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Fabio Della Pergola

Fabio Della Pergola

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Ultimi commenti

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 15 novembre 2011 16:35
    Fabio Della Pergola

    Se ho sbagliato nel selezionare l’immagine di corredo all’articolo mi scuso, non ci ho fatto molta attenzione in effetti.

    Credo che la cosa sia comunque irrilevante in quanto è noto che l’Iran ha da anni nel suo arsenale sia i Ghadr 110 che gli Shahab-3 triconici a singola testata (si veda qui http://it.wikipedia.org/wiki/Shahab-3) entrambi missili a gittata tale da raggiungere Israele. Il problema quindi è solo se sono in grado di produrre testate atomiche e montarle su questi vettori. Dopodiché credo che la questione si porrà nei termini (preoccupanti) che ho proposto nell’articolo.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 12 novembre 2011 10:44
    Fabio Della Pergola

    Caro "redattore" xxx.220 (ma non è lo stesso codice di "pensiero"?) che un luogo di culto abbia finalità religiose che devono rispondere a Dio (per chi ci crede) è indiscutibile.
    Che si innesti in un tessuto urbano modificandolo è altrettanto indiscutibile. E per questo non ci si può occupare esclusivamente del punto di vista del credente.

    Non intervengo sul primo punto, intervengo sul secondo, affrontando per quanto nelle mie capacità i temi (scottanti) che sono emersi nell’incontro di cui parlo: interazione, integrazione, assimilazione, e ancora, rapporto fra culture e tradizioni diverse eccetera.

    Non è mia intenzione polemizzare con nessuno, ma vorrei sollevare dei quesiti che riguardano appunto i rapporti tra culture diverse, particolarmente caldi da quando l’Italia è diventata luogo di immigrazione contrariamente a quanto accaduto in passato. E mi riservo il diritto di criticare le cose che non mi piacciono o che ritengo sbagliate. Spero con questo che nessuno si senta offeso. L’alternativa è stare zitti sempre e comunque, che non mi pare una bella prospettiva.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 12 novembre 2011 10:30
    Fabio Della Pergola

    Non ho alcun dubbio che le motivazioni addotte qui, come anche dall’imam di Firenze e dal progettista, abbiano basi concettuali comprensibili. Che però continuano a non convincermi. E, per sgombrare il campo da evidenti equivoci, non mi convincerebbero nemmeno se fosse stato progettato con quello stile un qualsiasi altro edificio anche di edilizia pubblica e laicissima.
    In questo caso la dialettica modernismo-classicismo sarebbe stata l’unico punto di discussione. Personalmente penso che fare oggi architettura "classica" non abbia molto senso, ma capisco che su questo ci possano essere opinioni diverse e lontane dalla mia.

    Poi però leggo "Quando si vuole erroneamente sottolineare in maniera inappropriata la rassomigliaza tra il progetto della moschea e l’architettura cristiana italiana..." che è un’espressione che non capisco. Basta avere gli occhi per ritenere evidente la rassomiglianza. Da una parte si bacchetta "l’erronea sottolineatura inappropriata della rassomiglianza" e dall’altra si afferma la legittimità di questo ricalcare le forme precedenti (le moschee ottomane sul modello delle basiliche bizantine). Non capisco.

    E insistere sulla tradizione islamica che si innesterebbe sopra tradizioni precedenti in modo naturale: "...ci si dimentica sempre della naturale continuità tradizionale dell’Islam, senza la quale le stesse religioni non avrebbero un reale supporto simbolico e metafisico" è un’altra espressione che trovo poco comprensibile.Continuità tradizionale ? Dove sarebbe ?

    Mi spiego meglio: che l’Islam abbia costruito le sue moschee sopra le basiliche o le chiese cristiane non significa certo che la sua tradizione si costituisca come continuità con la tradizione cristiana. Anche le chiese cristiane sono state spesso costruite sopra precedenti sinagoghe, ma questo non significa certo che la cristianità non abbia rappresentato una rottura (anche traumatica) della tradizione ebraica.

    La cultura islamica ha una sua propria specificità, che a sua volta rappresenta una radicale rottura rispetto alla tradizione cristiana. Casomai ci sarebbe da discutere se non abbia rappresentato una riproposizione - in termini nuovi ed originali - della cultura giudaica, che ha ben più consistenti prossimità con quella islamica.

    Sulla critica alla mia critica riguardante il concetto di assimilazione (“...in ciò si celi un’evidente incapacità di accettare l’Islam e i musulmani come una parte reale della nostra società: è preferibile considerarli stranieri anche quando vivono in Italia da generazioni...”) leggo invece un altro equivoco. Io non considero affatto “stranieri” gli ebrei italiani, ma considero diversa la cultura ebraica da quella cristiana. Lo stesso riguardo all’Islam, o anche alla cultura cinese o africana. O vogliamo far coincidere il concetto di cittadinanza con quello di cultura ? Tutti i cittadini sono uguali, qualsiasi sia la loro cultura, agli occhi dello stato (almeno in occidente e almeno in teoria), quindi non sono affatto “stranieri”. Ma le loro culture di riferimento sono e restano diverse. O no ?

    Lei legge, nel mio testo, un’avversione preconcetta verso lo "straniero", un’incapacità di accoglienza e di integrazione, ma non credo che sia così. Vedere ed ammettere le differenze non coincide con un rifiuto (questa casomai è la politica leghista da cui io mi sento mille miglia lontano) ma, al contrario, mi sembra opportunità di incontro e di creazione di un nuovo, come ho cercato di spiegare nell’articolo.

    Questo progetto non mi pare che rappresenti il nuovo che speravo. E una critica non è necessariamente una polemica.

     

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 11 novembre 2011 23:51
    Fabio Della Pergola

    Ottima osservazione, naturalmente.

    Ma mi permetto di obiettare che "l’assimilazione" non è, storicamente, un’idea imposta alla comunità minoritaria da parte di quella maggioritaria. In questo caso sarebbe più corretto parlare di annichilimento o annientamento culturale o integrazione forzata, eccetera. Assimilazione è invece una tendenza propria della cultura minoritaria che tende a farsi simile, per motivi intuibili, a quella maggioritaria, dietro sollecitazioni di questa se si vuole, ma non dietro imposizione. Quindi mi sento di contestare l’affermazione che il progetto dell’architetto Napolitano sarebbe stato segno di "assimilazione" solo nel caso che fosse stato imposto dall’esterno della cultura islamica.

    Inoltre non credo di aver imposto l’etichetta di "diverso" al cittadino musulmano, ma di aver semplicemente ritenuto che la cultura (ripeto, la cultura, non il cittadino) islamica sia diversa, credo indiscutibilmente, da quella dell’occidente cristianizzato.
    Quell’occidente che ha partorito, nel corso della sua storia, l’umanesimo ed il rinascimento fiorentino che invece non esiste nella storia dell’islam (dove esiste altro, come sappiamo).

    Che una persona di fede islamica (che sia o non sia di etnia italiana) apprezzi la cultura e l’architettura rinascimentale non è in discussione, così come un occidentale, senza ombra di dubbio, apprezza l’arte islamica. Questo però non significa che quella particolare espressione della cultura, legittimamente apprezzata, entri a far parte automaticamente della propria storia (islamica o cristiana). E’ - e resta a parer mio - "altro" rispetto alla specifica storia dell’islam (o della cristianità).

    Mi sembra - è solo il mio parere naturalmente - che confondere i due piani (apprezzamento-appropriazione, nel senso di "fare proprio") non parli di interazione fra due culture diverse, ma di qualcos’altro. Che ho ritenuto - e continuo a ritenere - prossimo ad un’idea di assimilazione culturale.

    So che l’imam di Firenze ha parlato di questo progetto nei termini che il commentatore ha ben descritto, ma questo non mi basta perché anche io, come fruitore dell’architettura di una città, sono parte in causa; non lo sono solo gli islamici. Non è che, siccome va bene a loro, deve per forza andare bene anche a me, mi spiego ?

    Al contrario io mi sento privato, da questo progetto, di un’ipotetica immagine nuova derivante dall’incontro delle due culture diverse; frutto dell’incontro. Un’immagine nuova che, nella mia aspettativa, avrebbe potuto dare il suo contributo al futuro di questa città. Un’immagine nuova che non c’è, a mio parere, e la cui assenza mi provoca un disagio, una delusione. Come un’occasione mancata, per intendersi.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 11 novembre 2011 12:34
    Fabio Della Pergola

    L’impaginazione è stata corretta. Ora va bene e ringrazio la redazione per il tempestivo intervento.

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