale distribuzione dell’acqua dolce nel mondo Hachmi Kennou, governatore del World Water Council, che ha poi lanciato un appello ai grandi decisori mondiali: “È impensabile che il diritto all’acqua non sia all’ordine del giorno del G8 e del G20”.

Amedeo Postiglione, presidente della fondazione International Court of the Environmental Foundation ha poi aggiunto“Proprio per assicurare una gestione corretta di questo bene indispensabile per la vita, serve una autorità mondiale congiunta economia-ambiente, come proposto dal papa nella sua enciclica Caritas in Veritate. In generale va istituito un diritto internazionale sui beni comuni e sull’ambiente che sia regolato da due entità: una autorità amministrativa gestionale delle risorse, che si può avere trasformando l’Unep da programma ad agenzia Onu. Va poi istituita una corte internazionale dell’ambiente, che sia però accessibile a tutti. Non solo agli Stati, come avviene con la Corte Internazionale dei diritti umani dell’Aja, ma anche a tutti gli stakeholders”.

Ancora prima del referendum ed a monte di “pericolosi pregiudizi” esiste, in Italia, una Carta Costituzionale che all’art. 41 impone un preciso limite all’iniziativa economica privata: non può essere in contrasto con l'utilità' sociale o recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Forse è indispensabile iniziare a riflettere sulle lezioni dei cattivi maestri. Soprattutto quando il riformismo rivoluzionario passa attraverso la nostra Costituzione.

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