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Doriana Goracci

Doriana Goracci

Sono una blogger in copy left da molti anni e mi piace impegnare parte del mio tempo nel giornalismo partecipativo, usando il cestino-come mezzo- per raccogliere quelle piccole e preziose cronache di vita, spesso sotto traccia.

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  • Primo articolo giovedì 08 Agosto 2009
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Ultimi commenti

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.232) 7 febbraio 2021 15:44
    Doriana Goracci
    AGGIORNAMENTO Capre Felici ed Agitu Ideo Gudeta
    Le 82 capre di Agitu Ideo Gudeta sono state divise tra vari allevatori. Ciascuno prenderà in affidamento, a proprie spese, parte del gregge dell’allevatrice di origini etiopi barbaramente uccisa lo scorso 29 dicembre. Lo scrive su Facebook Beatrice Zott, anche lei allevatrice di capre, 19enne, a cui il gregge era stato affidato dal Comune di Frassilongo in attesa del da farsi. https://www.youtube.com/watch?v=ky-2oj-Aqpk
    "Ci si affeziona in così poco tempo È stato triste vederle su un camion e vederle separare... Auguro agli animali il meglio, ai capretti la giusta e curata attenzione, auguro che trovino qualcuno che si affezioni che provi entusiasmo quando le vede con la pancia tonda, sazie".
    L’affidamento è stato proposto alla stessa Zott, che però scrive di aver rifiutato per questioni economiche. "A mie spese non avrei potuto Spero di rivederle sulle montagne e sui pascoli della valle dei Mocheni, dove sono nate, dove anche loro hanno oggi lasciato un pezzo di cuore".
    Negli ultimi giorno si sono presentati due grandi problemi. Il primo riguarda lo stato di salute delle capre: circa il 60% delle esemplari sono gravide , circostanza che potrebbe portare il gregge a superare le 100 unità a fronte di una stalla troppo piccola. In secondo luogo le basse temperature hanno fatto gelare l’acqua che alimenta la stalla.
    La Federazione Allevatori spiega che d’intesa con la famiglia di Agitu, ha affidato temporaneamente le capre ad allevatori della stessa Valle dei Mocheni, di Lavarone, Vallarsa e Brentonico , per un periodo di sei mesi. I centomila euro: la raccolta fondi è stata curata dall’associazione Amici dell’Etiopia, il
    referente è Zebenay Jabe Daka, a quanto risulta, non era stato informato del trasferimento del gregge, e solo nella giornata di
    oggi ha avuto un contatto con gli avvocati della famiglia di Agitu.
    Dall’associazione sottolineano che quella somma servirebbe proprio a portare avanti l’attività, ma che manca una decisione
    sul da farsi da parte della famiglia che, tra le tante ipotesi, starebbe valutando quella di far venire in Italia uno dei fratelli minori di Agitu proprio per proseguire l’attività.
    Il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, ha spiegato che gli “oltre 100 mila euro donati non sono ancora stati toccati per il
    motivo che ad oggi sono indisponibili, visto che la raccolta fondi è ancora aperta. A breve, dopo la sua formalizzazione, si riunirà il comitato – costituito dal presidente del Consiglio
    comunale Paolo Piccoli, dall’amica di Agitu Elisabetta Nardelli e da un familiare – che avrà non solo il compito di decidere per
    quali progetti impiegare la cifra, ma anche il dovere di rendicontare fino all’ultimo euro.
    Da ultimo: Agitu alla Casa delle Donne di Milano.Giovedì 18 febbraio 2021, ore 18
    Pascoli e libertà, omaggio a Agitu Ideo Gudeta e a tutte le Pastore del mondo
    Giovedì 18 febbraio 2021, ore 18 - Per il nostro omaggio ad Agitu, uccisa dalla violenza di un uomo il 29 dicembre 2020, evochiamo il mondo delle pastore, un universo femminile al quale Agitu apparteneva per scelta e vocazione. Con Anna Kauber, paesaggista e regista di ‘In questo mondo’, Greta Semplici, ricercatrice, Beatrice Zott e Mariantonietta Scalera, pastore. Coordina Isabella Balena.
    Per iscriversi all’incontro, registrarsi a https://www.casadonnemilano.it/prenotazioni-webinar/
    Giovedì 18 febbraio 2021, ore 18 - Per il nostro omaggio a Agitu, uccisa dalla violenza di un uomo il 29 dicembre 2020, evochiamo il mondo delle pastore, un universo femminile al quale Agitu apparteneva per scelta e vocazione. Con Anna Kauber, paesaggista e regista di ‘In questo mondo’, Greta Semplici, ricercatrice, Beatrice Zott e Mariantonietta Scalera, pastore. Coordina Isabella Balena.
  • Di Doriana Goracci (---.---.---.96) 4 febbraio 2021 07:41
    Doriana Goracci

    L’aggiornamento più recente 21.1.2021"...in quell’isola, che diede i natali alla poetessa Saffo, si muore, o si sopravvive in modo indegno, o si assiste a violenze e soprusi nel silenzio generale.Spariscono bimbe e bimbi, ci si prostituisce per 5 euro, governano i clan, si soffre senza protezione alcuna di diritti elementari: la Grecia è stata lasciata sola a portare un peso che meriterebbe invece, in virtù della sua eccezionalità, il sostegno di tutti gli Stati membri. Ma se già negli anni scorsi in pochi se ne sono occupati, figuriamoci oggi con la crisi sanitaria e quella economica che premono sulle cancellerie europee.La decisione europea di concludere un accordo milionario con la Turchia di Erdogan per tenere segregati su suolo turco 5 milioni di siriani ha avuto come appendice anche il lazzaretto di Lesbo, che non deve essere scoperto oggi visto che è lì, nella sua drammatica e tragica interezza, ormai da anni.E’ stato un errore consentire che a Lesbo, a fronte di una capienza da 3000 ospiti, ne vivessero poi 12mila; è stato un errore da parte dell’Ue dimenticarsene e scaricare su Atene la gestione; è stato un errore non immaginare soluzioni alternative, come hotspot sulla terraferma da un lato e pressioni su Ankara dall’altro. La sola presa atto di una contingenza allucinante come quella in cui si trovano i bimbi a Lesbo non è purtroppo sufficiente né a sopire sofferenze e drammi, né a costruire quel ponte tra politica e solidarietà che oggi appare crollato...https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/22/lesbo-la-grecia-e-stata-lasciata-sola-i-migranti-meritano-piu-di-una-generica-solidarieta/6074697/

    ultime notizie dicembre 2020: "In Grecia nel “nuovo” campo di Kara Tepe oltre 7mila persone vulnerabili sono costrette a vivere in condizioni disumane. Succede anche sull’isola di Samos. I trasferimenti sulla terraferma e le richieste di protezione procedono a rilento... Dopo l’incendio le persone sono state trasferite nel nuovo campo profughi di Kara Tepe, costruito su un ex poligono di tiro di fronte al mar Egeo dal governo greco, sostenuto dalla Commissione europea. “Oggi ci vivono almeno 7.300 persone e almeno la metà sono bambini. Non sono ancora stati raggiunti gli standard minimi d’accoglienza. I bagni e le docce sono insufficienti. Manca un sistema di drenaggio e le tende si allagano a ogni pioggia, oltre a non essere adatte alle temperature invernali, all’umidità e al vento che soffia dal mare”, spiega Maranghino. “L’elettricità è fornita solo alcune ore della giornata e non c’è illuminazione. Una mancanza grave perché non consente di stare al sicuro con gravi conseguenze per le donne”.Gli effetti della dichiarazione congiunta Ue-Turchia del 2015 secondo cui i migranti sbarcati sulle isole del mar Egeo devono fare domanda di asilo sul luogo e lì devono attendere l’esito della richiesta: Le procedure possono durare anni e fino all’ottenimento della risposta, e durante l’eventuale ricorso per un diniego, ai richiedenti asilo non è permesso trasferirsi sulla terraferma. L’impropriamente detto “accordo” con la Turchia (marzo 2016) ha limitato gli arrivi in Grecia e sulle isole ma non li ha interrotti completamente: nel 2020, secondo Unhcr, le persone arrivate a Lesbo sono state 4.609. https://altreconomia.it/dopo-lincendio-di-moria-a-lesbo-continua-la-crisi-del-sistema-di-asilo/

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.76) 1 febbraio 2021 12:56
    Doriana Goracci

    A proposito di VACCINI la confusione è grande, qui dove abito in provincia di Viterbo sapevamo che " Il sistema sarà attivo da lunedì 1° Febbraio. In attivazione il portale della Regione Lazio per prenotazione della vaccinazione anti covid-19 http://prenotavaccino-covid.regione.lazio.it"

    Sono partite, dopo un iniziale disguido, le prenotazioni online sul sito per prenotare nel Lazio le vaccinazioni anti Covid per gli over 80. Nei primi 7 minuti 2200 prenotati. Scrive l’ Ansa

    Se provate a collegarvi, il sistema non risponde. Fermo restando che chi ha una patologia con invalidità per problemi respiratori e non ha meno di 55 anni e più di 80, non sa che pesci prendere, come la sottoscritta. O meglio, quale vaccino, da chi , dove e come per non parlare del quando...

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.75) 31 gennaio 2021 18:37
    Doriana Goracci

    curioso, leggo questo commento e allora leggo anche il post,cerco i lfilm su you tube e trovo il trailer...il film è del 2016, il post del 2017. Forse mi sono svegliata o addormentata nel frattempo?No, accade, ed è piacevole...grazie all’autore e a chi ha commentato https://www.youtube.com/watch?v=gsVoD0pTge0

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.214) 31 gennaio 2021 13:31
    Doriana Goracci

    SONO PASSATI TRE ANNI ESATTI da quando scrissi per loro,per i loro ruggiti d’oro ecco oggi cosa RE-pubblica Antonio Rezza ed io aggiorno:

    QUARANTENA. IL TEATRO IN STREAMING: MENTRE LA SINISTRA CAMBIA NARICE, LA DESTRA CAMBIA CANALE
    di Antonio Rezza

    Quando dalla quarantena spuntavano i primi provvedimenti sul reintegro dei lavoratori di ogni settore e non faceva capolino alcun accenno sul teatro, sullo spettacolo dal vivo, sugli assembramenti musicali e sul supremo interesse collettivo, all’inizio anch’io, nella mia approssimazione, ho fatto ricorso alla retorica della difesa dei più deboli, di coloro che, chiudendo i luoghi d’incontro, avrebbero sofferto maggiormente. In principio si è sempre timorosi e si cerca nella condizione altrui un supporto per manifestare e dissentire. La mente umana è nata per deludere. Andando avanti, il dilemma è divenuto esistenziale; dopo un paio di mesi mi sono accorto che il governo dei mandriani non proferiva parola alcuna a difesa della libera espressione, dell’interpretazione, della sacralità dello spazio teatrale che è vecchio come la tradizione orale e immortale come il pregiudizio.

    Questo silenzio autoritario delle così dette istituzioni fa capire come l’arte si sia lasciata comperare da chi impone. Senza giri di parole. Il governo, non c’è parola che ne rappresenti meglio l’esercizio, come se i sottoposti fossero bestie e il governante il pastore che le indirizza dove vuole un altro, è stato chiaro da principio: i teatri resteranno chiusi fino a tempo indefinito. Così i musei e ogni luogo di possibile incontro e di eventuale occupazione. Dopo di che continui proclami a tutela di ogni classe sociale, elemosine di Stato agli indigenti e compassione a buon mercato difficilmente razionale, perché anche il commercio resta in ostaggio del cautelato allarme. Chi decide non ha speso una parola nei confronti del talento; in un paese dove il primo profitto è l’arte del passato e dove la curiosità degli stranieri è stuzzicata dalle opere dei defunti talentuosi, i vivi di oggi che saranno i morti di domani, non vengono neppure nominati; gli stessi vivi che involontariamente porteranno profitto a chi vivrà in futuro, sono abbandonati come animali in autostrada. I morti godono privilegi che i vivi del presente non otterranno se non morendo adesso. Si è parlato a malapena delle riaperture delle pinacoteche, io parlo a nome mio e di tutti quelli che prima di stare insieme son rimasti soli: le gallerie hanno le opere di chi ha avuto il privilegio di trapassare prima. Ma su chi si esprime adesso, indipendentemente dal valore artistico, nemmeno un’allusione, trattati come sozzura, come fantasmi, più infetti dello stesso virus, monatti senza portafoglio, affossati dalla dimenticanza e dal distacco. E scrivo questo non certo per ispirare tenerezza. Quando in televisione ho visto i parrucchieri protestare, i baristi reclamare, i tolettatori per cani rivendicare la propria economia, ho capito che uno dei paesi più ricchi di storia dell’arte è il luogo che meno merita i favori dei geni trascorsi.

    Il mondo del teatro è troppo colluso con i finanziamenti per rivendicare la posizione estrema di chi si lamenta, la paura foraggia la cautela, potrebbero arrivare meno soldi domani, è meglio stare in silenzio e attendere che riaprano le chiese, se si attivano i luoghi di culto possiamo spalancare anche le sale. Il teatro si è affidato a Dio pur di non scoprire il fianco trafitto. Lo Stato ha imbavagliato la cultura con il denaro e adesso non la riconosce, come ogni puttana posseduta dal pappone che la sottomette. La distanza sociale, termine fascista e ottuso, toglie a me l’emozione del palco e non c’è somma che possa risarcirmi. Qualcuno accetterà di esibirsi in teatri semi vuoti con la scusa di medicare le ferite a chi resiste, e mentre io penso alle lesioni mie, c’è chi millanta lo sdoganamento dello spettacolo dal vivo nelle reti a pagamento. E nel frattempo i ministri della cultura propongono un nuovo modo di fare regia, con i personaggi staccati di due metri, finalmente lo Stato corona il suo sogno attraverso il virus, lo Stato diventa Ronconi, assurge a drammaturgo, dà le direttive per una regia senza rischi. E’ come se io riscrivessi la legge di bilancio che non è sicuramente nelle mie competenze. Nessuno può entrare nel gesto artistico e decidere cosa fa l’autore, è ovvio che questo già accada attraverso i sovvenzionamenti ministeriali, ma lì almeno i soldi camuffano l’arroganza del padrone.

    Ma venire comandati addirittura senza emolumenti, con la riduzione delle sale e con il fremito svanito, è veramente sconveniente. E intanto la Regione da il via alle riaperture dei set cinematografici, le star potranno interagire ed essere a contatto, la pellicola non contagia, il teatro sì, a nessun regista di cinema viene imposto di girare una scena senza baci, ma in teatro gli attori devono parlare con il viso rivolto dalla parte opposta, sul proscenio il bacillo non perdona. E gli attori della celluloide, anche quelli che inneggiano col pugno alzato sulle passerelle veneziane, stanno in silenzio, blindati nella loro roccaforte che garantisce immunità. A questo punto inviterei gli interpreti del grande schermo, che spesso per ripulirsi l’anima si affidano alla prosa, a non salire più su un palcoscenico oppure a rinunciare al privilegio infausto di potersi esprimere quando ad altri è precluso.

    Inventiamo un altro modo di fare la regia, proclamano i ministri dell’altrui cultura, riscriviamo le regole della messa in scena attraverso criteri che prevedano la malattia. E il teatro prezzolato abbassa la testa perché così conviene, le corporazioni si rifugiano nella fatalità, le prove degli spettacoli sono bandite, quando arriverà il benestare sulla riapertura, tutti di corsa a provare in dieci giorni per approntare lo spettacoluccio parrocchiale in grado di assicurare le famose sovvenzioni. Quindi dopo un anno di virus e morte ci aspetteranno due anni di brutti spettacoli mal provati e peggio realizzati. Certo il tolettatore ha più diritti, tra cinquant’anni si scriverà come tolettava bene. Verranno dall’universo a vedere le tolettate nei musei, il parrucchiere farà i colpi di sole al passato e del futuro rimarrà la chioma in lontananza di chi scappava per paura di perdere lo scalpo. E poi i ristoratori, i bar, i lavasecco, gli ottici, i fornai, i meccanici, le baby sitter, ognuno tutelato dall’ipocrisia mentre a chi va su un palco non è concessa neanche quella.

    La cosa più beffarda è stata il non aver diritto alla menzogna del governo, non ai soldi ma almeno alla bugia. Chi non mente su di te è perché non ti prevede, non ha coscienza del tuo turbamento e ti sotterra con l’indifferenza. E allora come sfuggire a questa persecuzione silenziosa? Rinunciando alla cattiva compagnia. Che vuoi che me ne faccia dell’appoggio di chi ha svenduto il teatro allo Stato in cambio dell’elemosina ministeriale? Come può aiutarmi chi ha smesso di comporre per diventare il commercialista di se stesso onde giustificare le entrate che il dicastero favorisce? A che mi serve il sostegno di chi va nei centri di accoglienza a fare uno spettacolo contro le mafie e poi gestisce il suo teatro con la politica degli scambi che rappresentano la mafia istituzionale? Che ausilio posso ottenere da chi sale su un palco e si mette a leggere affossando il senso dell’azione scenica e sfruttando un sistema produttivo che istiga alla pigrizia e alla lettura di chi è morto?
    L’artista che legge scava la fossa tra sé e chi morendo gli ha inflitto l’esercizio, tu leggi un morto che lo Stato protegge non in quanto artista ma in quanto trapassato. La scelta è dolorosa: allearmi con tutti quelli che simulano cultura pur di rivendicarne l’esistenza, coalizzarmi con i miei nemici per ottenere un ritorno alla normalità (che poi sarebbe il venire sopportato da coloro che ho appoggiato) oppure fare scempio di ciò che mi circonda e protestare per causa personale? A costo di angosciarmi ancor di più, io manifesto per il mio interesse e non volendo vado in soccorso di chi non merita conforto.
    Qui non si tratta di proteggere i più deboli, qui si difende l’idea unitaria e imparziale del privilegio non concesso. Gli autori del teatro dovrebbero rinunciare al finanziamento statale delle loro opere, mai come stavolta. Si chiama obiezione di coscienza e una volta funzionava. Il ministero deve tenere in vita le sale e pagare il personale, ma non può stipendiare l’artista per il suo operato, e non deve elargire fondi straordinari per comprare il silenzio. Oggi ancor di più, visto che l’arte non è stata riconosciuta in nessun editto di governo. E l’artista sappia resistere alle lusinghe di chi non lo contempla perché di proprietà. Quando avevo qualche dubbio mi domandavo “Artaud avrebbe mai chiesto i soldi allo Stato?” la risposta è no, e allora il problema non si pone. Tutti devono avere il coraggio di ribellarsi a chi li rifocilla ma non li identifica. Mai come ora. Mai come domani. Se il cinema è più ricco non merita per questo corsie preferenziali, non riconoscere l’esistenza del teatro mette in difficoltà me come individuo e non una cooperativa di indecisi ed erogati. Chi vuole stare al mio fianco lo facesse con il suo, a due passi di distanza, rispettando le regole fasulle che fanno un isolato ogni tre metri.
    Difendiamo la nostra individualità come pratica ascetica e di condotta elementare. Contro manipoli di consociati che si mettono in offerta, al pari di animali randagi alla deriva. Io voglio che lo Stato riconosca la mia esistenza di vivo che crea opere originali e che identifichi tutti quelli che faranno la storia irripetibile dell’arte. Non soldi ma gratitudine e umiltà di protocollo di fronte a chi si esprime con virtù. E sono tanti ancora in vita, sono gli stessi che sento in silenzioso affanno indecisi se affossarsi o affondare con i compari di cordata. Io esigo il rispetto della mia ossessione, non toletto i cani ma faccio quello che mi piace, non chiedo soldi al ministro che mi è debitore, farò scuola da defunto ai miei contemporanei. Ma avrò tempo per forzare il condotto, la morte è più lunga della vita e il mio bastone è intriso di saggezza.
    Tutti dovremmo avere il coraggio di non andare in scena con la riduzione delle sale. Io voglio l’emozione intatta, l’eccitazione che il dipartimento fa fatica a comperare. Per chi si è già venduto in bocca al lupo e in culo alla balena. Anche se la parte della balena la sta facendo il drammaturgo. Mi consola sapere che i cani hanno avuto più attenzioni, l’artista non è nemmeno una bestia, io che per anni ho pensato di essere il miglior amico dell’uomo, scopro di non essere neppure un terranova, mi si toglie la possibilità, mi si strappa il diritto alla fedeltà intellettuale e mi si scippa dalle palle anche il padrone.

    E intanto si affacciano proposte assurde, spostare gli spettacoli sulle reti televisive, luogo contaminato dove chi non piega la schiena viene fatto fuori, come se l’etere fosse il paradiso dell’imparzialità, portare in casa ciò che è mansueto, fare del teatro una fiera domestica che fa la cacca all’aperto, rendere l’attore un eunuco che entra nei salotti senza nemmeno far toletta. Declassare la tecnica a ricreazione per gente che appassisce nella propria abitazione, in segregazione agevolata, fare dell’arte la badante dello spirito, il naufrago delle emozioni, spremere il drammaturgo dal sofà, col telecomando nella mano e la caccola nell’altra. Pulirsi il naso mentre il teatro entra nell’alloggio come un senzatetto. Esse esse o non esse esse, questo è il problema, i ghetti sono appena aperti, stavolta non si brucia né si muore con il gas. Sarà la famiglia il topicida del domani. Case di concentramento dove ognuno è kapò. Con la dispensa piena e lo stesso dito che scaccolava poco prima a premere sul telecomando perché inizia lo spettacolo teatrale. Sarà una lettura fatta da un attore assai affermato. Poggio la caccoletta e sprofondo sul divano. Si apre il sipario. Bisogna lottare per una riapertura senza vincoli, magari tutti vicini con le maschere e i guanti fino al collo, se proprio vogliamo esagerare. Ma tutti insieme, perché esibirsi per una persona sì e due no cancella la storia e frammenta l’energia. Il teatro è antico come Dio. Ed in più esiste. Mentre intanto la caccoletta nella mano sinistra s’indurisce. Che non lo sappia mai la destra.


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