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 Home page > Tribuna Libera > L’indispensabilità e i cimiteri nel pensiero berlusconiano

L’indispensabilità e i cimiteri nel pensiero berlusconiano

Il Sig. Berlusconi afferma: Bisogna tenere duro, ma i cimiteri sono pieni di persone che si consideravano indispensabili.

Frase riportata dal Corriere del Sera.

Cosa vorrà dire con questo? Di solito, nei cimiteri ci sono i morti.

A parte che se c’è una persona che si ritiene indispensabile è proprio il nostro premier. Si veda la sua idea di partito e la sua politica, tutto basato sulla persona e non sull’organizzazione. Allora dobbiamo aspettarci che anche lui vada ad abitare al cimitero? non rispondo, potrei essere frainteso.

Comunque sia, e a parte l’infelicità dell’affermazione, l’indispensabilità era, è e sarà sempre una prerogativa dell’individuo umano, senza di essa, è difficile resistere alla tentazione di mollare tutto e ritirarsi a vita privata. Ritenersi indispensabili è, per cosi dire, una specie di carburante in grado di caricarci quando siamo giù, quando ci sembra che tutto sia inutile. Frasi come: sono indispensabile, senza di me tutto va a rotoli, ognuno di noi le ha espresse almeno una volta nel corso della vita; e non sono delle battute perché, almeno in quel momento, effettivamente ci sentiamo indispensabili.

E fin qui ci siamo. Ma cosa c’entrano i cimiteri? Misteri filosofici.

Quando lavoravo, il mio capo – direttore tecnico/amministrativo -, allorché chiedessi qualcosa e lui non aveva intenzione di soddisfarmi, per troncare il colloquio mi diceva: tutti siamo utili, nessuno è indispensabile. Con questo intendeva che, qualora io, insoddisfatto, avessi avuto l’intenzione di dimettermi, l’azienda non ne avrebbe sofferto più di tanto; c’è sempre qualcuno pronto a sostituirti.

Ma il cimitero? Non riesco proprio a ricordarmi l’abbinamento tra indispensabile e cimitero. O, forse, riguarda quella cosa che non voglio dire perché potrebbe essere fraintesa, non so. L’unica cosa che so è la poca serietà di una persona che, invece, dovrebbe essere serio in ogni sua espressione, diciamo pure anche quando mangia.

Il cimitero, si sa, è indispensabile ed esiste, sotto diverse forme, in tutte le culture e tutti, prima o poi – meglio poi – ci dobbiamo andare, ma che uno ci vada perché si ritiene indispensabile, mi sembra alquanto fuori luogo. Considerando anche che di luoghi più allegri, sulla terra, ne esistono molti – e in modo particolare per i ricconi – non si capisce perché, una persona che si ritiene indispensabile, debba scegliere di abitare al cimitero.

Ma forse, quella del nostro premier, è una metafora; come a dire: vai a quel paese o dove vuoi ma non rompere. Se è cosi, però, la scelta del termine è alquanto infelice. Eppure, di persone che si ritengono indispensabili – probabilmente anch’io sono tra queste – ce ne sono tantissime e tutte vivono normalmente in modo civile, in case situate in paesi e città normalissimi e al cimitero ci vanno (forse) il giorno dei morti e sperano che, il trasloco, al cimitero, come ultima dimora, avvenga il più tardi possibile.

Insomma, non riesco proprio a capire cosa c’entri il cimitero, a meno che non si riferisca a quella cosa che non voglio dire perché potrei essere frainteso.

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