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 Home page > Tribuna Libera > L’accordo sindacale truffa del 28 giugno

L’accordo sindacale truffa del 28 giugno

Una cosa è certa. Era chiaro prima. È chiaro ora. Quelle versate dalla principale organizzazione sindacale cosiddetta di sinistra, quando con una tardività incredibile comprese che l'articolo 8 della legge finanziaria avrebbe ammazzato lo Statuto dei Lavoratori, erano semplicemente lacrime di coccodrillo. Finte.

Si trattava semplicemente di una questione di potere contrattuale. Il principio di fondo è che non può essere la legge a decidere su cosa le organizzazioni sindacali devono contrattare, ma devono essere le organizzazioni sindacali a decidere su cosa e come e con chi contrattare. Detto in breve, lo Statuto dei Lavoratori è morto.
 
È morto anche con questo accordo sottoscritto dalla Cgil il 21 settembre. Anzi è quel tipo di accordo che fa fuori, in un colpo solo, la democrazia sindacale e lo Statuto dei Lavoratori.
 
Ma veniamo brevemente al dunque.
 
L'accordo stabilisce che la rappresentatività dei lavoratori di una sigla sindacale è misurata dalle deleghe sui contributi sindacali (raccolte dall'Inps e certificate dal Cnel) ponderate dai consensi nelle elezioni delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie), con lo sbarramento al 5% (se il sindacato non supera questa soglia non è legittimato a negoziare). 
 
Come accade già nel pubblico impiego. Dove per esempio al sindacalismo di base, che ha migliaia di iscritti, è negata anche la possibilità di convocare assemblea sindacale nel luogo di lavoro durante l'orario di lavoro, solo e perché non supera quella percentuale.
 
È come se al partito della Rifondazione Comunista, solo perché non è presente in Parlamento, perché non ha superato la soglia del 3% e non del 5%, venisse negato il diritto di svolgere comizi elettorali in piazza.
 
Come competere, se di competizione si può parlare, con il mostro confederale? Hanno palazzi che valgono milioni di euro, anzi non pagano neanche l'Ici per alcuni tipi d'immobili (grazie ad una legge, la numero 504 del 30 dicembre 1992 in pieno governo Amato, che di fatto impedisce allo Stato italiano di avanzare richieste ai sindacati), hanno una struttura così potente che è praticamente impossibile riuscire a superare quella soglia elevatissima del 5%.
 
E la cosa più grave è che queste regole le dettano loro, tra di loro e per loro. E poi parlano di democrazia sindacale. Vergogna.
 
Altro punto dolente di tale accordo del 28 giugno del 2011, ma sottoscritto solo in data 21 settembre è quello che riguarda la contrattazione in deroga.
 
Sulla cosiddetta esigibilità del contratto aziendale, l'accordo stabilisce che: "La contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal ccnl di categoria o dalla legge"; "i contratti collettivi aziendali possono definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei ccnl nei limiti e con le procedure previste dagli stessi ccnl".
 
In sostanza la differenza con l'articolo 8 della finanziaria non esiste. In quel caso dovevano essere i sindacati a livello di contrattazione a decidere se modificare o meno in peius quanto normato dallo Statuto dei Lavoratori. Con tale accordo accade la stessa cosa.
 
Ed infatti, Bonanni ha detto che "le organizzazioni sindacali non tratteranno questo punto per loro libera volontà". Questo punto, era chiaramente la questione Statuto dei Lavoratori.
 
Conosciamo bene, molto bene, la loro libera volontà. Ed allora se lo Statuto dei Lavoratori era rimesso alla contrattazione per legge, e visto che lo è rimasto anche ora, mi spiegate dove sarebbe questa grande svolta? La libera volontà delle parti sindacali? Certo, grande garanzia.
 
Questa è la situazione.

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