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Dallo Statuto dei Lavoratori allo Statuto dei Lavori: la ricetta di Sacconi

Non è bastato fare del precariato il nuovo volto del mondo del lavoro. Non è stato sufficiente introdurre, in nome della flessibilità, tipologie contrattuali sempre meno garantiste per i lavoratori e sempre più convenienti per i profitti delle aziende. Vi è un nodo che è rimasto ancora irrisolto e su cui non si può fare a meno di ritornare sistematicamente: lo Statuto dei Lavoratori. L’obiettivo ambizioso è quello di "abbattere" quest’ultimo baluardo per la difesa e la salvaguardia all’interno delle aziende dei diritti dei lavoratori italiani, o meglio della parte più fortunata e quasi sempre meno giovane. Ma come? Questa volta l’iniziativa è stata presa dal Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi.

Il documento “La vita buona della società attiva”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 6 maggio scorso e presentato da Sacconi a Palazzo Chigi, costituisce una sorta di manifesto per il futuro, la base per la costruzione di un nuovo modello sociale italiano.

Il Libro Bianco aspira ad intervenire con un intento riformatore sui diversi aspetti costitutivi dell’esperienza elementare dell’uomo: la salute, il lavoro, gli affetti e il riposo. "Ovviamente" il tutto non è possibile senza una ridefinizione delle relazioni tra impresa e lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro. Dallo Statuto dei Lavoratori allo Statuto dei Lavori, sulle orme di Marco Biagi.

L’impianto teorico è sempre lo stesso: il progressivo passaggio da diritti e tutele sanciti dalla legge per tutti i lavoratori ad una negoziazione delle garanzie sulla base dei rapporti di forza presenti all’interno delle singole imprese. La legislazione in materia di lavoro viene definita nel documento come “una regolazione di dettaglio che intralcia, in un formalismo giuridico fine a se stesso e fonte di uno smisurato contenzioso, la libertà di azione degli operatori economici senza portare alcun contributo alla tutela dei lavoratori”.

Le norme del rapporto contrattuale vengono sempre più rimandate ad un livello territoriale e produttivo, determinando un progressivo allentamento di quella certezza di diritti e tutele di cui solo la legge può farsi garante nella sua inderogabilità e universalità. Nel Libro Bianco si afferma a tal proposito: “sono oramai maturi i tempi per assetti regolatori e statuti normativi specifici per tipologia di settore produttivo, ma anche territorialmente diversificati, fermo restando uno standard protettivo minimo ed omogeneo sull’intero territorio nazionale”.

La crisi non consente, come chiarisce il Ministro, di intervenire al momento “sulle pensioni, sugli ammortizzatori e sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori” ma "ovviamente" è solo una questione di tempo.

La volontà di tentare un’ennesima volta di rimettere mano all’articolo 18 è evidente, alla luce dell’affermazione di una visione del rapporto di lavoro in cui “il superamento delle molte criticità nel mercato del lavoro non può più essere affidato ad una concezione formalistica e burocratica dei rapporti di lavoro che alimenta un imponente contenzioso ed un sistema antagonista e conflittuale di relazioni industriali”.

In altri termini le controversie non si risolvono più ricorrendo alla legge e alla magistratura, ma si ricompongono all’interno dei luoghi di lavoro, o meglio secondo logiche del mercato e in base ai rapporti di forza che si vanno di volta configurando, ma che sono evidentemente sbilanciati verso i datori di lavoro.

Questo ridisegno dello Statuto dei Lavoratori è "ovviamente" un modo per costruire maggiori tutele: “le stesse proposte di incidere finalmente sul regime del recesso dal rapporto di lavoro potranno realizzare un maggiore consenso collocandosi in un moderno sistema di tutele attive”. Sic!

"Ovviamente" il tutto in nome del popolo sovrano. Sacconi, infatti ha affermato che il suo Libro Bianco è nazional-popolare. Si fonda su valori che appartengono al senso comune del popolo". E "se la borghesia autoreferenziale lo criticherà, non ce ne frega niente. Se invece lo facesse il popolo, ci dispiacerebbe”. Ai posteri l’ardua sentenza.

Commenti all'articolo

  • Di carla gualtieri (---.---.---.170) 14 maggio 2009 11:36

    Uno statuto dei lavori che oscura la soggettività di milioni di lavoratori in nome di una presunta e quanto mai strumentale oggettività d’analisi. La ristrutturazione del sistema, in questa fase di transizione determinata dalla crisi strutturale che sta attraversando, passa dalla delegittimazione dei diritti e delle garanzie dei lavoratori. Basti pensare all’attacco al diritto soggettivo di sciopero. Dobbiamo scendere in piazza per difendere le tutele sindacali, e lottare affinché siano estese e potenziate. Magari anche ai lavori immigrati, oggetto di una vergognosa campagna di criminalizzazione.

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