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 Home page > Tribuna Libera > Il decreto anticrisi travolge tutto: diritti, festività e referendum

Il decreto anticrisi travolge tutto: diritti, festività e referendum

Lo sapevo che con la storia della crisi ci andavano di mezzo i lavoratori ed i loro diritti! 

"Licenziamenti più facili" sospirano ambiguamente voci di Governo, che puntano a mettere in discussione l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, sogno proibito del Presidente del Consiglio. 

Anziché rafforzare ammortizzatori sociali, cassa integrazione, mobilità, creare reti e strutture per un più efficace ricambio e reinserimento, si vorrebbero svendere e depotenziare i diritti faticosamente acquisiti nel corso degli anni. 

La crisi è una scusa perfetta per raggiungere l'obiettivo, e ridurre, ancora di più, i lavoratori ad una merce sottomessa, silenziosa, anonima e senza diritti. 

Pochi giorni fa era stato il Ministro Tremonti a rispolverare l'idea di abolire il 25 aprile ed il 1° maggio per contribuire a risanare i conti dello Stato. 

Non siamo ancora a questo punto, ma nel decreto anticrisi messo a punto dal Governo c'è anche una norma che prevede lo spostamento delle festività non religiose (le due citate più il 2 giugno) alla domenica più vicina. 

Ammesso e non concesso che una mossa del genere possa effettivamente servire (se sono tre giorni di lavoro a sbilanciare i conti, direi che siamo messi male, ndr), sono del parere che le prime feste a cadere dovrebbero essere invece proprio quelle religiose, a partire dal 6 gennaio, proseguendo col 15 agosto (ricordo che Ferragosto è in realtà la festa per l'Assunzione di Maria Vergine, ndr), con l'8 dicembre, e via a salire in caso di bisogno. (Lo so lo so che una cosa del genere richiederebbe la revisione del Concordato e che aprirebbe una fase di estenuanti trattative col Vaticano... ma per abolirlo basta la volontà di una sola delle parti, no?) 

L'Italia è (o almeno dovrebbe essere) uno Stato Laico, e se proprio dobbiamo sbarazzarci di qualche giorno di riposo, preferisco si tratti di uno di quei lacciuoli culturali che ancora ci legano ad un vago e fumoso percorso religioso. 

Mi permetto inoltre di rilanciare, e chiedere il ripristino della ricorrenza del 20 settembre, anniversario della Breccia di Porta Pia e Festa dell'Unità d'Italia, abolita dal Fascismo. 

Ricordate il referendum svoltosi il 12 e 13 giugno per non privatizzare l'acqua?All'articolo 4 del decretone anticrisi si riscrive la legge abrogata dal 1° quesito della consultazione di quest'anno.

Sotto un fumoso titolo istituzionale, "Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell’unione europea", si reintroducono alcune norme contenute nell'art. 23 bis del dl convertito nella legge n.133 del 6 agosto 2008. Proprio quell’articolo 23 bis che era stato abrogato dal Referendum 2011.

Con la manovra quindi si reintroducono le liberalizzazioni nelle attività economiche, esattamente com'era previsto nell'articolo abrogato, compatibilmente con "le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio". In nome dell'urgenza e dell'emergenza si schiaccia la volontà popolare espressa dagli italiani a primavera.

Le reazioni? Bersani, il cui partito ha cavalcato in maniera insolente il risultato raggiunto, non ha quasi detto nulla in merito, se non, parlando della contromanovra, che "Il Pd è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali".

Più decisa (e ci vuole poco) la reazione dell’Assessore ai Beni comuni e alla democrazia partecipata di Napoli Alberto Lucarelli; in una lettera-appello firmata, fra gli altri, da Ugo Mattei, Gabriele Polo, Alex Zanotelli e Giorgio Airaudo, ha dichiarato:

"La manovra finanziaria calpesta la Costituzione e in particolare il principio della sovranità popolare, disattendendo l’esito referendario. Si reintroduce, a parte l’acqua, il processo neo liberista e di mercificazione dei servizi pubblici e dei beni comuni, strumentalizzando una contingenza economica difficile per il Paese. Si sovverte la gerarchia delle fonti introducendo, con un decreto legge, una silente riforma costituzionale che devasta i principi dell’attuale costituzione economica, in particolare gli articoli 41, 42 e 43 che limitano l’iniziativa economica dei privati al rispetto dell’utilità sociale, della dignità dei lavoratori, della funzione sociale della proprietà, oltre che il principio di gestione pubblica partecipata dei servizi pubblici essenziali. La città di Napoli è in controtendenza rispetto a questa deriva e si propone come città simbolo della tutela dei beni comuni e della democrazia partecipata".

Un'altra forzatura, con cui l'arroganza del Governo travolge una decisione della tanto invocata volontà popolare, che, come qui, approfitta della crisi per distruggere diritti e solidarietà sociale.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.245) 24 agosto 2011 19:37

    Mirabilis >

    Era il 9 giugno quando Berlusconi dichiarava che “l’attività del governo ha del miracoloso” tanto da meritare “un monumento”. Prima dell’estate, aggiungeva, avrebbe fatto una “manutenzione” del bilancio da appena 3 miliardi. Per arrivare al pareggio entro il 2014, concludeva, bastava “un intervento inferiore a 1 punto del Pil”.

    Poi, il 15 luglio, il Parlamento approvava “di gran corsa” una manovra da circa 70 miliardi. Ora, incalzato da Trichet, Merkel e Sarkozy, il Premier deve trovare altri 45 miliardi per pareggiare il bilancio nel 2013.

    Da luglio le Borse Europee sono sotto attacco della speculazione internazionale. Francoforte e Londra hanno subito cali del 15-18%. Piazza Affari è regredita del doppio (30%) in linea con il tasso di crescita che è la metà della media europea.
    Nel 2013 il paese sarà “più forte e più libero” (parola del Premier) con una pressione fiscale del 45%?

    Per governare non basta l’avallo di una casta di Primi Super Cives

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