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L’abdicazione del Papa e la crisi dell’Occidente (parte seconda)

Nel mio ultimo articolo, L’abdicazione del Papa e la crisi dell’Occidente, rilanciavo la possibilità che anche l’abdicazione papale potesse essere letta in un più ampio contesto di crisi dell’Occidente, come aveva suggerito il giornalista del Corriere Massimo Franco a Otto e mezzo.

Si tratterebbe della crisi di quella parte di mondo la cui cultura si fonda sulla fusione tra filosofia greca e religiosità ebraica, proposta da Paolo di Tarso nella sua particolare elaborazione della nuova religione universale.

Un tentativo cioè di interpretare il fatto, di per sé epocale, dell'abdicazione del Papa per coglierne il significato più profondo.

L'alternativa sarebbe stata solo quella di riconoscere banalmente ad un signore in là con gli anni il diritto ad essere stanco di tutti gli interminabili intrighi della sua corte. Signore a cui si può riconoscere un po' di simpatia umana, se proprio vogliamo, ma senza scordarci che in fondo sarà pur sempre un pensionato di extralusso, servito e riverito. Chi vuole può accontentarsi di questo.

Qualche giorno fa invece Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo, firmato dal leader del “pensiero debole” italiano, Gianni Vattimo, che tenta anche lui la via dell'interpretazione, arrivando ad ipotizzare che l’uscita di scena di Benedetto XVI sia dovuta ad una “crisi di fede”.

Crisi dell’Occidente, crisi della Fede. C’è materia in abbondanza per rifletterci sopra.

Papa Ratzinger ha sempre sostenuto con tutta la sua forza che ragione e fede non sono in contrasto” ci ricorda Vattimo, per cui il suo gesto, rarissimo nella storia della Chiesa, non può essere che “un atto di coscienza, deciso in omaggio a un obbligo interiore”.

Fin qui, siamo d’accordo; l’ipotesi è suggestiva. Resta da chiedersi qual è questo obbligo interiore che risponde alla “crisi di fede” suggerita fin dal titolo.

“Alla faccia di tutte le motivazioni pratiche, politiche, economiche (qualcuno potrebbe pensare allo Ior)" continua il filosofo torinese "si è probabilmente reso conto che, nella situazione della Chiesa oggi, le dimissioni sono la sola cosa che un Papa può seriamente fare”. Per cui “è con la presa di distanza da tutte le “funzionalità” terrene, e dunque mostrando finalmente la faccia anarchica, e autenticamente soprannaturale, del Vangelo, che il cristianesimo può ridiventare una scelta di vita possibile per la gente del nostro tempo”.

In conclusione “non è affatto stravagante pensare che questa crisi di coscienza papale possa essere davvero, o almeno essere legittimamente interpretata, come un evento decisivo nei rapporti del cristianesimo con la razionalità occidentale”.

La tesi di Vattimo sembra chiara: rifuggendo dalle "funzionalità terrene" il Papa fa (farebbe) i conti con quella “razionalità occidentale” che lui stesso ha ripetutamente sostenuto essere la sorella gemella della Fede; non solo rifiutando l’inconciliabilità tra verità di Fede e verità di Ragione, ma anzi sostenendone la necessaria complementarietà in particolare in quella "lectio magistralis" di Ratisbona in cui fu inserita la famosa frase "Non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio" che fece infuriare tutto il mondo islamico, notoriamente alieno al logos occidentale, per l'accusa esplicita al Profeta contenuta nella citazione di Manuele II Paleologo.

Vattimo ci dice che solo abbandonando la razionalità il cristianesimo troverà la sua strada autentica perché la Ragione altro non è che “la razionalità calcolante del mondo “economicamente” organizzato, dei tecnici motivati dal loro sapere “oggettivo” e, alla fine, della logica bancaria che tutti conosciamo e soffriamo sulla nostra pelle. Insistere sull’idea che la fede in Gesù Cristo è una scelta razionalmente motivata significa davvero condannarsi a perire assieme all’Occidente capitalistico ormai in disfacimento”.

Siamo, in sintesi, al rifiuto della “tecnica” che già la filosofia heideggeriana, di cui Vattimo rappresenta l’italica propaggine, aveva suggerito, disegnando il mondo della pura astrazione, peraltro poi razionalissima nei fatti, del nazismo. Basta ricordarsi del testo di Emmanuel Faye "L'introduzione del nazismo nella filosofia", recentemente proposto nella versione italiana edita da L'Asino d'oro.

Vattimo (senza negare l'innegabile adesione del filosofo tedesco al regime hitleriano), tentando di ridicolizzare la tesi dell'autore francese, scrisse sarcastico "ci sarebbe dunque un Dna nazista a spasso da decenni per l'Europa": dimostrando così di aver pienamente compreso il senso del testo.

Curiosamente l'articolo del Fatto, che nel titolo parla di una “crisi di fede”, ipotizza poi, casomai, una crisi del Papa “razionale”, il che sembra francamente una contraddizione in termini.

Insomma non si capisce bene che cosa viene suggerito: il ritrarsi del Papa dal mondo sarebbe indice della crisi dell’Occidente come crisi della razionalità occidentale e di quel logos greco di cui l’occidente si vanta, avendolo elevato a vetta di massima realizzazione umana ?

Oppure crisi di quella spiritualità fideistica che affonda le sue radici nella colpa originaria di cui Paolo fu il primo a parlare, stravolgendo il vero discorso delle scritture giudaiche, come ci dicono gli esegeti più raffinati del cristianesimo stesso ?

In un caso come nell'altro potremmo essere di fronte ad una dichiarazione di fallimento. Un fallimento che riguarda sicuramente la Chiesa per come è stata finora, ma che potrebbe forse coinvolgere tutti noi se ipotizziamo che con le dimissioni del successore di Pietro sia venuta alla luce proprio la crisi del binomio Ragione/Cristianesimo, cioè di questa cultura dominante nella tradizione dell’Occidente cristianizzato, che contiene in sé quella prassi sterminatoria, individuata già da Zygmunt Bauman, che possiamo identificare come "DNA nazista".

Nonostante i tentativi di Vattimo, storico sostenitore della sinistra più radicale, di affermare la validità del pensiero di Heidegger, antiilluminista, anticartesiano e nazista, il superamento del razionalismo può prendere drammatiche direzioni.

Proprio Vattimo ci ricorda il rapporto conflittuale tra Hannah Arendt e Martin Heidegger sottolineando come "il fatto che la Arendt insistesse molto sul concetto di natalità, mentre Heidegger mettesse in evidenza la morte, la dice lunga".

La dice molto lunga infatti.

Il binomio Ragione/Cristianesimo costituisce la tradizione occidentale che afferma la necessità di una ragione capace di controllare un'interiorità umana definita aprioristicamente peccaminosa e assassina. Binomio che si può superare per due vie: una porta all'idea di "natalità", l'altra, affermata da Heidegger e sostenuta dai suoi più tardi epigoni di destra e di sinistra, all' "essere per la morte".

Negli anni '30 la scelta fu fatta. E il risultato furono guerra, distruzioni, milioni di morti e campi di sterminio. Oggi potremmo essere di nuovo davanti ad una crisi epocale dell'Occidente cristianizzato, simile a quella degli anni Trenta. Sta a noi decidere quale direzione dare agli sviluppi futuri della nostra cultura e del nostro mondo. Auguri.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.200) 24 febbraio 2013 12:25

    Le dimissioni del papa hanno, con non poco stupore, turbato il mondo intero, a dimostrazione dell’enormità del suo significato di dimensione epocale.Di questo, al di là del significato che se ne voglia dare ,è soprattutto il solco tracciato tra due epoche, il prima e il dopo. Da oggi non sarà più nulla uguale a prima. Cosà cambierà nella società e nel mondo? Bisogna solo avere la pazienza di aspettare senza avventurarsi in interpretazioni che, nostro malgrado, sfuggono alla percezione del nostro orizzonte.GP.

    • Di (---.---.---.93) 24 febbraio 2013 13:31

      Tutto condivisibile fino alla pazienza... che suona un po’ troppo come un invito a non pensare. Forse in attesa che ci venga detto qual’è l’interpretazione "corretta" da dare ai fatti accaduti ?

      FDP

  • Di (---.---.---.8) 24 febbraio 2013 20:05

    No Fabio, intendevo dire proprio il contrario e cioè che nessuno è in grado di prevedere e tanto meno fare previsioni sull’evolversi dei fatti futuri che ormai sono sfuggiti di mano a coloro che invece avrebbero dovuto tenere ben strette le redini degli umani destini. Ora davvero la nostra amata terra assomiglia sempre più ad una trottola impazzita che disegna nello spazio le più imprevedibili iperboli.Con cordialità il tuo amico GP.

    • Di (---.---.---.93) 24 febbraio 2013 20:58

      No, certo, fare previsioni su come si svilupperanno le cose è veramente al di là delle possibilità. Ma quello cui assistiamo non mi pare sia qualcosa ’sfuggito’ di mano. Userei più il termine ’crisi’ che rimanda sia agli scontri interni alle istituzioni (Chiesa, Stato etc.) sia ad un collasso delle radici culturali su cui si fonda il nostro mondo. La conclusione è che si può tentare di interpretare ciò che succede, ma, alla fine, non potremo fare altro che stare a vedere....
      ciao! FDP

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