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ILVA di Taranto, nuova tegola sul Governo

La questione dell'Ilva di Taranto è quel nuovo problema che, ipso facto, in piena estate va ad arricchire l'agenda del Governo già oberato da quelle manovre per la tenuta della nostra finanza pubblica, come noto, in condizioni difficili.

Il ricorso alla Consulta per quella decisione del GIP di chiudere lo stabilimento per gravi incompatibilità, sia per la salute pubblica, sia per l'ambiente, mette di nuovo in luce la vecchia contrapposizione tra i poteri dello Stato e quelli della Magistratura.

Tali poteri che dovrebbero essere ben distinti e separati, a volte come nel caso in questione, si accavallano in un incrocio di decisioni che spesso non sono univoche.

La questione vista al di fuori di qualunque potere decisionale, che possa essere dello Stato o della Magistratura, si ravvisa un'incompatibilità ambientale di uno stabilimento industriale anche se questo è uno dei più grandi ed importanti d'Europa. Violazioni del diritto alla salute e contemporaneamente alla tutela dell'ambiente, per evidente inquinamento al di fuori di quei canoni stabiliti, in questo caso andrebbe decisa la chiusura nel rispetto delle disposizioni di legge in attesa del ripristino di quei parametri stabiliti.

Una soluzione che in questo particolare momento di crisi economica, di stagnazione industriale, di disoccupazione crescente provocherebbe danni economici ai lavoratori, alle loro famiglie, al Governo stesso, ma comunque imprescindibile visti i danni dell'inquinamento fuori controllo di tale stabilimento.

Diciamolo francamente: se lo stabilimento fosse stato messo a norma negli anni con continui ammodernamenti e periodica manutenzione di tutte quelle tecnologie che minimizzano, almeno in parte, l'inquinamento nocivo alla salute e all'ambiente non si sarebbe arrivati a tanto. Da molti anni studi di esperti del settore indicano che la città di Taranto primeggia nella Nazione per determinati tipi di tumori.

La responsabilità di ciò che doveva essere fatto negli anni ora non può pesare su quei lavoratori, su quelle famiglie e su quell'indotto lavorativo di migliaia di persone che rimarrebbero senza lavoro. Spegnere tutta l'acciaieria sarebbe un disastro in un momento particolarmente disastroso. L'Italsider di Bagnoli a Napoli è storia.

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