Emanuela Orlandi vittima di un maniaco e del "mala giornalismo"

Pane quotidiano per il mala giornalismo. Questo si è rivelato la tragica storia di Emanuela Orlandi, la cui scomparsa fin dall’inizio è stata strumentalizzata per ragioni di audience. E dal 1983, da quando questa sfortunata quindicenne fece perdere le sue tracce nel centro di Roma, che stampa e televisione hanno messo in piedi un romanzo nero senza fine, uno spettacolo circense cinico e vergognoso.
Pur di inseguire il successo e ingrossare i loro conti in banca, giornalisti uno più indegno dell’altro si sono avventurati in una vicenda compromessa fin dall’inizio. Un teatro di finzioni davanti al quale sono transitati ipotesi una più strampalata dell’altra, dossier uno più falso dell’altro, personaggi uno più inattendibile dell’altro, documenti uno più taroccato dell’altro e teoremi studiati a tavolino per mantenere in piedi uno spettacolo portato avanti sulle spalle di una ragazzina che oltre al danno deve subire pure la beffa di essere usata da autori e conduttori a cui non sembra interessare tanto la verità, quanto incrementare le vendite e gli indici di ascolto.
La sparizione di Emanuela Orlandi si è trasformata fin dall’inizio in uno biasimevole palcoscenico mediatico con contorni sempre più confusi. Non c’è un solo giornalista, uno solo, che finora sia approdato a una minima verità. Tutti ad arrotolarsi il cervello intorno a un caso che poteva essere risolto tempestivamente se non ci fosse stata la caccia a chi si elevava a paladino della verità. Basta leggere i resoconti per capire che questi “fenomenali” reporter sono rimasti inchiodati tutti a quel 22 giugno 1983, quando Emanuela Orlandi svanì nell’aria sul Corso Rinascimento, mentre si recava a prendere un autobus per tornare a casa, senza che nessuno di loro sia avanzato anche di un centimetro verso la soluzione del caso. Qualcuno ogni tanto parla di una svolta clamorosa. Ma diteci quale svolta c’è stata finora? Soltanto fumo e niente arrosto.
Eppure, la scomparsa di questa cittadina vaticana, nata e cresciuta tra eccellenze e porporati, inizialmente passò in sordina: solo qualche trafiletto sui quotidiani locali e niente di più. Poi l’appello del papa ebbe l’effetto di un elefante che entra in un negozio di cristalleria; in una bomba atomica per i media che da quel momento in poi hanno ingaggiato una gara a chi pubblicava più idiozie, correndo dietro a congiure terroristiche, intrighi criminali, scandali finanziari, orge vaticane. Un campionario di teoremi infondati ma fatti passare per verità inconfutabili e che hanno condotto a nulla se non attirare un pubblico amante dei misteri. La cittadinanza vaticana di Emanuela è stata la chiave di volta per alzare il sipario su un teatro pieno di giornalisti interessati più a sé stessi che alla ricerca di una verità che nel corso del tempo si è persa nel porto delle nebbie, ignorando piste più ovvie quando sparisce una ragazzina: una violenza sessuale commessa da qualche pazzo maniaco.
E così la tragica vicenda della ragazza sparita più famosa della storia italiana si è cinicamente tramutata in uno sport nazionale utile da attirare ed eccitare l’audience nel suo circo mediatico. Un teatrino grottesco che dura da anni e trova nuove forme di degenerazione sensazionalistica con il coinvolgimento del Vaticano, che rispetto a un pazzo maniaco fa più notizia, chiamando in causa perfino Giovanni Paolo II che avrebbe avuto una relazione sessuale con Emanuela e altre minorenni del Vaticano. Una calunnia infamante diventata oro colato per i mezzi di informazione, anche se questa rivelazione viene fatta con un linguaggio volgare da un criminale romano nel corso di una registrazione audio trasmessa al pubblico da un noto programma televisivo che sul dramma di Emanuela Orlandi continua a lucrare e speculare. Con l’immancabile De Pedis chiamato in causa perché gli sarebbe stato chiesto di far sparire Emanuela prima che lo scandalo sessuale potesse esplodere e travolgere la Santa Sede, come se il Vaticano non avesse i suoi gendarmi per fare un servizio simile. Tutto ciò dimostra il livello di degenerazione raggiunto dall’informazione italiana; il grado di indecenza diffusa nella nostra società decaduta, insieme a una grave crisi culturale che travolge un popolo a cui propinare ogni tipo di menzogne.
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