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De-finanziarizzare l’economia con politiche di regolazione

Tre citazioni: “La finanziarizzazione del mondo, definibile come la trasmutazione concettuale e pratica di ogni aspetto della vita, ben al di là dell’attività produttiva, in entità da valutare esclusivamente in base a una metrica finanziaria, è stata l’opera somma, il grande muro eretto con il denaro altrui che la classe capitalistica transnazionale ha realizzato tra gli anni Ottanta del XX secolo e il primo decennio del XXI” (Luciano Gallino, “Con i soldi degli altri Il capitalismo per procura contro l’economia”, 1° edizione, Einaudi, Torino 2009 e 2010, pagina 141).

“Un tale il cui patrimonio consista per intero nel 5% del capitale azionario di una società con un pacchetto di due miliardi di dollari, non vale personalmente più di centomila dollari. Ma questo 5% (…) conferisce a quel tale il controllo sicuro dell'azienda e quindi il suo reale potere operativo si può valutare dell'ordine dei due miliardi di dollari.

Sul piano politico il nostro uomo può quindi fare la voce grossa, non soltanto per l'enorme contributo che è in grado di assicurare a questa o quella campagna elettorale, ma anche e soprattutto per l'attività svolta dai vari uffici di consulenza legislativa che ogni grossa azienda ha in ogni stato dell'Unione e che influiscono in modo determinante sul potere legislativo della Nazione, sia a livello locale che a livello centrale.

Si devono poi fare i conti con tutta la pubblicità che l'azienda può distribuire tra i vari mass media come voce di bilancio esente da tasse; bisogna fare i conti con gli intrallazzatori sguinzagliati per ogni dove dal nostro uomo e dalla società da lui controllata; si devono infine fare i conti con le fondazioni culturali e assistenziali opportunamente finanziate e manovrate.

Ecco quindi come un uomo, il cui patrimonio non supera il valore netto di centomila dollari, esercita nel paese un potere occulto, derivante da una ricchezza effettiva moltiplicata a dismisura grazie al fatto che egli controlla, oltre al proprio, anche il patrimonio altrui” (Ferdinand Lundberg, Ricchi e straricchi -1968-, Feltrinelli, Milano 1969, pagina 12).

“L’esperienza non dimostra affatto in modo chiaro che la politica di investimento più conveniente dal punto di vista sociale coincida con quella che offre i maggiori profitti” (John Maynard Keynes, “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” -1936-, 4° edizione, Utet Libreria, Torino 2005, pagina 343).

Le tre citazioni vogliono essere a supporto della tesi che le politiche di de-regolazione della finanza, statuite nel 1999 con la legge Gramm-Leach-Bliley, che aboliva la legge Glass-Steagall (emanata nel 1933 per far fronte alle conseguenze della crisi del 1929) e che dava licenza tanto alle banche di deposito che alle banche di investimento di avventurarsi nuovamente in ogni sorta di attività speculative, sono il vero fulcro del processo di finanziarizzazione dell’economia americana e quindi mondiale.

La legge Gramm-Leach-Bliley, firmata dal Presidente democratico William J. Clinton il 12 novembre 1999, contribuì allo sconquasso che portò nel 2001 al crollo della Enron Corporation (prototipo di impresa trasformata in mero nesso di contratti, totalmente finanziarizzata, cioè agente più da intermediaria e creatrice di mercati che non da produttrice di beni concreti) e nel 2008 al crollo di quattro banche di investimento (Bear Stearns, Merrill Lynch, Lehman Brothers, Morgan Stanley, mentre si è salvata la Goldman Sachs).

Ma anche l’Unione Europea non è stata da meno: nel 1997 fu firmato l’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi -General Agreement on Trade in Services (GATS)-; ad esso seguirono le convenzioni internazionali trilaterali e bilaterali, intra-Ue ed extra-Ue.

Il GATS vieta agli Stati aderenti di intervenire in qualsiasi modo per ostacolare l’offerta e l’erogazione sul loro territorio di servizi finanziari da parte degli istituti di un altro paese, ivi compresi la tipologia, il prezzo, la distribuzione; vieta anche di impedire che gli istituti stessi lascino dopo un certo tempo il paese perché non lo trovano redditizio.

Il fatto è che l’articolato del GATS è stato in gran parte scritto dagli istituti finanziari di cui doveva regolare il comportamento. Altro che istituzioni democratiche che tutelano gli interessi e la sovranità del popolo. Del resto a livello mondiale negli ultimi lustri si sono manifestati parecchi crolli dovuti all’instabilità sistemica prodotta dal processo di finanziarizzazione dell’economia: crisi degli anni 1997-98, con la caduta delle valute in Corea del Sud, Indonesia e Thailandia, nonché in America Latina e Russia;

1998, con la bancarotta del fondo speculativo Long-Term Capital Management, che per l'enorme effetto leva su cui poggiava (nulla meno di 1 : 250) fu sul punto di affondare la finanza mondiale; 2000-2002, con il crollo dei titoli tecnologici ed indice Nasdaq che perse l'80% del suo valore, scendendo da 5000 punti a 1000; 2007-2008 e seguenti, con il collasso di dozzine di grandi banche, compagnie di assicurazione ed altri enti finanziari.

A tal proposito va affrontato il tema del fantomatico “giudizio dei mercati”, uno dei miti inossidabili della presunta “autoregolazione dei mercati”. L’immagine che si tende a formare relativamente a tale ambito è quella di una moltitudine di individui, decine di migliaia di persone qualsiasi (signore e signori Bianchi o Rossi in Italia, Smith nel mondo anglosassone e così via), possessori ciascuno di alcune migliaia di euro o di dollari di azioni o simili, che si recano in banca oppure si collegano ad internet per comprare (e così gli indici salgono) o vendere (e così gli indici scendono o addirittura tracollano).

Niente di più lontano dalla realtà: gli scambi finanziari attribuibili ad iniziative dei qualsiasi signori Bianchi o Rossi del mondo rappresentano una frazione minima (presumibilmente meno del 5%) degli scambi giornalieri borsistici, tali da non smuovere affatto i mercati. La stragrande maggioranza degli scambi viene effettuata dagli investitori istituzionali, soprattutto (secondo alcune stime per circa il 40%) attraverso gli interventi automatici dei computer, i cui programmi sofisticati tengono conto e controllano (24 ore su 24) l’andamento di decine di migliaia di titoli in tutto il mondo.

Perciò il presunto “giudizio dei mercati” è di fatto la risultante di migliaia di programmi computerizzati che si scambiano automaticamente tra loro miliardi di titoli per trilioni di euro e di dollari al giorno. Siamo arrivati al punto che la tecnologia informatica consente di inviare input nel sistema telematico delle Borse ogni nanosecondo (un miliardesimo di secondo).

Un colossale Monopoli elettronico mondiale, in cui si esercita la prerogativa di lucrare denaro tramite denaro (ed è questa la finanziarizzazione dell’economia, verificatasi per la prima volta nella storia dell’umanità), stornando ingenti capitali da eventuali e possibili investimenti in infrastrutture, ambiente, trasporti, scuole, ricerca ed altro (la qual cosa invece determinerebbe concreto vantaggio all’economia reale del mondo e quindi ai cittadini).

In realtà le strategie di investimento della grande maggioranza degli attori finanziari si possono considerare quanto meno indifferenti a quello che succede ai redditi dei lavoratori, ai livelli di occupazione, alle condizioni di lavoro, ai beni pubblici, al sistema di protezione sociale, ai sistemi di supporto alla vita, in quanto l’unico criterio guida degli attori finanziari è la massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario.

In senso stretto operano come soggetti irresponsabili, fatta eccezione per il numero limitato di attori finanziari che si propongono ed effettivamente operano come investitori socialmente responsabili. Siccome gli attori finanziari si ritengono responsabili solo di raggiungere costantemente la massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario, non si curano affatto delle eventuali conseguenze sfavorevoli a carico di altri soggetti: dalla deforestazione di Indonesia ed Amazzonia all’aumento dei prezzi di sementi e granaglie, con relativo incremento del numero degli affamati e con possibili “rivolte della fame”.

Entro il 31 ottobre 2011 sarà probabilmente nato il settemiliardesimo cittadino del mondo, quindi se non si pongono in essere sistemi concettuali ed operativi basati sulla cooperazione, la stessa sussistenza ed a maggior ragione la qualità della vita dei cittadini del mondo saranno difficilmente garantibili da sistemi basati prevalentemente sulla predazione e resisi indifferenti (ed irresponsabili) sulle sorti del genere umano.

E la finanziarizzazione dell’economia (sostenuta dalla classe capitalistica transnazionale e subita da governanti incapaci e collusi) invece persegue ed intende realizzare l’obiettivo di impedire alla politica di regolare l’economia a fini meta economici, tranne poi ad invocare l’intervento dello Stato per porre rimedio agli sconquassi determinati dalla de-regolazione finanziaria (della serie “privatizziamo i profitti e socializziamo le perdite).

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.240) 5 novembre 2011 17:21

    Tutto giusto e condivisibile. Ma basterebbero due semplici regolette per stroncare la finanziarizzazione dell’economia: la Tobin Tax e la Volcker Rule.

    Con la Tobin Tax si tasserebbero le transazioni finanziarie, riducendone così il numero e la loro forza destabilizzante.
    Con la Volcker Rule s’impedirebbe alle banche che raccolgono il risparmio popolare d’investire le attività di loro proprietà in derivati, in azioni e in fondi speculativi.
    La Tobin Tax colpirebbe la speculazione finanziaria a valle, la Volcker Rule la ridimensionerebbe a monte.
    E’ su queste due riforme che i governi e i parlamenti democraticamente eletti devono far valere le loro prerogative per fermare il potere sovranazionale di pochi superspeculatori a cui non frega assolutamente niente del Bene Comune.
    Rocco Di Rella
  • Di Claudia Del Vento (---.---.---.233) 5 novembre 2011 19:37
    Claudia Del Vento

    La Regola Volcker è una parte specifica del Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act e le norme entreranno in vigore negli USA il 21 luglio 2012; essa è stata paragonata con il Glass-Steagall Act del 1933, legge sostituita nel 1999 da Clinton con la legge Gramm-Leach-Bliley. Obama sta solo tentando di riequilibrare il liberismo accentuato di un presidente democratico come lui, quale Clinton, e si trova a dover fronteggiare attualmente la contrapposizione di vari parlamentari repubblicani! Dunque le principali responsabilità politiche sono di Clinton, che ha emanato la legge Gramm-Leach-Bliley (principale responsabile dell’incremento del processo di finanziarizzazione dell’economia), che il repubblicano George Bush senior prima di lui non si era azzardato a fare. Nessuno però prende iniziative politiche sulla sovranità monetaria, che pure è un tema fondamentale per comprendere uno dei fattori portanti della formazione del debito pubblico (lo Stato che ha delegato al sistema bancario privato l’emissione delle banconote, indebitandosi!). Una possibile soluzione “radicale” (nel senso che vada alla radice del problema) alla crisi è la sovranità monetaria di ogni Stato (e poi degli -ancora non realizzati- “Stati Uniti d’Europa”). Gli USA potrebbero cominciare a farlo (ed Obama passerebbe alla storia), là dove Abraham Lincoln, John F. Kennedy, Robert Kennedy ("caduti per la moneta") non ci sono riusciti. Infatti il Giappone, nonostante un debito pubblico superiore al 200 per cento, sta meglio di altri paesi, in quanto gode della sovranità monetaria e può stampare moneta e svalutarla!

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