Recovery Found: è scontro tra Parlamento europeo e governi nazionali
Si prevede uno scontro dai toni accesi, tra governanti nazionali e Parlamento europeo sull'accordo per il recovery fund.
E’ stata durissima la risoluzione del Parlamento europeo contro questo accordo, per la prevalenza degli interessi nazionali rispetto a quelli comunitari, per l’esautorazione del Parlamento europeo nella gestione dei fondi, per i tagli alla ricerca, per gli sconti sui contributi comunitari ai ricchi, per la posizione morbida contro le violazioni dello stato di diritto di Orban.
Nemmeno la pandemia è riuscita a scalfire l’impianto liberista e nazionalistico dell’Unione europea, a dargli un'impronta più comunitaria più solidale,ad avviare la costruzione dell’Europa politica. Eppure c'erano tutte le premesse, ma sono state buttate nella spazzatura.
C'era una proposta della Commissione condivisa dal Parlamento, che prevedeva un buon ammontare di eurobond anche se insufficiente rispetto alla catastrofe economica e finanziaria causata dall'epidemia, una cifra adeguata per i paesi più colpiti dalla pandemia come l’Italia, il potere impositivo dell’Unione, il potere di promuovere iniziative comuni con obiettivi comuni, prevalenti sugli interessi contabili dei singoli Stati.
Bastava dire sì a questa proposta per dare autrevolezza al Parlamento e alla commissione, per fare politica industriale, politica fiscale e politica estera europea Ma i governanti europei hanno detto no, hanno tergiversato l'hanno modificata fino a renderla irriconoscibile, diversa e contraria rispetto quella originaria.
Hanno esautorato il Parlamento affidando la “governance” dei fondi e il controllo delle risorse ai governi nazionali. Hanno travolto lo stato di diritto, il principio per cui il paese che non ha una costituzione democratica non può stare in una europa democratica, con uno scambio tra soldi e rispetto dei i diritti fondamentali della democrazia.
Hanno sacrificato i programmi congiunti europei con tagli ai fondi a ricerca, Erasmus, digitale, immigrazione, clima. E per scontare i contributi dei frugali (rebates), in piena pandemia, hanno tagliato i fondi per la sanità, compromesso il futuro dei giovani con tagli all'istruzione, pregiudicato la qualità della vita non prevedendo niente per il clima.
Hanno buttato nel cestino il potere impositivo dell’Unione e con esso il potere di tassare i giganti del web, i prodotti di industrie inquinanti esportati nel continente da paesi extra Ue. E così è andata in frantumi la proposta più innovativa, che gettava le basi per fondare una politica fiscale comune ma anche una politica estera comune.
La web tax contro le multinazionali digitali della Silicon Valley, le tasse sui prodotti di industrie inquinanti importati in Europa non sono solo misure fiscali, ma linee di politica estera verso gli USA e la Cina.
E alla fine dopo questo accordo cos’è rimasto?
E' rimasta un'Europa fondata sul principio della concorrenza e non della solidarietà, con un impianto sovranista confederale che affida la governance europea ai singoli stati e non alle istituzioni transnazionali, che accoglie ed aiuta i paradisi fiscali, mercifica lo stato di diritto esautora il Parlamento.
E così una proposta rivolta all'Europa del futuro alle generazioni future è diventato un accordo rivolto al passato.
Foto di TheAndrasBarta da Pixabay
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