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La Confindustria e il partito degli imprenditori

Sulle colonne del "Riformista" di alcuni giorni fa Gianmaria Pica ipotizzava, sulla scorta del discorso tenuto da Emma Marcegaglia all'assemblea annuale di Confindustria, la nascita di "un partito delle imprese" mentre il direttore Emanuele Macaluso nel suo editoriale invocava, senza, per sua stessa ammissione, crederci troppo, l'autonomia delle grandi organizzazioni sociali; prima di tutto, ma non solo, proprio di Confindustria. Nel suo pezzo citava anche l'esperienza della presidenza confindustriale nella seconda metà degli anni Cinquanta del "modesto imprenditore" Alighiero De Micheli. E proprio quell'esperienza non depone certamente a favore di un nuovo impegno politico diretto degli industriali del nostro Paese.

Nel febbraio del 1956 nasce infatti la Confintesa, organo di coordinamento tra Confindustria, Confagricoltura e Confcommercio. De Micheli, succeduto a Costa alla guida dell'associazione degli industriali nel 1955 grazie alla sponsorizzazione dell’Assolombarda a seguito di un’intesa intervenuta tra i gruppi Snia-Viscosa, Edison, Pirelli, Montecatini e Falck, si rivela il più acceso e convinto sostenitore della bontà del neonato organismo.

La Confintesa assunse un valore paradigmatico dei tentativi che il ceto imprenditoriale, o quanto meno una frazione significativa di esso, fece per legittimarsi come guida dello sviluppo economico del Paese.

Essa nacque infatti con l’esplicito scopo di fornire al ceto industriale una rappresentanza nelle istituzioni adeguata e capace di contrastare le iniziative legislative promosse dagli ambienti politici ritenuti ostili e dai sindacati oltreché, ovviamente, l'esecrata apertura a sinistra.

La Confintesa sarebbe così stata concepita dagli industriali come mezzo per recuperare quella centralità nei processi decisionali pubblici che essi avevano perso dopo l’età dell’oro del sodalizio De Gasperi - Costa, quando mai avevano teorizzato la necessità di scendere direttamente nell’agone parlamentare per difendere i propri interessi. Lo sganciamento delle imprese a prevalente partecipazione pubblica dalla Confindustria, approvato dal parlamento nell’agosto 1954, aveva segnato infatti la crisi del duopolio delle politiche industriali inaugurato nella prima legislatura tra la Confederazione e i governi guidati da De Gasperi.

Nelle elezioni amministrative del maggio 1956 e in quelle politiche del 1958, la Confintesa e i suoi Centri provinciali di difesa delle libertà economiche per il progresso sociale avrebbero così concordato soprattutto con il Partito liberale di Giovanni Malagodi e le correnti di destra della Democrazia cristiana l'inserimento di candidati graditi nelle liste elettorali.

Gli esiti delle elezioni non furono però affatto entusiasmanti per la Confindustria e segnarono la fine sostanziale della Confintesa. L’entità del fallimento di quest’esperienza divenne poi pesantissima se si considera il lungo rosario di insuccessi che la Confindustria colse negli anni successivi, dall’effettivo distacco delle aziende a prevalente partecipazione statale avvenuto nel 1957-8 e la nascita dell’Intersind alla nazionalizzazione dell’energia elettrica.

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