La fotografia del lavoro in Italia fatta dall’Ocse
La mattina del 3 settembre l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (Ocse) ha presentato a Parigi il rapporto "Employment Outlook 2014", un documento sulla situazione del mercato del lavoro in Europa.
Girovagando in rete, molti giornali "scandalistici" riassumono il tutto - appositamente per aizzare l'opinione pubblica e conquistare qualche click in più - con un "L'Ocse chiede di abolire l'Art.18". E non è esattamente così: prima di tutto, il rapporto è ben più articolato e solleva questioni ben più complesse, e comunque non si consiglia di abolire l'articolo 18 nella sua interezza, ma di riformare la parte sui licenziamenti economici.
Come se le aziende non assumessero per via dell'articolo 18... Anche il Ministro dell'Interno Alfano era tornato alla carica, con una ricorrente proposta sbagliata contro la disoccupazione. Quando poi il segretario della CISL Bonanni fa notare che ormai le aziende assumono solo come autonomi o con finte partite IVA, qualcuno si sveglia e dice "allora aboliamo quelle!". Non è ABOLIRE le cose, la soluzione, ma regolamentarle e normarle, punendo gli abusi e le inefficienze. Imprenditori persi in un mare di burocrazia, una giustizia al rallentatore, corporazioni professionali chiuse ed autoreferenziali, questi sono i nodi da sciogliere, altro che articolo 18!
"A seguito della 'Riforma Fornero' del 2012″ dice il rapporto "il mercato del lavoro italiano ha parzialmente ridotto la sua eccessiva dipendenza dai contratti atipici. Ma le imprese tendono ancora ad assumere lavoratori giovani e inesperti solo attraverso contratti a tempo determinato". Cosa significa questo? Che le aziende non investono più nel loro capitale umano, non formano i loro dipendenti e non contribuiscono alla crescita potenziale della qualità della manodopera.
Anche dure critiche al Decreto Poletti, nel documento Ocse: rispetto alla recente liberalizzazione dei contratti a tempo determinato, atto di cui Matteo Renzi già rivendica i "risultati verificabili", il commento dell'organizzazione è che "pur rispondendo al bisogno di aumentare rapidamente l’occupazione potrebbe condurre ad accrescere nuovamente il dualismo del mercato del lavoro". Il mondo dei lavoratori sempre più spaccato, tra un'élite ipergarantita (si fa per dire) ed un mercato degli schiavi cui manca solo la catena al piede.
Le condizioni dei lavoratori creano in essi disagio, insoddisfazione e stress. Sono sotto pressione per le retribuzioni basse, l'insicurezza del posto di lavoro (e NEL posto di lavoro), le poche risorse disponibili a fronte della complessità delle mansioni, e non sono preparati per esse: oltre il 70% dei lavoratori, riferisce il rapporto Ocse, svolge, infatti, una professione che non ha nulla a che vedere con quello che ha studiato.
E, aggiungo io, tutto questo deteriora la qualità del rapporto del lavoro, nel quale non si creerà mai quel clima di fiducia e rispetto reciproci tra datore e dipendente.
Foto: Palazzo Chigi, Flickr
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