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IPSE DIXIT: Domenico Iannacone su AgoraVox

Domenico Iannacone – reporter d’assalto per Raitre - è uno di quelli che sa fare il suo lavoro, uno che spacca il capello in quattro, che fa domande a raffica senza un attimo di respiro, che sa usare la telecamera e il microfono anche quando sembrano spenti. Uno che vuole risposte. Una su tutte: “Perché Castellammare del Golfo è arrivato al commissariamento?” e proprio su questa domanda ha basato tempo fa un bel servizio su Ballarò, con la collaborazione e l’aiuto del team di Gran Motel, rivista di satira di cui facevo parte. Ora lo abbiamo ricontattato all’interno della trasmissione Pandolfo a Colazione su Radio Alcamo Centrale e da lì ci siamo fatti raccontare che…

Salve Iannacone, con i suoi servizi al vetriolo Ballarò si era votato verso il giornalismo d’inchiesta. Come si è trovato a lavorare con lo staff di quella trasmissione?

Mi sono trovato benissimo. È un team dove si lavora in piena libertà e serenità. Due elementi essenziale per riuscire a fare tanto e bene. Da noi, su Raitre, non ho mai subìto censura e questo mi permette a volte di essere più incisivo di quanto dovrei. Così posso dare più attenzione all’unico obbiettivo valido per un giornalista: scoprire la verità.

 

Perché la trasmissione si chiama Ballarò? Sa che il Ballarò è un quartiere di Palermo dove c’è un mercato caratteristico, c’entra qualcosa?

Certo che c’entra. Il nome è proprio evocativo di “mercato”, un luogo dove si parla, ci si incontra e ci si confronta! Si dice che il nome sia stato scelto dalla moglie del direttore di rete Ruffini, che è siciliana.

 

Come nasce un suo servizio di inchiesta per Raitre, cosa la spinge a scegliere e a dire: “Mi occupo di questo invece che di quest’altro!”? Ci racconti la cronologia della costruzione di un servizio.

Ci sono due situazioni che si possono venire a creare per la scelta e la realizzazione di un servizio: uno è quello in cui sono gli autori che, in base al tema della puntata, danno un input su cui lavorare. L’altro è il contrario: nel caso in cui un servizio è molto importante, sarà proprio quello a creare il tema della puntata e di conseguenza tutti gli altri servizi.

 

Il servizio più difficile che ha fatto, magari dove le è capitato di pensare: “caspita qui non ne esco vivo!”?

Sicuramente quello legato alla malavita organizzata, allo spaccio e alla criminalità a Scampia. Lì nessuno è voluto andare a fare questo servizio, così ho preso l’iniziativa. Eravamo in due: io e l’operatore in pieno periodo di faide tra gruppi legati alla camorra. Mentre realizzavamo le interviste e le riprese c’erano più di cinquanta persone davanti a noi che si drogavano contemporaneamente.

 

Lei fa la tv, ma la guarda anche? Cosa le piace di questa tv?

Si, la guardo. Mi interessa perché fa parte del mio lavoro. Mi piace la tv di nicchia e le trasmissioni di denuncia. Non mi vanno giù i reality show, che mi irritano perché rappresentano un mondo che non c’è (il reality non è realtà).

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