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 Home page > Tribuna Libera > De Pedis: un morto che fa (s)parlare

De Pedis: un morto che fa (s)parlare

C’è puzza di morto, o così dicono, oltre il cancello. Si perché i giornalisti sono fuori. Per noi la zona è off limits. Piazza S. Apollinare non è diversa dal solito non fosse altro, almeno per una volta, proprio per noi così tanti alla ricerca di… alla ricerca di che?

Non so se tra noi c’era chi s’aspettava lo scoop dalla tomba di De Pedis, non so se qualcuno, stanco di attendere praticamente nulla rispetto a ciò che già si sapeva, s’è inventato le ossa fuori, dentro, affianco, in prossimità, adiacenti la tomba, la cripta, la zona della sepoltura del gangster. Non so nulla a dire il vero, se non di essere stanca e di voler essere altrove, ma questo ovviamente, è un mio pensiero.

Ho dormito poco e, a dire il vero, volevo solo accertarmi che la stasi avesse avvolto la zona chiesa-boss-magliana a due passi dalla piazza delle cinque lune dove misteriosamente sparì Emanuela Orlandi. Lui, il boss, si mantiene bene anche da morto, tanto che riescono perfino a prendere le sue impronte digitali. Insomma all’interno della tomba di de Pedis, c’è de Pedis.

Non mi pare ci sia notizia ma si aspetta, si rubano attimi, immagini, scorci, piedi, sagome in divisa “scientifica”: tutto è buono, quel giorno, tutto è notiziabile, almeno lì.

L’attesa, poi, regala finalmente Pietro Orlandi, che viene letteralmente assalito da flash, microfoni e telecamere. A dire il vero, dopo di lui, niente di importante almeno fino alle 15 circa, ora in cui le ossa diventano l’argomento principale.

Le ossa.

Stavo per tornare a casa ma una chiamata mi fa ritornare sul luogo del “delitto” (sì l’unico delitto da spiegare è perché un boss restasse seppellito in chiesa, non certo purificarsi la coscienza… troppo comodo). Insomma, pare avessero trovato delle ossa ma non avevo capito bene dove esattamente. Ritornata in zona, mi informo ma l’unica cosa che al momento infastidisce è l’Ansa. Sì, l’agenzia ha battuto una notizia che, sebbene troppo precisa, si fa ad un tratto imprecisa per collocarla in una posizione reale.

Chiamo Raffaella Notariale e poi Pietro Orlandi. Le ossa in questione sono quelle dell’ossario adiacente alla tomba che il De Pedis si appresta a lasciare, mi spiegano entrambi.

Eppure, pur di trovare un qualcosa che potesse portare pepe o comunque riportare l’attenzione dello spettatore, del lettore o del telespettatore in quella piazza morta tanto quanto il corpo riesumato e trovato in perfette condizioni, era sicuramente cosa buona e giusta se non altro per le vendite e gli ascolti.

Ora, a quasi due giorni di bla bla bla, Chi l’ha visto? ripropone la giornata e le evoluzioni del caso. E’ Pietro in camera che parla e spiega, ma prima la Sciarelli avanza un altro, presunto, scoop che vi racconto a breve perché una telefonata, irrompe negli studi: un uomo dice alla redazione “vergogna”. Adesso l’importante è l’audience. L’importante è che un poveraccio riproponga delle minacce fatte al centralino. Pare si tratti di De Tomasi (a proposito, non era stato, mi pare De Tomasi padre -Sergione- a chiamare quella volta, ma il figlio Carlo Alberto).
Insomma, se un morto non parla e una scomparsa nemmeno, le occasioni a Rai3 non mancano. Come mai, però, non hanno chiamato Raffaella Notariale, la stessa che ha fatto lo scoop della tomba di De Pedis? La stessa che ha parlato e scritto un libro con Sabrina Minardi, la donna di Renatino capace di far riaprire un’inchiesta e, ad un tratto, non più credibile?


La stessa Raffaella Notariale che s’è vista “sottrarre” alcuni documenti (recuperati a fatica dalla giornalista precaria) con l’eleganza di una scritta “esclusiva” da parte della Rai? La stessa, che probabilmente in questi giorni viene rincorsa da numerose tv, presentatori e conduttori di importanti trasmissioni ma che magari non può proferire parola o pensiero perché viene prima mamma Rai.

Bando alle chiacchere. A "Chi l’ha Visto?", ieri sera, un ennesimo scoop sulla vicenda. Un telespettatore scrive alla redazione che, pare già aver verificato alcune informazioni. L’uomo, scrive, stava lavorando alla ristrutturazione della pontificia Università quando un certo Rino, intaccando un terreno non compreso nella ristrutturazione, ha rinvenuto due scheletri.

In quell’occasione, un operaio, andò a curiosare, toccare, cercare di scoprire ciò che ancora era rimasto incassato e, più precisamente due teschi e due bacini che, secondo gli operai, appartenevano a due corpi di donna. Arriva però subito la rettifica in redazione e parte anche un'Ansa: non è il cortile della basilica di Sant'Apollinare, dove si stanno svolgendo le ispezioni sulla bara di Renatino De Pedis, ma "il cortile della biblioteca dell'Università della Santa Croce situato in via dei Farnesi, una zona distante circa un chilometro dall'Apollinare".

È quanto precisa Norbero Gonzalez Gaitano, vicerettore per la Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce: "Si tratta di un edificio di tipo civile in cui sono stati fatti dei lavori nello stesso periodo, sotto la supervisione della sovrintendenza dei beni artistici e culturali".

Mi chiedo era necessario andare in piazza? In attesa di cosa? Ed ancora, Pietro Orlandi si è reso conto di essere oggetto di marketing Rai? Credo di no, perché un consiglio vorrei darglielo: se continui a cercare tua sorella con una o due truppe al seguito, dubito tu possa trovare anche solo un’informazione in più.
 

Detto questo, una cosa fa davvero notizia e si tratta di alcuni volantini distribuiti nei dintorni dell’ormai nota piazza. E’ il Corriere della Sera ad informare di come automobilisti e passanti fossero stati incuriositi da fogli A4 pro Renatino che riportavano: "La Chiesa sapeva e sa. Ma lo stato italiano ha preferito disturbare l'eterno riposo di un uomo morto. Visto che (De Pedis) non può più parlare, né per difendersi, né per rivelare veramente i colpevoli di questa assurda vicenda italiana".

La Chiesa sapeva e sa disturbare l’eterno riposo di un uomo morto: è un sacrilegio per il defunto e per la famiglia. Ma lo è ancor più trovarsi il gangster sepolto in una Chiesa e indignarsi se qualcuno lo chiama “boss” quando invece è stato sepolto lì solo perché è un "benefattore". Insomma un morto che non parla ma che forse fa più (s)parlare.

di Marina Angelo

 

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