Festa del Cinema di Roma, James Gray: “Il cinema italiano mi ha forgiato”
Il regista è a Roma per presentare il suo ultimo film, “Armageddon Time”. Nel film Anthony Hopkins, Anne Hathaway e Jeremy Strong
“Ero giovane e arrogante quando ho realizzato il mio primo film, subito dopo il successo di Quentin Tarantino, 'Pulp Fiction'”. Con queste parole ha esordito il regista e sceneggiatore James Gray all’incontro con il pubblico, organizzato nell’ambito della sezione “Absolute Beginners” della Festa del Cinema di Roma, dove importanti registi raccontano i loro inizi. Gray si riferiva al suo primo film, “Little Odessa” (1994), realizzato a soli 23 anni, riuscendo a mettere insieme un cast d’eccezione per un’opera prima: Tim Roth – che aveva già recitato nei primi due film di Tarantino, “Le iene” (1992) e “Pulp Fiction” (1994) - Vanessa Redgrave e Maximilian Schell, entrambi già celebri attori e premi Oscar. Nel corso dell’incontro, aperto proprio con una scena di “Little Odessa”, il regista ha ripercorso la sua carriera, raccontando la sua vita, il rapporto con la sua famiglia e le difficoltà che ha incontrato nell’instaurare, soprattutto agli inizi, un dialogo con gli attori, i quali – ha precisato Gray – “parlano una lingua diversa da quella del regista”. Dopo “Little Odessa” un periodo di sei anni prima di tornare a fare film. Nel 2000 esce “The Yards”, che conta anch’esso un cast eccezionale: Joaquin Phoenix, Charlize Theron, James Caan, Mark Wahlberg e Ellen Burstyn. “Non riuscivo a trovare il film giusto da realizzare – ha affermato Gray spiegando il motivo della lunga attesa – e non volevo realizzare un film solo per il gusto di fare un film”. Poi un passaggio su un suo film più recente, “Ad Astra” (2019), con Brad Pitt, Tommy Lee Jones e Donald Sutherland. Un film – ha ammesso Gray – che lo fa ancora soffrire, perché il prodotto finale non è stato quello che avrebbe voluto. “Ho scritto e diretto quel film – ha dichiarato il regista – che poi è stato completamente stravolto. Questa è Hollywood!”. Alla domanda sul cinema che lo ha influenzato, Gray ha risposto di aver amato il cinema italiano che va dalla metà degli anni '40 – nel secondo dopoguerra – alla fine degli anni ’70. In particolare, “Rocco e i suoi fratelli” (1960) di Luchino Visconti, ma anche Federico Fellini, Dino Risi, Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Lina Wertmüller, Francesco Rosi, la lista è infinita. Gray, che ha affermato di essere “ossessionato” dal cinema italiano di quegli anni e dalla sua capacità di combinare in modo straordinario il contesto storico, politico e sociale e storie personali e familiari. “L’onestà emotiva del cinema italiano e l’amore che traspare da quei film – ha dichiarato Gray – rappresenta per me lo zenit dell’arte”. Anche il cinema francese, particolarmente quello di Godard e di Truffaut, ha influenzato il regista, ma in misura inferiore rispetto a quello italiano. Non sono mancati nel corso dell’incontro riferimenti personali e familiari. “Il rapporto più importante della mia vita – ha rivelato Gray – è stato quello con mio padre, finché non sono diventato padre anche io”.
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