I cinquanta “coglioni” di Fukushima
Non ne conosciamo il numero esatto: possono essere cinquanta oppure sono solo quarantanove. Quel che sappiamo è che da giorni lottano per evitare che le sbarre di combustibile nucleare della centrale di Fukushima si surriscaldino facendo saltare tutto; e nessuno di loro si è messo in malattia o ha accampato un’altra scusa per andarsene via.
Non è difficile immaginare cosa fanno da giorni, magari senza andare a dormire. Sicuramente seguono sui monitor della strumentazione della centrale l’andamento dell’attività dei reattori nucleari, aprono e chiudono valvole dei circuiti di raffreddamento di acqua di mare, tagliano lamiere e saldano tubazioni, si fermano a pensare e poi riprendono a correre come matti, e così via.
A proposito: l’uso dell’acqua di mare come fluido di raffreddamento, spacciato dai media come antidoto eccezionale per affrontare l’emergenza a Fukushima, è invece quanto di più comune si possa pensare per gli impianti. Spesso e volentieri questi ultimi sono costruiti sul mare perché è via mare che si movimentano materie prime e prodotti derivati; è così possibile costruire prese di acqua di mare in grado di fornire con facilità enormi quantità di fluido, utilizzato nei circuiti di raffreddamento. A Fukushima, però, ne servirebbe troppa di acqua di mare, più di quella che stanno riuscendo ad utilizzare.
Quel che è certo è che questi cinquanta signori stanno anteponendo il bene comune al proprio interesse personale e che per loro le conseguenze dell’esposizione alle radiazioni difficilmente sarà senza conseguenze; esattamente come è accaduto ai pompieri ed alle squadre di emergenza intervenute a Cernobyl a suo tempo. Insomma, secondo un certo modo di pensare diffuso nel nostro Paese, sono dei “coglioni”.
Viene spontaneo il confronto con chi, invece, “coglione” non è e fa tutto per il proprio interesse personale e non per il bene comune; ed anche nel segreto dell’urna segue il “proprio particulare”, direbbe padre Dante, o, almeno, quello che pensano possa essere il loro particolare.
I cinquanta “coglioni” di Fukushima, invece, andrebbero d’accordo con Tommaso Moro, Santo per
Togliamoci il cappello dinanzi a loro.
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