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La disoccupazione giovanile è solo una mistificazione

Da mesi i media di regime ci bombardano di numeri sulla disoccupazione, in special modo su quella giovanile. Verrebbe da chiedersi perché tali quotidiane denunce provengano da stampa, televisioni nonché governi e perfino istituzioni finanziarie della classe dominante. Si potrebbe pensare che tanto allarmismo sia dannoso al regime capitalista. Ma si tratta di un pensiero ingenuo e sbagliato.

La borghesia è una classe flessibile, pragmatica, spregiudicata. Questi caratteri le derivano dalla sua funzione sociale che si può sintetizzare nel principio: gli affari sono affari.

Diversamente, ad esempio, l’aristocrazia, fondata sul lavoro servile finalizzato non al profitto e all’accumulazione del capitale ma al consumo nell’isola chiusa del feudo, estranea al mercato, era proverbiale per la sua rigidità.

I regimi borghesi, fingono sorpresa e preoccupazione per la crescita della disoccupazione giovanile per terrorizzare i lavoratori che ancora un lavoro ce l’hanno e per proporre le loro false soluzioni che, se attuate, si rivelerebbero ancora più dannose per salariati e disoccupati, giovani ed adulti.

In realtà tanto allarmismo prepara il terreno al varo di nuovi provvedimenti per aumentare la flessibilità degli operai, che, rendendo i lavoratori più ricattabili, consente di sfruttarli di più, aumentare carichi e ritmi di lavoro e ridurre i salari. In tal modo inoltre la borghesia divide i lavoratori fra precari e cosiddetti “garantiti” col risultato di abbassare il salario medio della classe intera.

Le percentuali di disoccupazione giovanile che quotidianamente ci aggiornano andrebbero dal 62,5% della Grecia, al 56,4% della Spagna, al 42,5% del Portogallo, al 40,5% dell’Italia: sono enormi. Ma queste percentuali sono calcolate sul totale di residenti che partecipano al mercato del lavoro, cioè a coloro che sono in cerca di un lavoro, o come primo impiego o perché hanno perso quello che avevano. Ne sono esclusi coloro che un lavoro non lo cercano, come, ad esempio, gli “studenti”, e coloro che hanno rinunciato a cercarlo, i cosiddetti “scoraggiati”. Nemmeno è contato chi lavora in nero, chi vive di rendita, chi campa con attività illecite.

LEGGI ANCHE: DISOCCUPAZIONE GIOVANILE. SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO?

La disoccupazione giovanile fa riferimento ai giovani tra i 15 ed i 24 anni, a loro volta divisi in adolescenti, dai 15 ai 19 anni, e in giovani, dai 20 ai 24 anni. La partecipazione al mercato del lavoro tra gli adolescenti in Europa è in media solo del 10%; per i giovani è superiore, ma inferiore a quella degli adulti. Questo significa che se, per effetto della crisi, una parte di adolescenti e giovani domani non potesse più permettersi di “studiare” e si iscrivesse alle liste, il tasso di disoccupazione giovanile aumenterebbe di molto.

 

Foto: Wikimedia

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