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Il paradosso insiemistico del barbiere di Russell e il paradosso di Cantor

  • Paradosso di Russell (1902) o del barbiere

L’antinomia può essere enunciata, informalmente, quanto segue:

“In un villaggio vi è un solo barbiere, un uomo ben sbarbato, che rade tutti e solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli. Chi rade il barbiere?”

  1. Se la risposta del paradosso fosse che il barbiere si radesse da solo verrebbe contraddetta la premessa secondo cui il barbiere rade solo gli uomini che non si radono da soli.
  2. Così se il barbiere non si radesse autonomamente, allora dovrebbe essere rasato dal barbiere, che però è lui stesso.

Sia per i casi 1. e 2. abbiamo quindi una contraddizione che nasce dal problema di dove vada incluso il barbiere. Per assurdo non possono esistere barbieri con le caratteristiche sopra citate.

Analogamente ed insiemisticamente possiamo identificare gli uomini che si radono da soli alla categoria degli insiemi che appartengono a se stessi e gli uomini che vengono rasati dal barbiere, non radendosi da soli, appartengono agli insiemi che non appartengono a se stessi.

Quindi,il barbiere è un insieme che appartiene a se stesso se e solo se non appartiene a se stesso.

Con più formalità:

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Il paradosso di Russell è la più notevole smentita al principio di comprensione per cui un insieme è identificato come l’estensione di una proprietà, con tale paradosso si mise in discussione l’insiemistica ingenua cantoriana e il sistema logico fregeano. Dall’assioma di comprensione comprendiamo che, dato un predicato, esiste un insieme formato dagli elementi che godono di tale predicato. Poiché gli insiemi possono avere altri insiemi come elementi, risulta concettualmente chiaro che alcuni insiemi possono essere elementi di se stessi.

“L’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso se e solo se non appartiene a se stesso.”

Supponendo che che qualunque sia la proprietà E(x), x:E(x) sia un insieme. Bertrand Russell considera precisamente la proprietà di un insieme di “non appartenere a se stesso”.

In questo caso definendo E(x) come x∉x anche R=x:x∉x sarebbe un insieme.

Quindi: x∈R ⇔ x∉x per ogni insieme x.

Essendo R un insieme possiamo effettuare la sostituzione R∈R ⇔ R∉R.

R∈R ⇔ R∉R viola il principio di non contraddizione stabilito dalla logica classica (un enunciato non può essere vero o falso in contemporanea, facendo banalmente un esempio non può piovere se e sole se non piove quindi R non può appartenere (∈) a R se e solo se non appartiene a se stesso ).

Si tratta di una conclusione evidentemente inaccettabile, che deriva da premesse evidentemente accettabili per mezzo di un ragionamento evidentemente accettabile.

Definizione di paradosso secondo Mark Sainsbury.

  • Paradosso di Cantor

Facendo riferimento al paradosso di Russell, il paradosso di Cantor conclude enunciando quanto segue: “Non vi è un universo insiemistico come insieme”, ovvero non vi è un insieme I che ha come elementi tutti gli insiemi.

Se tale insieme I esistesse, allora R=x∈I: x∉x sarebbe ben definito. Ciò è impossibile per non contraddizione.

Da questo possiamo capire che “per ogni insieme S esiste un sottoinsieme S’ tale che S’∉S”.

Infatti se avessimo S’=x∈S: x∉x come insieme allora y∈S’ ⇔ y∉y . Per dimostrare S’∉S escludiamo S’∈ S.

Allora se, per assurdo S’∈S, S’∈S’ ⇔ S’∉S’ : non possibile per non contraddizione.

(Cantor e la matematica del paradiso – Il Sole 24 Ore)

Il paradosso di Russell, che mise in crisi la matematica e il sistema logico dell’epoca, portò dalla teoria ingenua degli insiemi cantoriana alla definizione assiomatica degli insiemi come la teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel.

Il paradosso di Russell portò anche alla scrittura dei teoremi di incompletezza di Gödel; il primo afferma che esistono delle proprietà vere, ma non dimostrabili, mentre il secondo afferma che nessun sistema, che sia abbastanza espressivo e coerente da contenere l’aritmetica, può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa coerenza. Concludiamo, quindi, che non è possibile dimostrare che l’aritmetica di Peano (per gli assiomi di Peano si veda Dimostrazioni ed il principio di induzione Una costruzione dei Numeri Naturali e dei Reali) non generi contraddizioni e che sia dimostrabile,vale a dire che in ogni formalizzazione coerente della matematica che sia sufficientemente potente da poter assiomatizzare la teoria elementare dei numeri naturali è possibile costruire una proposizione sintatticamente corretta che non può essere né dimostrata né confutata all’interno dello stesso sistema.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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