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Il razzismo in Francia e il fenomeno Le Pen

Tra gli ultimi dossier arrivati sulla scrivania dell'ormai ex primo ministro francese Ayrault prima delle sue dimissioni c'è sicuramente quello commissionato da lui stesso a Christine Lazerges, presidente della Commissione Nazionale consultiva dei Diritti dell'Uomo (CNCDH). La richiesta era quella di uno studio sullo stato e l'evoluzione di razzismo, xenofobia o anitisemitismo ed i risultati sono stati pubblicati proprio all'indomani delle elezioni municipali.

In linea di massima la tendenza generale è quella che vede una banalizzazione e diffusione più comune del termine "razzista" al punto che i risultati del sondaggio dicono che il 9% dei francesi si autodefinisce "piuttosto razzista" ed mentre il 26% si sente "un po' razzista". Già la somma di questi due dati indica come il 35% della popolazione utilizzi per descrivere la propria opinione questo termine del tutto negativo.

Ma quali sono le categorie meno gradite ai cittadini transalpini? I primi ad avere una pessima fama sono i Rom in quanto, secondo più dell'80% degli intervistati, sfrutterebbero i bambini e vivrebbero grazie a furti ed atti illegali. Altra categoria fortemente malvista sono i musulmani: l'utilizzo del velo ad esempio viene visto come un grande problema per la vita sociale. Ragionando più in generale, il 63% dei francesi pensa che sia proprio l'integrazione degli immigrati a non funzionare.

A questi dati che riguardano l'opinione pubblica, tutti in crescita rispetto agli scorsi anni, corrisponde una parallela diminuzione degli atti e dei gesti di discriminazione razziale. Questo evidenzia come al razzismo, in calo, propugnato da frange di estrema destra o movimenti ultranazionalisti, si sta sostituendo un pregiudizio meno violento ma più subdolo che si diffonde e penetra a partire dal basso per i vari strati della società.

Nei giorni scorsi un quotidiano locale della regione della Borgogna, per approfondire l'argomento ha intervistato due ragazzi che frequentano un liceo, uno di origine africana, l'altro del sud est asiatico. In entrambi i casi l'esperienza di integrazione è stata positiva e, con più o meno difficoltà, c'è stata un'integrazione nel tessuto sociale stabilendo amicizie e relazioni. Nonostante questo però episodi di insulti o di prese in giro sono ancora abbastanza comuni e le vittime non possono che cercare di ignorarle.

Probabilmente questa tendenza xenofoba ha pesato anche nei risultati delle recenti elezioni municipali che hanno visto riscuotere un grande successo al Front National di Marine Le Pen. Sulla carta, va sottolineato, non si tratterebbe di un partito razzista: lo scorso dicembre, rispondendo ad una domanda durante una trasmissione televisiva, la Le Pen aveva assolutamente preso le distanze da ogni sorta di discriminazione razziale e minacciato la querela nei confronti di chi definiva in questi termini il suo partito. Ufficiamente il FN si esprime nei termini di "Priorité nationale": ad esempio nel caso dell'assegnazione di un posto di lavoro o di un aiuto statale si dovrebbe preferire, a parità di condizioni, un cittadino francese rispetto ad uno straniero. 

D'altra parte è vero che esponenti del partito si lasciano spesso andare a dichiarazioni o a gesti simili a quelli che in Italia vengono replicati dalla Lega Nord. Lo scorso 18 ottobre ad esempio è stata espulsa Anne-Sophie Leclère per aver caricato online una foto in cui paragonava il ministro della giustizia Christiane Taubira (che è di colore) ad una scimmia. Sicuramente non da meno il post datato aprile 2012 in cui il candidato FN Julien Dufour commentava una foto con una donna coperta dal niqab, il velo integrale, dicendo che gli ricordava un cane pechinese in quanto gli era impossibile distinguere il davanti dal dietro della signora.

 

 

Foto: Flickr (Quinet)

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