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 Home page > Tribuna Libera > Il voto alla destra è un voto contro le donne

Il voto alla destra è un voto contro le donne

“Ma lei quante volte viene? A che distanza di tempo? Le lascio il mio numero?”. Cosi Berlusconi si rivolgeva ad Angela Bruno, impiegata capoarea dell’azienda Green Power.

La ragazza sorpresa, imbarazzata, cercava di mantenere il discorso sui temi legati al lavoro dell’azienda; impaurita girava invano lo sguardo per cercare aiuto, poi, lasciata sola in questo pesante giochino, ha assecondato il Cavaliere.

Sembrava rivedere le scene di un film, dove c’era il padrone arrogante che si crede padrone di tutto, anche della dignità e del corpo delle operaie. C’era l’operaia debole di fronte al potere, e poi c’erano i servi che applaudivano. Insomma l’antifemminismo e l’arroganza del potere.

E intanto le persone in sala tacevano e ridevano, ridevano e tacevano, per condivisione e per paura. Un posto di lavoro oggi non si trova facilmente, va sempre preservato anche con il silenzio, o con risate accondiscendenti.

Una scena disgustosa di ieri e di oggi, un cocktail di indifferenza, machismo e servilismoFine del primo tempo.

Inizia il secondo tempo, il tempo delle reazioni politiche. Ma il secondo tempo è uguale al primo, anzi peggio.

L’indifferenza della gente del PDL per questo episodio o, peggio ancora, la difesa ad oltranza del capo dominano la scena.

Nessuna vergogna sfiora le “pasionarie” quando difendono l’indifendibile, quando si arrampicano sugli specchi, quando chiamano gioco un sopruso, quando infieriscono sulla ragazza, trasformando l’imbarazzo in complicità, la vittima in carnefice di se stessa. 

Dove sono quelle donne del PDL che fino ad ieri hanno rivendicato la difesa delle donne contro il maschilismo? Non si sentono offese? Perché non alzano la voce, perché non si fanno sentire? Perché non protestano? Perché non chiedono al capo di scusarsi, con quella ragazza oggetto di domande cosi volgari?

E che cosa le induce al silenzio o alla difesa del capo? L'insensibilità, l’ignoranza, oppure qualcosa di imperscrutabile, conosciuto solo nei circoli del PDL?

Ritorna la condivisione e la paura. La paura per la carriera politica, che sfida tutto e tutti, anche le reazioni dell’opinione pubblica internazionale, scossa da un moto di indignazione, di rabbia e di scherno.

Eppure alcuni aspetti fondamentali riguardanti il rispetto della donna sono consolidati e accettati da secoli dal mondo civile. E allora non si capisce perché nel caso Bruno, come in casi precedenti, si continua ad ignorare che :

1) non esiste un femminismo a targhe alterne, il femminismo vale contro tutti, anche contro il capo;

2) niente e nessuno, neppure la campagna elettorale e l’aderenza ad un partito, autorizzano a tacere sulle sconcezze del capo;

3) affermazioni come quelle pronunciate alla Green Power sono sempre gravi, ma diventano violente quando provengono da un potente, intollerabili quando provengono da un candidato alla presidenza del Consiglio.

Chissà se questi pensieri frullavano nella mente della signora Carfagna, quando a Ballarò pretendeva le scuse per le battute da osterie di Marcorè, e non le chiedeva per la Bruni, per le sconcezze del capo.

Ma al di là di questi aspetti del femminismo, è certo che di fonte ad episodi come questi non si può gettare la palla in calcio d’angolo, occorre prendere posizioni chiare. Non ci sono vie di mezzo, certe espressioni o si condividono, o si condannano.

E la condanna non può essere solo verbale. Se le donne del PDL restano nel partito e continuano a votare Berlusconi, allora vuol dire che condividono la cultura antifemminista del Cavaliere. E se la condividono se ne devono assumere la responsabilità, e lo devono dire ad alta voce, senza vergogna.

Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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