Diffamazione e libertà di stampa: legge uguale ma contraria
I giornalisti sono sotto attacco? Molte volte, e più dei proiettili e minacce varie mai da sottovalutare, l’attacco più insidioso è quello della citazione in giudizio, della diffamazione, cioè della chiamata in tribunale. Spesso e volentieri, i politici che non amano la critica, adiscono le vie giudiziarie per difendere il loro buon nome. L’ultimo caso eclatante è quello accaduto a Paolo Mondiani e alla trasmissione di Report per la loro inchiesta sulle ville di Antigua. La Gabanelli rifletteva come non avesse la possibilità di poter citare in giudizio la stessa persona, ossia Berlusconi, che adiva le vie legali contro di loro. Oltremodo i giornalisti più esposti, sono coloro che citati in giudizio, non hanno alle spalle un gruppo editoriale, un giornale o una televisione che paghi le spese degli avvocati, facendo così ricadere su contratti e collaborazioni precarie, onerosi compensi per difendersi in tribunale. Non sono un giurista, ma credo che sia necessaria una nuova legge molto semplice che definisco Uguale ma Contraria. In una citazione in giudizio, la parte presunta offesa non risulta tale alla fine del giudizio, immediatamente paga la stessa cifra che ha richiesto all’accusato. Lo stesso dicasi per la diffamazione. Se un soggetto si ritiene diffamato, ma il giudizio non dimostra questa tesi, la parte querelante è immediatamente diffamata a sua volta. Non pretendo di essere semplicistico o superficiale, ma sono convinto che molte delle cause milionarie finirebbero subito, anzi non si intaserebbero i tribunali di assurde richieste. Il perché è evidente: molti e soprattutto i politici citano per milioni di euro i giornalisti, perché l’amor proprio non contempla un’offesa in qualche decina di migliaia di euro (che sono sempre tanti!).
E’ possibile una legge di questa portata oggigiorno?
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