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 Home page > Tribuna Libera > Il vento non cambia mai

Il vento non cambia mai

Chi pensava che le vittorie di Milano, Napoli e dei Referendum fossero l’inizio di un profondo ripensamento di tutti i partiti, eccolo servito: si offrono salvagente al Cavaliere in coma, si è disponibili a leggi che limitano le intercettazioni telefoniche, si continua nel minuetto delle alleanze, la gente non conosce né il programma della opposizione, né da quali partiti sarebbe costituito un eventuale nuovo governo.

L’unica verità che dice B. è che lui è insostituibile perché l’opposizione è divisa e non ha un leader.

Qualche giorno fa, un solo personaggio di un certo peso, Marco Travaglio, ha detto una cosa chiara, non da giornalista, ma da leader politico, in prima pagina su “Il Fatto Quotidiano” che recitava così: “grazie grandi partiti per averci convinti definitivamente che dobbiamo fare da soli”.

“Voce dal sen fuggita”? Forse. Ma una persona seria come Travaglio intuisce la crisi della casta partitocratica, sa che essa ha perduto il contatto con la realtà. Le vittorie elettorali sono state ottenute dall’iniziativa e dall’impegno di centinaia di comitati di cittadini, organizzati autonomamente, senza soldi, appoggiati dal tam tam della Rete, spinti da un malcontento diffuso che vede i giovani nella precarietà e disoccupazione, senza un futuro, dentro una crisi economica strutturale determinata dalla globalizzazione.

Come può esserci una ripresa economica e quindi più posti di lavoro, se migliaia di aziende delocalizzano all’estero dove la manodopera costa di meno, e se migliaia di aziende chiudono perché i loro segmenti di mercato sono stati conquistati dai paesi emergenti?

L’assenza di futuro, il malessere giovanile, la natura della crisi, oggi hanno bisogno di analisi nuove, di risposte vere, all’altezza della gravità della situazione e nessun partito della attuale opposizione si è preoccupato di aprire gli occhi agli italiani, anche se è suicidio pensare che i problemi e la crisi si risolveranno come in passato.

La questione di questi giorni la crisi della Fincantieri è semplice: la Cina e la Corea del Sud fabbricano navi più economiche, più in fretta e hanno sottratto le commesse ai cantieri navali italiani.

Se qui non c’è una mano pubblica, politica, che interviene sull’economia e, nel caso specifico finanzia le autostrade del mare, con navi veloci che vanno da Palermo a Genova, da Bari a Venezia, con modernissime navi veloci per trasporto merci, con l’obiettivo di svuotare le autostrade e rendere inutile il ponte sullo Stretto, la Fincantieri chiuderà.

Abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente, in grado di progettare una strategia di autosufficienza energetica, con le rinnovabili (eolico, solare, biogas, geotermia) con un piano energetico che vada dalla progettazione alla costruzione, alla installazione di queste nuove tecnologie nei prossimi 30 anni, senza mega-impianti, ma per rendere ogni attività industriale, artigiana, contadina, autosufficiente energeticamente, come anche tutte le abitazioni.

Ciò significa non lasciare un piano energetico in mano agli speculatori, ma con una salda guida pubblica.

Se, invece, dei nostri politici di oggi, incapaci, avidi, malavitosi, avessimo dei bravi amministratori, la questione dei rifiuti avrebbe una risposta seria, con un piano nazionale, per cui ogni comune di una certa dimensione deve possedere impianti che trasformano la frazione umida in biogas, e le frazioni differenziate affidate ai Consorzi privati del riciclo,trasformando i rifiuti da problema a vantaggio economico.

Quanto all’agricoltura, oggi in Italia produciamo solo il 30% del nostro fabbisogno alimentare e una qualunque crisi petrolifera o del trasporto su gomma in pochi giorni ci porterebbe alla fame.

Un piano nazionale e regionale che preveda la nostra autosufficienza alimentare dovrebbe essere la prima preoccupazione di chi vuole incidere sulla crisi e garantire almeno un futuro di sopravvivenza, con una incentivazione al trasferimento in campagna di migliaia di giovani debitamente aiutati.

Ci serve con urgenza una classe politica totalmente rinnovata che si occupi con capacità ed onestà dei problemi veri del paese e sappia trovare le soluzioni.

Questa nuova classe dirigente può essere messa insieme da un programma politico-economico che sappia comprendere la natura della crisi e fissi i punti più importanti per uscirne definitivamente.

Tutti coloro che hanno delle idee in proposito possono metterle in Rete e vediamo se si può arrivare ad un risultato.

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli (---.---.---.53) 27 giugno 2011 15:15

    Bisogna però vedere che iniziative si possono davvero intraprendere alla luce o in relazione ai trattati internazionali. Per intenderci che cosa può fare la nazione , le regioni , i comuni, senza dover per forza rispondere alla comunità internazionale. Nel nostro caso , Sardegna, è sufficiente vedere che cosa ha fatto la regione per "abbassare i costi di trasporto marittimo", per cercare di salvare la stagione turistica o per non farla affondare del tutto. E in progetto c’è di mantenere il collegamento con le due navi "regionali" e di collaborare con Meridiana, altra azienda in crisi, per effettuare dei collegamenti aerei a basso costo. Per i posti di lavoro, tanto spesso richiamati nei discorsi dei politici, mi pare che non sia mai sottolineato che devono permettere una vita dignitosa e non costringere le persone a rifornirsi nei discount o negli ipermercati che spesso sono in mano di multinazionali estere: ricordando i servizi di report (salvo errore) sui mercati ortofrutticoli e il viaggio di frutta e verdura, non posso che essere d’accordo con Paolo De Gregorio. Ci tengo a sottolineare però che non possiamo andare tutti quanti a comprare dai contadini nè criminalizzare i grossisti o i fruttivendoli accusandoli di tenere i prezzi alti. E se è facile, o almeno così sembra, quantificare il guadagno di un fruttivendolo loè assai meno quello di una visita medica, di una consulenza fiscale, di un’otturazione : volendo anche in questi ultimi casi si potrebbe fare il calcolo: peccato che i servizi nei tg siano sempre dalla parte delle categorie professionali in questione e ci sconsiglino, nella pratica, di rivolgerci a uno studio dentistico estero o di farci tutelare da uno studio legale oltre i confini (non so se sia già possibile questo).

  • Di pv21 (---.---.---.96) 27 giugno 2011 20:00

    Masquerade >

    Enfatizzare il “rigore” di Tremonti può servire solo a smorzare gli “appetiti” della speculazione internazionale.

    Tremonti è Ministro di Economia e Finanze da ben 3 anni.
    Con la crisi la sua “creatività” ha partorito prima lo “scudo” fiscale, poi il condono delle case “fantasma” e poi le “ganasce” di Equitalia.
    Sono sue le sentenze del tipo “sono i numeri a dettare la politica” oppure “tenere i conti in ordine non è ragioneria”.
    Sua è stata la politica dei tagli “lineari”.

    Dal 2008 il nostro Debito pubblico è aumentato di quasi 290 miliardi. Il tasso di crescita della nostra economia non arriva a metà della media europea. La Borsa sta oscillando sui valori del 2009. Ancora nel 2010 l’evasione fiscale è salita dell’11%.
    Dopo i 24 miliardi di tagli decisi nel 2010 vedremo “aggiustamenti” da 3-5 mld e la Bce insiste per un’ulteriore “cura” da almeno 40 miliardi.

    Tremonti ci chiede di “trovargli 80 miliardi” per fare la “vera” riforma fiscale.
    Dove sono i risultati dei “tavoli di studio” sul fisco promessi per il 18 giugno?

    In gioco non c’è solo il riequilibrio di bilancio.
    Dove e come trovare le risorse è fare “equità sociale”.
    Dove e come tagliare è “dare il passo” all’economia.
    Non c’è più tempo per annunci e ‘performances’ da Dossier Arroganza

  • Di (---.---.---.224) 27 giugno 2011 20:56

    espresso.repubblica.it/dettaglio//2154694



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