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I tagli ai costi della politica, Zygmunt Bauman e il futuro della democrazia

"La sfida che ci attende è proprio questa; trovare delle ragioni per tornare a compiere appieno il nostro dovere e per esercitare a pieno titolo, e con perfetta coscienza, i nostri diritti, a cominciare da quello di voto".

Gli sprechi dei politici e della pubblica amministrazione che dai politici è stata creata, sono un’esperienza quotidiana per ogni cittadino, specie se risiede nelle zone centrali dei nostri capoluoghi e, se ho applaudito all’intenzione del governo di procedere velocemente ad un taglio dei costi della politica, non ho proprio capito perché i recenti “fatti che minano gravemente la fiducia e la reputazione del Paese”, nelle parole di Mario Monti, dovrebbero aver reso “l’opinione pubblica sgomenta”.

Piuttosto, vedendo come, nonostante “certi fatti” siano avvenuti per decenni, l’opinione pubblica di cui sopra, fattasi corpo elettorale, abbia continuato a votare imperterrita per i personaggi che di quei fatti sono stati protagonisti, o per altri della stessa identica risma, c’è da chiedersi quale sia lo stato di salute della nostra etica e del nostra morale. Più ancora, osservando la modestia di tanti capi politici del mondo occidentale, viene da interrogarsi sui limiti della democrazia in questo momento storico e, d’altro canto, da chiedersi se la nostra peculiare “crisi di cittadinanza” non sia solo la declinazione italiana di un fenomeno di proporzioni planetarie.

Un amico mi ha dato modo di leggere una recente intervista rilascia da Zygmunt Bauman, il sociologo che ha coniato l’espressione “società liquida”, per descrivere quella del mondo post-moderno.

“Riducendo gli scrupoli morali ed evitando di affrontare i problemi, siamo arrivati dove siamo arrivati”, ha detto il quasi novantenne Bauman, parlando dell’intero occidente. Una frase perfettamente applicabile alla situazione italiana, come si può fare buon uso, per comprendere quel che sta accadendo alla nostra società, della descrizione che Bauman fa, nelle sue opere, del crollo della morale moderna, fondata sui valori e le leggi universali delle ideologie storiche.

Il voto di scambio, come la fiducia data al tribuno della plebe che de-responsabilizza ed indica capri espiatori, sono così il risultato inevitabile di una non-società di monadi consumistiche; di narcisi senza altri valori che quello, omologante e consolatorio, del possesso di questo o quel gadget.

Un narcisismo, risultato delle crisi dei valori tradizionali, che non consente l’emergere di valori nuovi; che impedisce lo sviluppo di quella nuova morale auspicata da Bauman nei suoi ultimi lavori, originata da uno spontaneo donarsi all’altro; da una scelta assolutamente individuale, irrazionale eppure insita nella nostra natura, che diventa mattone fondante della società.

Non c’è altro al di fuori di sé, invece, per il narciso postmoderno, come non vi sono altri valori, per tanti nostri ex-cittadini, che quelli rappresentati dai propri minuti e più immediati interessi.

Ex cittadini che votano per i rappresentanti di una ex-politica, perché né nei primi né nei secondi rimane alcun interesse per il destino della “città” o della “polis”.

E’ questo stato di cose, non solo italiano ma che nel nostro paese è più evidente che altrove, a far pensare che la democrazia sia destinata a diventare, se già non lo è, un guscio vuoto; non lo strumento per la costruzione del futuro, ma un semplice meccanismo per la distribuzione di risorse.

La sfida che ci attende, mentre il potere reale pare destinato a passare dalle mani dalla politica, costretta ad operare entro ambiti comunque nazionali o sopranazionali, a quelle di ristrette élite capaci, con i movimenti dei propri capitali, di influenzare l’intero pianeta è proprio questa; trovare delle ragioni per tornare a compiere appieno il nostro dovere e per esercitare a pieno titolo, e con perfetta coscienza, i nostri diritti, a cominciare da quello di voto.

Una sfida a cui possiamo rispondere solo noi perché nessuno, e nessuna legge dello Stato, può far diventare vero cittadino chi sceglie d’esser plebeo o liberare chi, magari a bordo di un auto da 80.000 euro o con l’ultimo modello di telefonino tra le mani, preferisce esser servo.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.76) 6 ottobre 2012 19:09

    "... salute della nostra etica e della nostra morale" riduzione degli scrupoli morali, crollo della morale moderna, ...

    No caro Daniel, indagare sulla morale non ti porta da nessuna parte.

    Trovo singolare, e del tutto inutile, che bisogna imporre per legge la non candidatura di un sindaco che ha portato al fallimento la sua amministrazione. Imporlo per legge per impedire ai cosiddetti "cittadini" di rivotarlo.

    In un qualsiasi paesi civile europeo un sindaco che fa fallire il suo comune viene scacciato per sempre dalla politica, ma non in Italia.

    Perché questo avviene non si può spiegare con la religione cattolica, con il clima, con la morale ecc. ...ma si spiega con una estraneità delle masse popolari dal processo di avvento al potere della borghesia italiana come classe dirigente, questa estraneità che si è sempre riprodotta al cambio dei diversi regimi istituzionali è stata alimentata per 150 anni da un clientelismo scientificamente eretto a sistema di potere.

    Se guardiamo alla Sicilia ci rendiamo conto dei guasti profondi che genera un clientelismo sfrenato sul modo di rapportarsi al potere dei siciliani.

    Su Repubblica di oggi Francesco Merlo scrive che il più grande regalo che gli italiani possono fare ai siciliani è quello di abolire la regione a statuto speciale. L’autonomia siciliana è alla base della moltiplicazione di ogni forma clientelare che ha portato alla degenerazione assoluta del sistema democratico.

    Il problema però è che come non esiste alcuna forza politica realmente interessata a estirpare la corruzione dalla nostra vita politica, così non c’è alcun movimento o partito che voglia seriamente sradicare il clientelismo dalla nostra vita sociale e politica.

  • Di Daniel di Schuler (---.---.---.23) 7 ottobre 2012 13:23
    Daniel di Schuler

    E la morale di tanti di noi, che hanno venduto il proprio voto per questo o quel favore, non c’entra?

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