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Dell’Utri: tutti i contatti con la mafia dopo il ‘92



Patti politici con la ‘Ndrangheta e rapporti costanti con Cosa nostra. La storia di tutti i contatti di Marcello Dell’Utri con la criminalità organizzata dopo il ’92.



La quinta sezione penale della Cassazione ha confermato l'assoluzione in appello di Dell'Utri per le accuse di collusione mafiosa durante la stagione politica, che è dunque diventata definitiva. Secondo la Corte d’appello, nella parte della sentenza confermata dalla Cassazione, “mancano per il periodo successivo al 1992 prove inequivoche e certe di concrete e consapevoli condotte di contributo materiale ascrivibili a Marcello Dell’Utri aventi rilevanza causale in ordine al rafforzamento dell’organizzazione criminosa”. Per questo motivo il senatore è stato assolto in via definitiva dalle accuse che gli venivano contestate per il periodo successivo al 1992. Ma non tutti i rapporti del senatore con la criminalità organizzata sono documentati negli atti del processo, e molti altri sono stati minimizzati dai giudici. AgoraVox ha ricostruito, sulla base dei documenti di diversi procedimenti giudiziari, la cronistoria dei contatti oggettivi del senatore berlusconiano con le mafie dal 1992 al 2007.

6 maggio 1992
Nel primo foglio di un block notes Mont Blanc, utilizzato da Dell’Utri come agenda, datato 6 maggio 1992 è riportato il nome del boss mafioso Gaetano Cinà, coimputato di Dell’Utri in primo grado, poi deceduto.

Estate-autunno 1992 Nella stessa agenda di Dell’Utri, dal 12 giugno al 29 ottobre, sono segnati undici contatti con Filippo Alberto Rapisarda, uomo d’affari siciliano legato a Vito Ciancimino tramite Francesco Paolo Alamia (di cui era socio) con cui Dell’Utri ha lavorato negli anni ’70 come presidente e consigliere della Bresciano S.p.A. fino al fallimento della società. Lo stesso Dell’Utri, interrogato dai pm, ha confermato questi suoi incontri con Rapisarda. “Dal 1987 ad oggi i miei rapporti con Rapisarda hanno vissuto momenti buoni e meno buoni”, ha raccontato. Furono rapporti “di amicizia”, ma anche d’affari: sia perché Rapisarda “fece dei prestiti” al senatore, sia perché “insieme allo stesso Rapisarda ho costituito alcune società (…) immobiliari” che però “non hanno mai operato”. “Si trattava di rapporti sicuramente continuativi - conferma Dell’Utri - ma sicuramente con alti e bassi”. Allora il pm gli chiede perché ha continuato a frequentare Rapisarda nonostante egli stesso lo avesse definito “megalomane e poco affidabile”. Dell’Utri risponde: “I miei rapporti con il Rapisarda manifestano effettivamente questa contraddittorietà, che con una battuta potremmo definire di ‘odio-amore’. Da un lato non mi sono mai fidato di lui, ma d’altro lato non sono stato capace di interrompere definitivamente questi rapporti perché è una persona molto simpatica e affascinante”. Al cuore non si comanda.

10 marzo 1993 Nello stesso blocco d’appunti, in corrispondenza di questa data, è annotato: “Cinà per Standa è privilegiato 19,15”.

Aprile - Novembre 1993 In una nuova agenda del senatore sono riportati altri otto contatti con Rapisarda.

2 novembre 1993 A pagina 315 della stessa agenda, corrispondente alla data del due novembre, è stato annotato: “Mangano Vittorio sarà a MI x parlare problema personale”.

Novembre - Dicembre 1993 Altri cinque contatti con Rapisarda.

28 gennaio 1994 Nella nuova agenda - block notes del senatore si legge: “documenti a Rapisarda”.

4 - 14 Febbraio 1994
Alle 15,55 il principe Domenico Napoleone Orsini, massone ed esponente dell’aristocrazia nera romana, chiama il cellulare di Tullio Cannella, imprenditore vicino ai Graviano e braccio politico di Bagarella che ha ospitato i Graviano durante la loro latitanza e che per conto di Cosa nostra sta seguendo il progetto politico di Sicilia Libera. La telefonata dura solo otto secondi, ma venti minuti dopo Orsini parla per più di sei minuti con la sede di Sicilia Libera, utilizzata per lo più da Cannella e da un suo compare. In serata, dopo quelle telefonate, alle 18,43 Orsini telefona a Dell’Utri nella villa di Arcore e ci parla per quasi tre minuti. Il 7 febbraio Orsini telefona di nuovo all’ufficio di Tullio Cannella nella sede di Sicilia Libera, stavolta per tredici minuti. Il giorno dopo telefona a Dell’Utri due volte, prima alle 10,42, poi alle 11,37. Il 9 e il 10 febbraio il principe Orsini telefona a un numero intestato alla Della Valle Immobiliare a Roma, numero contattato più volte anche da Dell’Utri (Renato Della Valle era il socio immobiliarista di Berlusconi, nonché l’amico a cui, nel 1988, il premier confidò le minacce ricevute dalla mafia a carico dei suoi figli). Sempre il 10 febbraio Orsini telefona anche a Cesare Previti. Il 14 febbraio il principe telefona di nuovo a Dell’Utri.

7 – 10 Febbraio 1994
In un’agenda di Dell’Utri, sotto una data compresa tra il 7 e il 10 febbraio 1994, si legge: “D’Agostino Giuseppe che due anni fa è venuto insieme a Francesco Piacenti e Carmelo Barone”. Giuseppe D’Agostino e Francesco Piacenti sono due affiliati al clan Brancaccio capeggiato dai fratelli Graviano con cui sono stati arrestati per averne favoreggiato la latitanza. Carmelo Barone, di cui Dell’Utri in un’altra agenda annota con scrupolo i numeri di telefono, è amico di un paio di affiliati alla stessa famiglia mafiosa.

Febbraio - Marzo 1994 Dal 28 febbraio all’otto marzo ancora tre contatti con Rapisarda.


12 ottobre 1998 Dopo una serie di contatti telefonici Marcello Dell'Utri si incontra nei suoi uffici a Milano con Natale Sartori, imprenditore messinese in odore di mafia e sospettato di essere dedito al traffico di eroina. Sartori, pedinato dagli investigatori della Digos, appare agitato e si trattiene in macchina una buona mezz'ora prima di entrare negli uffici di Dell'Utri. Da alcune telefonate intercorse lo stesso giorno tra Sartori, Curtò e Formisano si evince che l'oggetto dell'incontro tra Dell'Utri e Sartori è la preoccupazione di entrambi per la pubblicazione dei verbali del pentito Vincenzo La Piana, secondo cui Dell'Utri sarebbe stato disponibile a finanziare una partita di cento chili di cocaina colombiana.

23 dicembre 1998 Alle 20,43 Dell’Utri riceve una telefonata da Pino Chiofalo, veterano e spietato sanguinario di Cosa nostra che, uscito dal carcere in vista del parto della moglie, appena mette piede in casa compone il numero del senatore. La telefonata è criptica: Chiofalo non chiama Dell’Utri per nome, ma solo “dottore”. E parla per sottintesi: “abbiamo parlato a lungo di tutto”, “stiamo facendo qualcosa”, “ho preso parte a questa situazione”, “ho bisogno che ci sia qualche intervento”, “ho messo in moto un certo discorso”. Dell’Utri, che capisce subito, risponde sempre in modo affermativo. Poi, quando Chiofalo chiede al senatore di poterlo incontrare di persona, lui, senza esitare, risponde: “Benissimo”. “Buon anno ce lo facciamo di persona” dice Dell’Utri a Chiofalo.

30 dicembre 1998 I due si risentono. Si mettono d’accordo per incontrarsi il giorno seguente. Chiofalo dà indicazioni a Dell’Utri su dove dirigersi e si accordano sull’ora. Hanno bisogno di riservatezza, non vogliono essere visti: “Poi veniamo qui a casa mia che è un posto ritirato”, dice Chiofalo al senatore, “poi ci togliamo dalla strada”. E, ancora criptico, per paura di essere intercettato: “Qui siamo in un posto diverso da là, perché qui è un po’ più ritirato”. “Eh, benissimo”, risponde Dell’Utri che di nuovo capisce al volo.

31 dicembre 1998 Prima di incontrarsi, alle 9,38, i due si sentono al telefono. Dell’Utri si fa chiamare da Chiofalo “il dottor Delfino”, una sorta di nome in codice. Lo avverte che sta per partire e che porterà un po’ di ritardo. “Pranza qua con me a casa mia?” gli chiede Chiofalo. “Ah, io… sono a sua disposizione”, risponde Dell’Utri che non si fa problemi a mettersi a disposizione di un mafioso. Parlano un po’ dei figli e Dell’Utri si mette in viaggio. Alle 14 il senatore chiama il mafioso e lo avverte: “Siamo seguiti… da una Rover… che ci ha fatto delle foto”. “Hanno fatto delle foto insieme?”, chiede Chiofalo preoccupato. “Sì, sì, quei due là”. “Adesso scompariamo comunque”, lo rassicura. “Lei ci spiego io, scompariamo del tutto”. I due arrivano davanti alla casa di Chiofalo e vanno a parlare nel box. Salgono da Chiofalo, ma solo per dieci minuti: Dell’Utri, che sarebbe dovuto rimanere a pranzo, rimane digiuno. Alle 14.55 sale in macchina e torna a casa. Di quell’incontro Chiofalo racconterà che Dell’Utri gli disse: “Confermi le dichiarazioni (contro i pentiti che mi accusano, ndr) e la farò ricco”.

1999 Cosa nostra fa campagna elettorale per Marcello Dell’Utri, candidato alle europee. Carmelo Amato, picciotto e postino di Bernardo Provenzano, nella sua autoscuola, usata come ufficio dal capo di Cosa nostra, invita gli altri mafiosi a “votare Dell’Utri perché sennò lo fottono”. In un’intercettazione ambientale del 21 maggio 2001 il boss Giuseppe Guttadauro, parlando con un tale Pino, dirà che “Dell’Utri nelle elezioni del ’99 prese degli impegni”, e, in un’altra intercettazione ambientale del 29 maggio 2001, parlando con lo stesso Pino, che “quello con cui Dell’Utri ha preso l’impegno è stato quel cristiano, questo Iachino Capizzi (Gioacchino Capizzi, ndr), quello di sessantotto anni”.

2003 In una telefonata intercorsa tra due affiliati al clan Santapaola, Alfio Mirabile e Francesco La Rocca, intercettati nell’ambito di un inchiesta relativa alle infiltrazioni mafiose nella costruzione del Parco Tematico di Regalbuto (in provincia di Enna), parlano degli appalti che il progetto può assicurare. Salta fuori il nome di Dell’Utri. “Dell’Utri era quello che diceva: il lavoro lo deve fare Tizio”. “La chiave, io l’ho detto, è Dell’Utri. Ora ce la vediamo noi a Roma”.

26 giugno 2003 Dell’Utri parla al telefono con Sara Palazzolo, imputata per mafia e sorella di Vito Roberto Palazzolo, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Partinico e latitante in Africa sotto falso nome che ha bisogno di alleggerire la sua posizione processuale e le “richieste di assistenza internazionale”. In questa telefonata Dell’Utri accetta di incontrarsi con Vito Roberto Palazzolo per il tramite della sorella. Interrogato come testimone in un altro processo, Dell'Utri ha confessato di essersi dimostrato disponibile ad aiutare il boss: “Accettai di incontrarlo per consigliarlo su come difendersi al meglio”.

3 luglio 2006 Alle 21,13 intercorre una telefonata tra Francesca Surdo, poliziotta palermitana in servizio presso lo S.C.O del ministero degli Interni, e il faccendiere Rodolfo Grancini. Entrambi sono indagati per associazione a delinquere perché secondo i magistrati palermitani farebbero parte di una consorteria che serve ad aggiustare in Cassazione i processi (anche a importanti boss mafiosi) di cui farebbero parte imprenditori e uomini dello stato insieme ad affiliati alla massoneria e alla criminalità organizzata siciliana. Grancini racconta alla poliziotta che gli sono “andati a parlare” tre carabinieri, “un colonnello di Asti, uno di Prato, un altro del Ministero della Giustizia, per parlare con lui”. “Con lui chi?”, chiede la Surdo. “Con Marcello”. “Ah, sì”, risponde lei. “E io - spiega Grancini - li ricevo nelle sacrestie delle chiese” perché “non ci sono microspie lì, hai capito. Oppure li porto sopra nelle stanze segrete, perché volevano scendere in politica”. Rodolfo Grancini, ex presidente a Orvieto del Circolo del Buon Governo dello stesso Dell’Utri, verrà condannato in primo grado a sei anni e sei mesi per concorso esterno in associazione mafiosa (di lui i pm scriveranno che sarebbe stato il “coprotagonista di tutti gli episodi delittuosi, vero e proprio trait d’union tra la Cassazione, gli ambienti massonici siciliani e alcuni esponenti di vertice dell’associazione Cosa Nostra”). Francesca Surdo finirà in manette e patteggerà la pena, ma non per mafia.

2 febbraio 2007 Gioacchino Arcidiaco, affiliato alla ‘ndrina Piromalli di Gioia Tauro, telefona a Dell’Utri. “Ci siamo sentiti un paio di giorni fa, tramite Aldo Miccichè”. Dell’Utri lo conosce: “Ah, come no?!! Certo, sì, sì!”. Arcidiaco vuole fissare un appuntamento. Decidono per il giorno seguente. A Milano, in Via Senato 12. Più tardi Arcidiaco chiama Aldo Miccichè, un politico della vecchia DC calabrese oggi latitante in Venezuela a causa di diversi processi per cui è stato condannato, in tutto, a 25 anni di carcere. Arcidiaco è il suo pupillo e insieme stanno cercando di risolvere i problemi del clan, in guerra con la famiglia Molè. Hanno bisogno di alleggerire la condizione carceraria di Giuseppe Piromalli, capo storico della famiglia, sottoposto al carcere duro, affinché possa tornare a prendere le redini del clan in questo momento delicatissimo. Miccichè spiega ad Arcidiaco cosa dovrà dire, il giorno seguente, a Dell’Utri: “Fagli capire che il porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi”; “fagli capire che in Calabria o si muove sulla Tirrenica o si muove sulla Ionica o si muove al centro ha bisogno di noi… hai capito il discorso?”; “Aldo pigliava 105mila voti: la Piana, la Piana è cosa nostra, facci capisciri”. Ancora più tardi, alle 21,28, Marcello Dell’Utri chiama Miccichè. Il figlio di Dell’Utri andrà ospite da lui in Venezuela, Miccichè “non vede l’ora che arrivi” e spiega al senatore di essere capace di spostare “un minimo di 40mila voti nella provincia di Reggio Calabria”. “Questo è importante”, risponde Dell’Utri.

3 febbraio 2007 Marcello Dell’Utri incontra Gioacchino Arcidiaco. In una telefonata tra i due successiva all’incontro si sente Dell’Utri che si rivolge a persone a lui vicino e dice: “C’è il ragazzo che è venuto prima che si chiama Arcidiacono Gioacchino”. Si mettono d’accordo per un nuovo incontro perché Arcidiaco ha offerto la disponibilità del clan di costituire dei Circoli della Libertà in Calabria, e Dell’Utri ha accettato. Dice ancora Dell’Utri agli interlocutori che gli stanno vicino: “(Arcidiaco) deve incontrare te o Simone o tutti e due, perché deve fare i circoli a Gioia Tauro e in altri posti… a che ora, a che ora possiamo farlo salire?”. Si mettono d’accordo per le 15,30 del giorno dopo.


LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE: “Nessun patto tra Forza Italia e la mafia”. Perché Dell’Utri è stato assolto

LA SENTENZA DI APPELLO:
"Dell'Utri mediatore tra Berlusconi e Cosa nostra fino al 1992"

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.83) 11 marzo 2012 10:20

    La Costituzione italiana è oggi composta da un solo articolo:" art. 1, chi te ’mane fa legge." tradotti in italiano: chi ha il potere detta le regole.

    Il giorno in cui da questa Costituzione materiale passerema a quella formale del ’48 sarà un gran giorno per l’Italia

  • Di (---.---.---.230) 11 marzo 2012 18:39

    Chi si ricorda di Corrado Carnevale? Non sarà ritornato sotto mentite spoglie?

  • Di paolo (---.---.---.247) 11 marzo 2012 19:27

    Caro Federico ,la quinta sezione penale della Cassazione non ha ritenuto gli elementi probatori che tu ci hai cronologicamente e puntualmente elencato sufficienti per avvallare la tesi accusatoria.Punto.

    La domanda da porsi allora è la seguente : cosa bisogna fare per essere giudicati contigui alla mafia ? (Il famoso concorso esterno in associazione mafiosa).

    Bene da ora in poi,sebbene secondo il nostro ordinamento giurisdizionale una sentenza (anche della Cassazione)non vale come legge ,tuttavia in tutti i processi di questo tipo il giudice dovrà tenere conto di questa sentenza per non dare motivo di un probabile accoglimento di un nuovo ricorso che finirebbe , ma guarda la combinazione ,proprio nelle mani della Corte di Cassazione .
    E cosi’ il cerchio si stringe .
    Ergo siamo uno Stato mafioso . L’ho sempre saputo.

  • Di paolo (---.---.---.50) 11 marzo 2012 21:39

    con un "v" sola ovviamente.

  • Di (---.---.---.32) 16 marzo 2012 22:32

    ANTIMAFIA? No grazie, perché puzza di Camorra e di Sovversione. Taci, emerito IGNORANTE; così disse nella Pubblica Aula, l’Avvocato al miserabile p.m. Verme, in una Turpe corte di “Colti” Buffoni, nella tana dei Ratti della Fogna tribunalizia di Torino, dove saccentemente e con somma Albagia, pisciavano sulla Gente Onesta; con quell’INFAME magistrato, com’era consuetudine in quel luogo Immondo, con Superbia e Ludibrio, e specie coi poveri Cristi riottosi al pronto e profondo inchino, molto Scelleratamente perseguitavano gli Umili e gli indifesi, Defecando sul sacro Libro della Legge da veri TERRORISTI; e fu anche per questa Eccelsa figura di MERDA e alla complicità di servili Lacchè e squallidi Pennivendoli, che il Suino iniziò la rapida carriera, raggiungendo le più alte vette di quella parte della degenerata e Criminale Magistratura che tanto gode della carpita Autorità raggiunta; con l’Alto Tradimento del proprio Dovere nei confronti del Rispetto delle Persone e dello Stato.

    -

    Questo illustre Pendaglio da Forca e FELLONE Giudiziario, sempre pronto ai Salamelecchi, infra nos e Aumm aummm, in ossequio alla MAFIA che lo lega ai suoi Compari, ignobili Usurpatori di Oneste Carriere e grazie alla reciproca Omertà coi suoi servili, asserviti e medagliati Sgherri è sempre pronto a magnificare e Premiare gli errori e le Infamie dei suoi Soci e a Calunniare e SEQUESTRARE, Innocenti e Incensurati; Puah, alla faccia di questi Mariuoli dell’Onore, finora poco Disonorati, ma molto Disonorandi, infidi e abbietti Cialtroni del GIUDICIUME senza Dio, che vogliono farsi passare per Paladini della Giustizia, alla quale essi stessi, per laidi fini Politici o di personale tornaconto, hanno scavato la Fossa e perennemente continuano ad irrorala col sangue che avidamente succhiano all’Oltraggiato Popolo Italiano e col Barbaro Vilipendio di intere e laboriose Comunità; Impestando così tutte le Istituzioni dove fraudolentemente, razzolano e si ingrassano, questi feroci BRIGANTI.

  • Di (---.---.---.155) 14 agosto 2012 21:57

    Oremus Fratres, preghiamo cari Fratelli e preghiamo forte che questa volta il GUAIO è grosso, perché a causa delle Folli spese e di Ladrocini vari anche dell’abbietto Giudiciume e di molti Politici Fetenti, che una volta entrati nella Stalla (al Governo) l’inquinano soltanto e l’ora della nostra ROVINA si avvicina sempre di più. Zione, già Torinese e ora Vesuviano, chiede se di questi tristi tempi c’è da avere più paura della Mafia o dell’Antimafia; ciò premesso, avendo avuto l’occasione di apprendere parecchie Robe bellelì, da alcuni solerti figli di putrefatte Baldracche (Cisalpine?) dice che ora è inutile fare o chiant a MATALENA, per l’eliminazione del Tribunale di Pinerolo, noto pozzo di San Patrizio per Ciclopiche Ruberie a danno della Collettività; perché se non ci fosse stata un’ispezione del Ministero, ora il suo Procuratore Capo e LADER, un Mariuolo di vecchia gavetta, già dai felici tempi della bela Turin, orrenda Fogna dove certi disgustanti Cialtroni oscenamente si sono sempre Salameleccati fra di loro e dove non gli mancava di certo qualche Sociu del pallone e qualche cara Collega di Affari per essere in quattro Amici al bar; ma poi quando la classe non è acqua si vede subito, perché si distinse anche ad Asti e in Liguria, ma la prova adamantina del suo Genio della Gratta la dimostrò con estrose operazioni di acquisti immobiliari (Villa, terreni …) coi NOSTRI SOLDI della Cassa Statale e dove grazie alla Complicità dei suoi Amici di recondite Sette, avrebbe superato da tempo colla sua nuova Banda di Malfattori, le favolose ricchezze di Alì Babà e del Berlusca messe insieme; perciò fa bene il Governo a prendere questo provvedimento, pur creando ovvi problemi ai Cittadini del Pinerolese; chissà se oltre alla necessità di limitare le uscite del già penurioso Erario dello Stato, non gli sia giunta all’orecchio anche la voce che ivi razzola ancora qualche miserabile FALSONE di troppo, estimatore del predetto SUINO, col quale forse Ludibriosamente intrallazzavano qualche buon Affaruccio, ancora sommerso.

     
    A proposito poi dei nostri integerrimi e valorosi Magistrati, ogni tanto bisogna rivedere i falsi postulati e riscriverli in Verità, perché il mondo gira e le Scelleratezze si ripetono sempre, per cui Sciacalli e Jene, camuffati da mansueti Agnelli si rinnovano, tramano e la STORIA sembra che si ferma; chissà chi era il malcapitato Perseguitato (Politico o Mafioso?) di turno e perché mai ce l’avevano così tanto con quel disgraziato, fino al punto che essendo passato da un pezzo “L’EMERGENZA TERRORISMO”, quella Banda di Ribaldi continuava Temerariamente ad usarne le TERRORISTICHE maniere forti (di Sevizie), alle quali si era oltremodo affezionata e che finora grazie anche al loro collega Satana, sono rimaste tristemente occultate dal normale andazzo del loro lurido Ambiente, in cui regna sovrana la nefasta Omertà dei più feroci BRIGANTI di strada. La pratica di Barbarie fatta allora sulla pelle di tante persone Oneste, ma refrattarie al pronto inchino, con scappellamento nei riguardi del Giudicione del momento, sembra che la stiano mettendo a frutto contro la nuova “EMERGENZA MAFIA” per cui ne avvertono subito la puzza non solo cogli Indigeni dei luoghi in cui essa è stanziale o dove si sono trasferiti, ma addirittura in alcune regioni del Nord, la sentono perfino sui Nascituri, secondo una valutazione a naso della Casa che sarà Beneficiata o peggio ancora per deduttiva Logica del loro infallibile motto: “Tale albero, tale frutto”. Pertanto è meglio distrarci con cose allegre, come le sommesse voci audite dal POPOLO in attesa, en passant nei corridoi e provenienti dal crogiuolo delle Infamie di certi IGNOBILI CIALTRONI, che in illo tempore impestavano e Macellavano nella pregiata Cloaca Tribunalizia, già allora fervente fucina di Omertà fra i suoi adepti e Blasfemamente definita dalla loro subdola Infingardaggine, di alta “Scuola Torinese”, riconfermando così l’antico detto in cui si afferma che gli ASINI di Lombardore si LODANO da soli. Ed ecco allora che apre il lamentoso Coro dell’Albagia una voce, appena sussurrata, ma che sembra essere del Grande Ignorante e noto spaccamontagne, Rodomonte, che sgomenta e atterrisce gli increduli astanti. 

     
    Aò e allora, che famo co stì Burini, le sporchiamo ste carte? (forse riferito a “macchiare la Condotta” sul Certificato Penale) — Cristu la; a l’è tard boja fauss, fuma c’anduma. — Facimm bell ampress ampress, sinò ccà perdimm pur st’atu sfaccimm e Tren! — Min-chia Carusi, quì se non siamo lesti, taliate bene che questo Fituso ci frega ancora e così insieme a tutte quelle che finora abbiamo fatto, tocca caricarci sul groppone pure quest’altra FIGURA di MERDA che già sta in dirittura di arrivo e allora chi li sentirà a quei Bischeri dei nostri Caporali, se perdiamo tempo per far deporre altri Grulli; perché e Mast ruoss (i Grandi Maestri) stanno sempre incazzati neri, per la sghinga che mangiano (ma noi anche di più, Maremma maiala) per colpa di questo Maledetto e se ci scappa anche quest’ultima occasione per fregarlo, allora oltre ai vari Belin, Mona e Piciu con cui ci omaggiano sempre sentitamente, va finire che questa è proprio la volta buona che i Capizona per punizione ci sbattono proprio in SARDEGNA (Marò, ncopp a l’isul; che Dio non voglia, per carità); perciò fuma na roba, tanto noi già lo sappiamo bene come sistemarlo a dovere a questo Crinass; lassuma perdi sta Maraja (questa Marmaglia, alias i Testimoni) e ’nduma nhè, facciamo muovere il medagliato Maregiallo, quello col secchio e ricordiamogli di lasciar perdere il filo elettrico che pizzica troppo sulla lingua … ma che non dimenticasse l’imbuto col sale, perché quello guarisce ogni male (sarà forse il sale della Sapienza?) a quel BRAVO Sanguetta (ma che faceva il BARBIERO?) che è Cosa Nostra (questo è pleonastico) e sa come far cantare i riottosi e i Sovversivi e che faccia capire bene al Superiore delle “Nuove” che quando il nostro Boss ed eccellente PADRONO manda un Pacco a Vista (intendasi SEQUESTRO di PERSONA, con comando a voce e senza documento), non deve romperci i Marroni colla carta, perché se proprio ne ha bisogno, andasse al Cesso, che lì ne ha tanta di carta, con quello che ci costa (la carta o il Gendarme?). — Ciau arrevezze e mi raccomando Madamin, non trascurare le tue amiche Femministe, che servono molto anche quelle. — E nun ve scurdat ca diman o gallo cant matin. — Asibiri Compai. 

     
    Ma che bei Compagni di merenda direbbe il fu Pacciani, Governo Ladro; certo che avrebbe sicuramente prediletto la compagnia di questa bella Paranz e Chiavech; il che, a dirlo colla dovuta delicatezza, vale: ma che putrida accozzaglia di animatori di impestate cloache (Ratti e Zoccole). --- Si fa notare col massimo del rispetto a chi di Dovere e in primis alla signora Severino, (esimia Giurista e coraggiosa Guardasigilli che con Coscienza e costruttivamente si adopera per cercare di lenire superflue Sofferenze), che i Postumi della suddetta CANCRENA se pur non appaiono a chi per sua Fortuna non ha fatto una conoscenza diretta con vili e Indegni magistrati Felloni (e BOJA …), comunque sono letali non solo per la Giustizia in genere, ma anche perchè stanno contribuendo con efferata Scelleratezza alla fine della nostra passata Civiltà e di quel poco di benessere che con grandi Sacrifici e tante sofferte LOTTE di POPOLO si era finalmente riusciti a conseguire; perchè in aggiunta ai considerevoli danni che fa questa Banda di Criminali, c’è pure il fatto che in questo Paese la moderna CARESTIA si sta spostando dai fertili Campi e dal Mare e dalle Fabbriche per trasferirsi in pianta stabile nelle case dei nuovi POVERI, che sono in maggioranza persone Laboriose e Morigerate e tanti poveri Cristi abbandonati dalla sorte e dal Cielo; se ci troviamo tanto rovinati è per vari motivi, ma uno dei quali e forse il maggiore, va ricercato nel quotidiano e grave dissanguamento da parte di emeriti Pazzi e Corna-Copia di alto lignaggio della MAGISTRATURA POLITICA, che dilapidano con Folli Spese ed avidi incassi a vario titolo ad Personam le CASSE dello STATO, pur continuando ingordamente ad ingrassarsi nel loro privilegiato TRUOGOLO, Osano anche vigliaccamente fare la voce grossa per minacciare Sfracelli al minimo accenno di qualche necessaria rinuncia da parte loro, che tanto hanno contribuito e più di tutti, a creare l’attuale “EMERGENZA MISERIA”. 

     
    Pertanto si invita il Governo ed il Compagno (?) Napolitano ad aprire i distratti occhi ed intervenire colla FORZA della LEGGE, per ristabilire i subissati confini della Civiltà e arginare questa Purulenta Piaga rappresentata dalla LEBBRA della Camorra Giudiziaria, che fin dai tempi della feroce Banda dei Cosacchi dello sciagurato capitano Fabbroni prospera invincibile nelle Caserme e nei Tribunali anche con falsi o acquistati Pentiti di comodo, per cui bisogna agire prima che si rinnovino Inconsulti atti da parte di chi per grave OFFESA ricevuta, ritiene GIUSTO che al Tradimento del Popolo da parte di una sua Istituzione carpita dai BARBARI, sia doveroso rispondere colle Picche, quelle di Madame la Guillotin, anche di fronte ad un sicuro Capestro; questa volta, pure perché scottati dalla passata esperienza, ci saranno ancora meno LAVORATORI “assennati” e colla vocazione del Martire, disposti a rischiare la pelle per parlare colle teste calde dei “Compagni che sbagliano” e per cercare di scongiurare la germogliante Catastrofe. --- Approvato dall’ A. V. G. l’Associazione Vittime della Giustizia, che invocando la mano del Signore, augura a tutti i Bambini del Mondo un felice futuro senza GIUDICIUME e di non conoscere mai la Fame, di quelli che sopravvivono sulle Macerie; ma questo vale per tutti, anche per i Nonni che Soffrono per brutti ricordi e a tutti i Crocifissi da Proditoria mano, per la spinosa realtà in cui si dibatte la nostra Vilipesa Nazione e si auspica che giunga un poco di Serenità in tutte le case, a cominciare dalle più Umili e Bisognose; si saluta cordialmente tutta la Gente, CAROGNONI esclusi. — Così parlò un vecchio Tapino in nome e per conto della Libertà, da questa valorosa Barricata, dalla quale non partono false o calunniose Lettere Anonime, per acquisire meriti in proprio o per dannare altri, come usano fare Lestofanti e Farabutti, ma dove si riferiscono solo incontrovertibili FATTI, che profumano di Verità e dove si difende la Dignità, l’Onore e la PACE dell’Oltraggiata Italia. — [email protected] 

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