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Per una Buona Scuola non basteranno le Intenzioni - Parte 1

Cominciamo l'analisi del documento "La Buona Scuola" presentato dal tandem Renzi-Giannini come idea di riforma del sistema educativo e formativo. In questa prima parte ci occuperemo di reclutamento, formazione e carriera dei docenti.

Ennesimo riflusso della malattia renziana, l'Annuncite, oppure qualcosa di serio per ridare speranza a una delle istituzioni più zoppe e affossate della nostra Repubblica?

A oggi non è dato saperlo: il documento governativo La Buona Scuola giace lì, nel portale allestito allo scopo in tutta fretta, Buonascuola.gov.it (avete notato che per ogni esalazione di alito del premier si crea un portale, ultimamente?), e non è un testo di legge, non è una bozza di Decreto Ministeriale, non è nulla attualmente, se non un nucleo di idee e intenzioni.

Si è aperta una consultazione pubblica, ma è nata malissimo. Innanzitutto, il portale sarà aperto un mese solo ai commenti e ai suggerimenti, dal 15 ottobre al 15 novembre, mentre in Francia il progetto di riforma del governo ha lasciato aperte per un anno le sue porte alle riflessioni dei cittadini.

Ma quel che è peggio è che Renzie il demagogo, Renzie l’illusionista, Renzie il populista ha creato un portale all’istante dove chiunque può lasciare il suo commento sul tema, dimenticando che in una democrazia le consultazioni del governo andrebbero fatte rispettando i luoghi istituzionali dedicati.

E questi luoghi, nel caso specifico, dovevano essere anzitutto le scuole, con i Collegi Docenti, le assemblee del personale e i Consigli di Istituto. E Poi le Consulte provinciali degli Studenti, e poi gli uffici scolastici provinciali e regionali. Gli organi collegiali, insomma, che esistono dal 1974 e sono tuttora in vigore, e gli uffici scolastici territoriali, e infine le Consulte che come dice il nome servono proprio a essere consultate.

Niente di tutto questo. Il governo non ascolta gli organi istituzionali, ascolta solo i cittadini singoli in modalità virtuale, a matassa. E poi, cosa ancora più grave, sono state trascurate, volutamente, le associazioni di categoria: le cinque sigle sindacali firmatarie del Contratto Nazionale Scuola, CGIL, CISL, Gilda, Snals, e UIL, e poi le associazioni dei presidi (ANP, CONFEDIR) e dei segretari amministrativi (ANQUAP). Nulla, anche da questa parte. Si sa, il Matteo nazionale soffre dei confronti nei luoghi istituzionali, lui preferisce cinguettare col popolo.

E dunque, si comincia col piede sbagliato. Ma per non essere demagoghi al contrario, vediamo se almeno nelle proposte del governo c'è qualcosa di interessante. E qui arriva la sorpresa: spulciando non tanto i 12 punti presentati attraverso rapidi slogan, ma le paginette di documento di accompagnamento di ognuno di essi, viene fuori che le idee e le intenzioni sono positive, diciamo all'80 per cento, e per giunta sembrano scritte da chi ne capisce, da chi nella scuola ci sta dentro.

Una volta tanto, la scuola non appare come un antipatico e inutile costo per l’erario pubblico, ma come quella che è in ogni paese democratico, una risorsa per il futuro dell’intera comunità nazionale.
Il documento, nel suo complesso, ha già il pregio di riportare in qualche modo al centro dell’interesse politico e mediatico una delle istituzioni più strategiche di un paese. 

Sinistra d’Azione si limiterà a un commento politico in tre puntate su alcuni punti fondamentali, di interesse non solo per gli addetti ai lavori ma per tutti, i lavoratori della scuola così come gli utenti, studenti e famiglie, che, ricordiamolo, nel loro insieme sono milioni di persone, giovani soprattutto.

Il primo dei 12 punti sembra cominciare bene: si parla del problema del reclutamento.
Stabilire chi debba insegnare, e come deve arrivare a essere insegnante, è infatti il primo e principale cardine della qualità del sistema scuola. Nel caso italiano, si tratta anche di risolvere un’emergenza pluridecennale: quella del precariato.

Il documento fa un’analisi corretta, precisa, delle cause del precariato della scuola (troppi e diversi canali di abilitazione, SISS, TFA, PAS, corsi riservati, bandi speciali, e troppi concorsi che hanno dato titoli abilitanti senza avere sufficienti posti per smaltire i vincitori) oggigiorno rappresentato dalle famigerate GAE (graduatorie permanenti) e dalle GAI, graduatorie di istituto, vero rifugio peccatorum di chi spera ogni anno di lavorare da qualche parte e intanto stipa anni e anni di anzianità di servizio senza essere nemmeno mai assunto.

E fa una proposta, semplice e banale: assumerli tutti. Calcola 148.100 precari nella scuola, e prevede di assorbirli tutti attraverso un’immissione di massa nel 2015 dalle GAE e poi un concorso per il successivo triennio, per spazzare via tutto il precariato arretrato e irreggimentare nuovi docenti abilitati.
Poiché i conti sono precisi (una volta tanto tabelle chiare ma anche realistiche, non numeri a caso), e l’intenzione è ottima, dove sta la fregatura? La fregatura c’è, ma per fortuna non ha grosse conseguenze.

Il fatto è che l’assunzione di massa dei precari non è un magnanimo gesto del governo, ma la risposta obbligata a una causa che sta per sciogliersi alla corte europea, condannando lo stato italiano ancora una volta inadempiente. Renzie insomma ha trasformato un mega-rimprovero in una sua proposta rivoluzionaria: solo lui è capace di fare tanto, nemmeno a Berlusconi veniva in mente di essere così sfacciato.

Ma, si diceva, poco importa: qualunque sia la ragione recondita, l'importante è che sia fatto.
Di questo piano di assunzione, infatti, non c'è proprio da criticare niente. Se viene fatto, è il più grande cambiamento per la scuola italiana repubblicana dalla sua nascita: migliaia di precari regolarizzati, migliaia di docenti mediamente giovani nelle scuole, copertura totale anche delle ore di supplenza e dunque fine dei buchi di lezione, delle classi senza sorveglianza, della ferita costante all’offerta formativa.
Risolta l’emergenza, alla pagina 1.8 il governo pensa anche a come reclutare i futuri insegnanti. Anche qui, tutto apparentemente (anche troppo) positivo: si esce dai frammentari e confusionari sistemi precedenti (SISS, TFA; PAS, concorso abilitante) e se ne stabilizza uno solo, quello della laurea abilitante, 3 anni più due specialistici per l'insegnamento e la didattica, con la conclusione di un tirocinio per 6 mesi nella scuola. E con la possibilità per le scuole di rimandare a settembre gli insegnanti che alla fine di questo percorso non convincono, facendo rifare loro il tirocinio presso altra scuola se non sono andati bene con la prima.

Beh, anche se l’impianto è ben centrato, qui qualcosa da dire va detto.
Se è un bene che degli almeno quattro percorsi precedenti si riduce il tutto a uno solo, e se è un bene che sia chiaro, logico, ragionato, dando a chi lo desidera una laurea che è direttamente abilitante all’insegnamento (senza che si debbano pagare scuole di specializzazioni, profumate preparazioni di concorsi a enti o privati, ecc.) attraverso un tirocinio diretto nelle scuole, è anche vero che il percorso ha una falla di sistema. Perché la formazione deve essere affidata interamente alle università? Perché il mondo degli attori della scuola (presidi, insegnanti) non può formare le nuove leve, come avviene in ogni professione? Perché gli avvocati formano e abilitano gli avvocati, i periti formano e abilitano i periti, e gli insegnanti non possono fare lo stesso con i loro colleghi giovani?

Perché nel percorso 3+2 di formazione all'insegnamento non mandiamo gli insegnanti esperti ad insegnare ai loro colleghi, piuttosto che professori universitari che sono lontani anni luce dai banchi di scuola reali? Perché non dare ai tirocinanti il valido supporto dell’esperienza dei colleghi anziani, e non dare a questi ultimi un canale di avanzamento professionale e di carriera di cui si lamenta tutti i giorni la mancanza nella scuola? Perché le scuole devono avere il pacchetto già chiuso, a formazione completata, senza potervi incidere durante, dicendo la loro su come si forma un insegnante che poi dovranno avere nelle loro classi? Le SiSS da questo punto di vista erano meglio pensate, perché a insegnare in queste scuole di specializzazione erano insegnanti di scuola o presidi, gente del campo insomma.

Oltre a reclutamento e formazione, l’altro elemento cardine del progetto è il merito.
Si vuole introdurre il merito nella carriera degli insegnanti. E qui, l’apriti cielo dei sindacati, impegnati quantomai nella scuola a tutelare categorie vecchissime incapaci di vedere che il mondo è cambiato. Sinistra d’Azione è una sinistra nuova, aperta al cambiamento e al mondo attuale. Sinistra d’Azione è a favore del merito, e della differenziazione delle carriere.

Si dice che gli insegnanti siano contrari al merito: non è vero. Lo sono solo quelli che hanno paura di essere valutati, e che non hanno molta voglia di fare. Andate in una qualunque scuola, e troverete insegnanti che si lamentano, giustamente, dei colleghi che fanno poco mentre loro si spaccano le ossa, per arrivare a fine mese all’esatta parità di stipendio. Dunque, bene che se ne parli, e bene da parte del governo che si pensi a introdurlo, finalmente. Per dare giustizia a chi da sempre lavora bene.

Ma come? La soluzione pensata è quella di sostituire gli scatti di anzianità, basati sull’età, con gli “scatti di competenza”, una formula che solo nel nome fa ridere. Come si misurano, quando scattano? E’ pura utopia che si riesca a stabilirlo. Questa formula magica del documento in realtà vuole nascondere la solita intenzione: far risparmiare allo stato soldi ai danni dei lavoratori.

Si vuole insomma eliminare la progressione di carriera, che già è bloccata nella scuola dal 2009 (ed è bloccata per decreto, in barba ai contratti nazionali e alle regole democratiche) sostituendola con una finzione che porterebbe i docenti agli scatti ogni tre anni, come è già adesso, con la differenza che varrebbe solo per il 66 per cento dei docenti. Con un bel risparmio per l’amministrazione del 33 per cento, dunque.

Non è questo il modo per ragionare di merito: ci vogliono criteri certi, risorse certe, e carriere differenziate in modo preciso. Sinistra d’Azione propone: tre livelli professionali di docenti (in ingresso, esperto, e tutor) e un riconoscimento professionale ed economico per chi fa altre cose oltre a stare in aula: per quella marea di volontari che salvano la scuola, come i vicari, i responsabili di dipartimento, le funzioni strumentali, i coordinatori di classe. Questi sono i docenti da premiare per merito, perché questi sono quelli che si specializzano in competenze ulteriori, a volte anche molto alte, come nel caso dei vicari. Bisogna introdurre dei canali di accesso standardizzati, trasparenti e oggettivi a questi ruoli, bisogna stimolare con adeguati riconoscimenti i docenti a entrare in questi ruoli e fare di più per la scuola. Bisogna stimolare il lavoro in collegialità, fuori dall’aula, oltre che dentro. 

Perché che la scuola sia buona solo grazie a buone spiegazioni è un’illusione deamicisiana. 
I buoni docenti fanno la buona scuola: e i buoni docenti sono professionisti seri che aspettano solo di essere riconosciuti dal paese.

Foto: Luca Rossato, Flikr

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