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La tomba De Pedis fa troppo rumore. Spostarla è un modo per tappare le bocche di tutti?

E’ "friccicarella" Roma questa mattina alle 6,30. Il sole si alza piano ed assonnato preannunciando una calda giornata ma il venticello, è pungente quanto basta a ricordarci che è ancora troppo presto per scoprirci. Già. Lo penseranno anche i giornalisti che si sono ammassati davanti alla basilica capitolina più chiacchierata della storia: Sant’Apollinare.

Ma lì, a far rabbrividire è ben altro. Sono due storie così ingarbugliate e con così tanti attori che spiegarle o comprenderle dal principio è complicato. Storia, quella di De Pedis, raccontata nero su bianco in pagine e pagine di libri ma anche a colori sul digitale e in analogico.

E l’altra riguarda Emanuela Orlandi. Due casi che non si sono mai risolti. Il primo è quello del boss della banda della Magliana, ucciso in un agguato il 2 febbraio del 1990, anche se ai tempi del suo omicidio l’operazione Colosseo non aveva ancora messo etichette e lasciato un segno forte da attaccare al petto dei delinquenti di quella ormai più famosa banda della Magliana.

Una precisazione che potremmo anche evitare di fare visto che l’appellativo di boss, il De Pedis, se l’era guadagnato, senza nemmeno troppa fatica, durante i suoi “anni d’oro”. De Pedis viene definito un benefattore da famiglia e Chiesa, tanto da giustificarne la sua sepoltura all’interno di una chiesa. Ma non basta. Non basta ai fedeli, non basta agli atei, non basta ai cittadini. Non basta. Benefattore stride con assassino, ladro, usuraio o più ampiamente, delinquente.

E non c’è assolutamente invidia di “pompe funebri”, ma solo ricerca di giustizia nel regno dei vivi ed in quello dei morti. Vuol dire ricerca di una Chiesa scomparsa: una chiesa vera, giusta, sana, d’amore, di giustizia.

Ma, oltre alle spiegazioni sul perché un uomo del suo “calibro” è stato sepolto lì, mille altre risposte ancora dovrebbero essere fornite sull’affaire Orlandi, la ragazza scomparsa il 22 giugno dell'83. Il legame tra Emanuela e la tomba di Renatino era stato sottolineato da una telefonata alla redazione della trasmissione televisiva 'Chi l'ha visto?', nel settembre 2005.

Tre anni dopo, il giugno 2008, erano le parole di Sabrina Minardi ad indicare 'Renatino' come colui che avrebbe eseguito materialmente il sequestro della giovane cittadina vaticana. Sabrina Minardi, amante di Renatino, insieme a Raffaella Notariale, la giornalista che fece lo scoop sull’esistenza della tomba di De Pedis all’interno della basilica, ha scritto un libro (“Segreto criminale” edito dalla Newton Compton), dove mette nero su bianco le sue parole. Parole capaci di far riaprire inchieste per essere poi sminuite o non più ricercate, perché la donna è poco “affidabile”.

La Minardi, una prostituta d’alto rango, ha vissuto i suoi momenti migliori proprio al fianco del boss come sua amante e, si sa, spesso le amanti diventano anche le migliori confidenti. Una cosa che non va giù alla famiglia né ad alcune parti di Stato e Chiesa. Durante tutti questi lunghi anni dove le vittime restano i familiari della ragazza scomparsa, gli interrogativi non sono stati certo pochi e, in virtù della verità, tutti abbastanza plausibili come quest’ultimo: aprire la tomba oggi vuol dire tappare le bocche per sempre? E’ una questione di comodo per “levarci dall’impiccio”?

Ci auguriamo di no, anche perché la Chiesa deve comunque rispondere a molte più domande e questa mossa, oggi, sembrerebbe più essere una escamotage per chiudere un’inchiesta che vede, ancora una volta, implicato il Vaticano.

Più o meno della stessa opinione è Raffaella Notariale che su facebook scrive: "Temo che apriranno la tomba e chiuderanno l'inchiesta. Per raggiungere l'obiettivo della tacitazione, c'è chi ha urgente bisogno di un capro espiatorio: la Minardi, chi meglio di lei? E' talmente malmessa... Per chiudere l'inchiesta, si ha ovviamente la necessità impellente di sminuire la teste dalla quale è partita. E' il solito meccanismo, ma con un po' di esperienza di retroscena, si sa che questa è la regola. Hanno già cominciato. Che eroi certi colleghi..."

E come darle torto? A tessere e scrivere pagine e pagine più o meno scottanti sui due casi già bollenti, sono stati in molti. Peccato che continuano a tacere le bocche che, invece, dovrebbero parlare, fare chiarezza, più semplicemente: dire la verità.

Ed intanto la chiesa, per un suo ennesimo scandalo, è oggi assediata da giornalisti, curiosi, turisti, forze dell’ordine (chissà magari a distanza, senza dar troppo nell’occhio o mimetizzati tra la folla, ci sono i vecchi amici conosciuti veramente a pochi ma per lo più a tutti). E, mentre i legali di De Pedis, che probabilmente verrà sepolto nel ciminetro di Prima Porta, hanno raggiunto già la basilica, anche il fratello di Emanuela, Pietro, pare aver preso in considerazione la possibilità di un’archiviazione del caso: "Non credo e soprattutto non mi auguro che lì dentro ci sia Emanuela. Ma penso che questo sia un passo importante, a patto che non si voglia mettere la parola fine alla vicenda: insomma e' solo una pista, non ci si deve fermare alla questione della sepoltura".

Dal canto suo, quasi a volersi salvare una faccia che fatica, comunque, a riconosce se stessa, il Cardinale Agostino Vallini esprime soddisfazione alla notizia: "Apprendo con piacere dalla stampa la decisione dell'autorità giudiziaria di procedere con la traslazione. Così si supereranno tutti i problemi e i sospetti".
 
Basterà davvero una tomba per farci zittire tutti? Non credo. Negli ultimi tempi non ci sono stati invece contatti Orlandi e Vaticano, che in ogni caso nelle scorse settimane, anche con una nota del portavoce padre Federico Lombardi, ha assicurato cooperazione. Ma Pietro è certo che a smuovere le acque sia stata la mobilitazione dell'opinione pubblica da lui stesso calamitata con una petizione per Emanuela, che ha superato le 82mila adesioni.
 
Ma la verità su questa storia è davvero custodita in Vaticano? "Io non dico e non ho ho mai detto questo. Dico che alcune persone in Vaticano e alcune dello Stato italiano sanno o hanno elementi utili alla verità. Giorni fa ho avuto l'occasione di parlare con un pentito di mafia che fu uno dei primi collaboratori di Borsellino. E lui mi ha parlato di un sistema di gruppi di potere fatto di mafia, 'ndrangheta, pezzi deviati dello Stato, pezzi deviati del Vaticano e pezzi deviati della massoneria, che e' uno Stato nello Stato. Non vorrei che Emanuela non fosse finita in questo sistema come un tassello''. Quanto alla banda della Magliana, ''ho sempre pensato che siano i soldatini della mafia".
 
Ed intanto: "La prossima settimana - spiega Pietro - incontrerò il sindaco Alemanno per la manifestazione che organizzeremo il 27 maggio e giorni fa sono stato in Campidoglio: mi hanno confermato che esporranno la gigantografia di Emanuela. Il 27 alle 9.30 ci si ritroverà in piazza Campidoglio e ci saranno anche il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, l'ex sindaco Walter Veltroni. Tra le 10 e le 10.30 ci metteremo in marcia verso San Pietro per l'Angelus e spero che il Papa dica una preghiera e inviti chi sa a parlare.
Adesioni alla marcia sono arrivate anche da tanti sindaci: da Crotone, da Raqusa, dal presidente della Provincia di Firenze".
 
Già, sarebbe ora. L’invito è dunque a non inviare le guardie svizzere a fotografare le facce presenti alla manifestazione come in passato, bensì a parlare. Il cadavere di Enrico De Pedis, secondo quanto si è appreso, dovrebbe essere portato all'istituto di Medicina legale della Sapienza per gli accertamenti ed il test del Dna. Alla Basilica di Sant'Apollinare, in questi attimi, è arrivato anche il carro funebre che trasporterà le spoglie dell'ex boss della Banda Magliana che, subito dopo gli accertamenti disposti dalla Procura, dovrebbero essere traslate in un cimitero romano, probabilmente quello di Prima Porta.

La Basilica nel cuore della capitale è off limits, protetta da un cordone di agenti di polizia ed alcuni carabinieri. Poco fa sono entrati anche i marmisti, gli operatori che avranno il compito di aprire la tomba di Renatino e, nella cripta, è appena entrato il procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, seguito dal capo della Squadra Mobile di Roma, Vittorio Rizzi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.171) 14 maggio 2012 18:46

    se aprono la tomba, è chiaro che non ci sarà o non ci sarà più niente di intereressante.

    Invece sarebbe interessante sapere, fra chiesa cattolica e comune di roma, chi e come ha permesso -anzi: voluto- che quel criminale venisse sepolto lì. Sarebbe anche interessante sapere cosa questi signori pagheranno per questo reato di apoteosi di delinquente.

    Non si ridarà certo la vita alla povera Emanuela, ma si comincerebbe a fare un po’ di giustizia e a rimuovere un po’ di sporco.

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