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Crisi greca: un’opportunità?

Sembrano arrivare segnali di distensione dopo l'abbassamento dei tassi di interesse voluto dal governatore della BCE Mario Draghi. Tuttavia, perché dalla crisi greca possa innescarsi un mutamento in positivo, l'Europa deve dar prova di una accresciuta capacità decisionale.

La Banca Centrale europea, sotto la guida di Mario Draghi, ha abbassato da alcune ore i tassi d'interesse interni all'area euro. Tale mossa apre spazi di manovra ai mercati ed i suoi effetti si sono visti immediatamente, con una risalita generale delle borse.

In parallelo, si sono attenuate le preoccupazioni circa l'uscita della Grecia dall'area euro: è una mossa in realtà inconcepibile senza un suo vero e proprio abbandono dell'Unione Europea ed insieme una prospettiva, oltre che da scongiurare, decisamente lontana dalla realtà. La giornata di venerdì 4 novembre inizia perciò entro questa cornice: da un lato, si prospettano ancora fibrillazioni rispetto all'intervento di salvataggio dell'economia greca, dall'altro sembrano rincuoranti le parole di Obama, disposto a dare un aiuto in quanto gli Usa sono "alleati dell'Unione".

A spingere ulteriormente verso una possibile via di uscita, non solo europea ma mondiale, anche lo sprone di Draghi alla Cina: "L'economia cinese è fra le poche fonti di crescita globale. Mi aspetto contributi molto importanti al G20e". Si coopera quindi all'insegna di una situazione di crisi che non ammette spazi per egoismi troppo marcati da parte degli Stati.

Tuttavia, ciò che colpisce, dal punto di vista delle negoziazioni relative al salvataggio della Grecia, è la gravità degli annunci susseguitisi, dalla minaccia di Papandreu di lasciare a quella di indire un referendum sul piano di salvataggio. Si tratta di informazioni che tradiscono un malumore dello Stato membro in difficoltà rispetto alle opportunità offerte da Bruxelles, un segnale del suo scarso gradimento delle politiche comunitarie.

In avvenimenti del genere si può percepire una debolezza della voce di istituzioni sovranazionali, quelle europee. Prive della stessa legittimazione di uno Stato, sono infatti esposte al rischio di prendere decisioni senza rappresentare pienamente gli umori dominanti al suo interno.

Ci si potrebbe chiedere quali siano le strategie per ovviare a questo senso di incompletezza e la risposta è sempre la stessa: perché l'Europa possa funzionare in senso pieno, il processo di integrazione deve andare avanti. Le negatività fanno parte di questo iter, tuttavia, già in altre crisi, si è riscontrata nel corso dei mesi una accresciuta volontà dei popoli europei di cooperare e comunicare, per rispondere insieme a sfide globali.

L'auspicio è che la crisi greca sia risolta con un passo in avanti anche nella percezione dell'importanza di una autorevole cornice politica europea alla guida di processi non più gestibili a livello esclusivamente nazionale.

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