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 Home page > Attualità > Economia > La dittatura del Pil nel paese degli evasori

La dittatura del Pil nel paese degli evasori

Le politiche economiche sono guidate da un'equazione errata che assomiglia ad un dogma e rischia di portarci alla rovina. Il racconto di un sabato sera come tanti...

Scrivo mentre tutti i telegiornali italiani ci illustrano che la crisi continua a mordere, facendo innalzare il numero di italiani che vivono sotto la soglia di povertà, che non si "consuma" più e che il Pil risente di questa situazione, gettando ombre sul futuro economico del nostro paese, con la spada di Damocle dello spread.

Ma siamo proprio sicuri?

Vi racconto il mio sabato sera...

Dopo tante insistenze, mi sono lasciato trascinare da un gruppo di amici in una delle discoteche della mia zona, simile a tante altre dove centinaia di migliaia di giovani italiani trascorrono le loro notti.

La formula è comune a molti locali simili: entri gratis, ma all'ingresso ti danno una tessera per le consumazioni, la cui prima è obbligatoria. Il prezzo è inversamente proporzionale al numero (più bevi, meno paghi il cicchettino successivo). In questa discoteca, si va dai 15 euro del primo drink ai 5 del sesto, con la possibilità di avere il settimo in omaggio.

Spendiamo in media 25-30 euro a persona. Ma lì dentro c'è chi arriva ai cento, soprattutto nei tavoli più numerosi e rumorosi. Nella grossa sala ci sono almeno tremila persone. Il calcolo sugli incassi della serata è molto semplice: lo lascio a voi.

Nulla di male, non fosse per il fatto che non uno scontrino, non una ricevuta è stata emessa per le consumazioni. Tutto in nero! Anche i parcheggi e il guardaroba.

E guai a protestare: nerboruti buttafuori allontanano chiunque crei qualche problema...e di certo nessuno è lì per rovinarsi il sabato sera.

C'è poi da considerare che in poche ore nel medesimo locale si sono esibiti un comico, due cantanti e due deejay, inoltre c'erano almeno 40 lavoratori, fra buttafuori, camerieri, barman e guardarobisti. Tutto personale che (immagino), se il locale incassa in nero, inevitabilmente viene pagato in nero, sottraendo altri soldi allo Stato italiano. Cifre incredibili!

E parliamo di una sola sera, in un solo locale; provate a fare un calcolo approssimativo. Fatto? Bene!

Ora moltiplicate la cifra ottenuta per tutti i locali italiani che si comportano allo stesso modo e per almeno cento giorni l'anno, fra weekend ed eventi vari.

Avete idea di quanti soldi stiamo parlando? Tutte cifre che sfuggono ai calcoli del Pil e alle valutazioni sulla ricchezza degli italiani di cui tanto parlano i telegiornali in queste ore.

Ovviamente questa è solo una piccola parte dell'immenso mercato del "nero", che riguarda le più svariate attività, dalla produzione di capi di abbigliamento fino alle prestazioni in studi privati di brillanti professionisti (che magari hanno pure uno stipendio pubblico).

Alla luce di quanto vi ho raccontato, emergono due domande.

La prima: non sarebbe il caso di rivedere il sistema fiscale italiano e la modalità dei controlli?
Che senso ha girare al centro delle grandi città per verificare se il bar emette lo scontrino, quando poi si tollerano certe situazioni di abnorme ed evidente evasione?

La seconda: a che serve il Pil se lo calcoliamo così?
Tutte le valutazioni economiche sono falsate da un calcolo errato, che sottostima clamorosamente i consumi. E di conseguenza sono falsate le previsioni di crescita, i dati sulla disoccupazione e tutto il resto, fino al famigerato spread, che prende le mosse dallo stato di salute dell'economia italiana.

Come uscirne?

In una prima fase, ovviamente, andrebbero rivisti i calcoli, alla luce dell'evasione, magari contemplando anche i costi di smaltimento dei prodotti consumati. Poi una radicale modifica della politica fiscale e dei controlli.

Ma a lungo termine, sarebbe il caso di rivedere radicalmente il concetto stesso che sta alla base dell'equazione "più consumi uguale più benessere". Bisognerebbe prestare maggiore attenzione alla qualità più che alla quantità dei consumi, all'impatto sull'ambiente, alla efficienza dei prodotti che si acquistano.

La corsa al consumo, figlia anche di logiche economiche fallaci, ci sta portando alla rovina, considerando che le risorse del nostro pianeta sono sempre minori e che le nuove economie emergenti stanno cominciando a crescere a ritmi impressionanti, commettendo gli stessi errori che i paesi occidentali hanno commesso negli ultimi decenni.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.121) 2 aprile 2013 19:49

    L’evasione fiscale è la madre di tutti i nostri mali perché non consente di impostare le politiche di solidarietà(reddito di cittadinanza ,sussistenze ecc..) senza incorrere fatalmente nell’ingiustizia di dare o concedere a chi non lo merita e che mette le mani in tasca ai cittadini onesti (per usare una felice definizione di Monti ).

     Ma lei caro articolista , volutamente o forse no ,ha messo in campo due argomenti che sono i cavalli di battaglia di Silvio Berlusconi e di Beppe Grillo e che sono rispettivamente :

    -il calcolo del PIL "reale" tenendo conto del 30% di economia in nero . Berlusconi per abbassare il deficit voleva che fosse riconosciuto dalla UE , naturalmente hanno risposto picche .

    - la teoria della "decrescita felice " che è alla base del programma economico del M5S che ,giustappunto ,sostiene di ridimensionare progressivamente i consumi . L’aspetto demagogico sta proprio nel fatto che si ritiene che il pianeta non sia in grado di sostenerne la crescita .In realtà non è l’aumento dei consumi ma lo spreco di risorse in nome di logiche economiche (come lei giustamente sottolinea) che diventa progressivamente insostenibile .
    Per fare un esempio, per tenere il prezzo delle arance pari a 2 euro al Kg devo distruggerne 2 q.li perché il surplus di prodotto abbasserebbe il prezzo(legge della domanda e dell’offerta) oltre ad aumentare i costi logistici ,movimentazione ecc..

    Da qui ai prossimi duecento anni (non mi spingo oltre) nuove tecnologie supporteranno i consumi e non è vero che mancheranno le risorse ,il problema sarà una corretta educazione al consumo e una profonda riforma delle regole del profitto .
    Non è un caso che a produrre i guai che stiamo vivendo non sono le politiche produttive ma l’aver sostituito il valore dei beni prodotti con quello finanziario dei beni immateriali .

  • Di (---.---.---.185) 3 aprile 2013 09:59

    carissimo non sarebbe molto più semplice inviare copia del tuo articolo magari con il nome e l’indirizzo del locale alla più vicina agenzia delle entrate?

     

     il problema non è del nero ma di chi grida su un giornale qualsiasi (e con questo lungi da me degfinire agora un giornale qualsiasi) che in itralia si fa un sacco di nero ma non agisce mai... per non rovimnarsi il sabato sera... appunto.

  • Di Pietro Cuccaro (---.---.---.144) 3 aprile 2013 11:32
    Pietro Cuccaro

    Gentile Paolo,
    la ringrazio per il suo commento.

    Non era ovviamente mio obiettivo veicolare temi e argomentazioni di esponenti politici, ma solo le mie idee.

    Peraltro, non credo che quanto ho scritto sia in linea con quanto affermano Berlusconi e Grillo.

    Mi spiego.

    PRIMO PUNTO: PIL E TASSAZIONE

    Che il calcolo del Pil, come viene fatto adesso, non corrisponda all’economia reale è un dato di fatto. Ciò però non vuol dire che basti aggiungere un "forfait" di nero del 30 per cento per risolvere il problema. Anzi. Ciò, nei fatti, legalizzerebbe il nero, accettandolo come un male endemico e incurabile del sistema economico italiano.

    Quando parlo di "rivedere il calcolo" intendo dire che, prima ancora di riconcepire il concetto di Pil e le modalità di calcolo della ricchezza di una nazione, bisogna rivedere il modo con cui vengono recepiti i dati: secondo me andrebbero presi con le pinze, dando per assodato che sono cifre "errate per definizione"; non, come accade ora, che vengono prese per "oro colato".

    Si badi bene, non parlo solo di politica e di economia, ma soprattutto di informazione.
    Da mesi, da anni, i media ci bombardano con i dati del Pil, ma non ho mai sentito uno che abbia detto: "Aspetta un attimo, vogliamo capire come si calcola questo Pil? Sono dati attendibili? Ed è normale che da questi dati (fallaci) poi dipenda il destino economico di una nazione? Riflettiamoci...".

    Detto questo - è ovvio - bisognerebbe innanzitutto pianificare una seria politica di revisione fiscale e controllo sull’evasione.

    L’evasione fiscale deve diventare "poco conveniente" per i cittadini e per gli stessi commercianti.

    Di proposte ce ne sono tante, inutile mettersi a ipotizzare disegni di legge (non è il mio compito), ma un concetto deve essere chiaro: è lo Stato che deve intervenire, non i cittadini.

    Non si può pretendere che una mamma che porta il bambino dal pediatra - intra moenia - poi gli chieda la fattura, rischiando di inimicarselo. Non lo farà mai. Anche perché, nella migliore delle ipotesi, sarà costretta a pagare di più: la tariffa concordata più l’Iva. Quindi: oltre al danno, la beffa. (e con questo credo di aver risposto anche al secondo commento)

    Ci sono modi molto più semplici per verificare che quel pediatra è un evasore fiscale...

    NOTA BENE
    Questo è un discorso che vale per il Pil ma potrebbe essere fatto pari pari, per esempio, sulla disoccupazione: nel meridione ci sono tassi (ufficiali) di disoccupazione giovanile alle stelle, innanzitutto perché l’economia è meno florida (e su questo non ci piove) ma anche perché tutti i giovani che lavorano come apprendisti, commessi, segretari, ragionieri ecc... sono in nero.

    SECONDO PUNTO: CONSUMISMO

    La mia critica al consumismo "a tutti i costi" è solo in parte collegata al concetto di "decrescita felice" (che, si badi bene, non è stato inventato da Grillo, ma ha ben altri riferimenti teorici).

    Secondo me non è solo un problema di "consumo delle risorse" ma, più in generale, di benessere... dell’individuo, della società, dell’ambiente...

    E anche su questo tema la mia critica è all’approccio metodologico.
    Sembra che per risolvere il problema (la crisi economica, la disoccupazione) la soluzione possibile sia una soltanto (la crescita: produrre di più, consumare di più...).

    Non è così: questa è solo una delle teorie economiche, ma non è detto che non possano essercene altre.

    Il benessere non si misura solo da quanti soldi abbiamo in tasca, ma dalla qualità della nostra vita, dai rapporti con gli altri individui nella società, dalla salubrità dell’ambiente, dalla quantità di tempo libero...

    Invece questo aspetto viene sistematicamente ignorato nei dibattiti.

    Non sono un economista e altri meglio di me possono illustrare questi aspetti: vi invito a documentarvi, anche sul web, ponendovi delle domande che comincino ogni volta con "Che senso ha...".

    Come giustamente dice lei, servono "una corretta educazione al consumo e una profonda riforma delle regole del profitto", ma non sono così ottimista sull’avvento di nuove tecnologie che razionalizzeranno i nostri consumi.

    Vedo piuttosto una tendenza all’entropia che va assolutamente frenata (e ci vuole tanta fatica) se non vogliamo finire tutti nel baratro.
    E soprattutto vedo altre economie emergenti che stanno commettendo gli stessi identici errori commessi dalle economie occidentali nell’ultimo secolo. E nessuno prova a fermarle perché sono proprio queste economie, con i loro consumi, a tenere in vita l’occidente. Un circolo vizioso che si autoalimenta ma non produce reale benessere.

    Che senso ha tutto questo?

  • Di Pietro Cuccaro (---.---.---.144) 3 aprile 2013 17:16
    Pietro Cuccaro

    Nel testo ci sono diversi refusi, mi scuso con i lettori, ma me ne sono accorto solo ora e il sistema non consente di intervenire su un pezzo dopo la sua pubblicazione.
    PC

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