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Compensi risibili per l’Esame di Stato. Apologia dell’insegnante

Partecipare all’Esame di Stato non è affatto una pacchia.

Sull’argomento occorre ripristinare un minimo di verità.

Quando ai colleghi di ruolo capita di scamparsela non ci si mette certo a piangere.

Occorre interrogarsi sull’urgenza di tornare alle Commissioni esterne.Ma ci vuole coraggio mentre a volte si preferisce cavalcare la demagogia.

Compensi risibili per l'Esame di Stato. Apologia dell'insegnante

Compensi per gli Esami di Stato: cifre risibili per un’esperienza di convivenza forzata dagli esiti imprevedibili. Nella mia non breve carriera gli esami costellati da litigi e
tensioni non sono stati pochissimi.

La collegialità è impegnativa già a livello di Consiglio di classe, anche se il tempo passato insieme e la scelta della sezione giusta (quando possibile) rendono quasi sempre la convivenza produttiva ed empatica, nonostante i confronti a volte duri.*

Figuriamoci una commissione d’esame composta da gente che non si conosce o
che comunque difficilmente ha mai avuto modo di lavorare insieme. Diversa
impostazione pedagogica, diversa visione delle cose.

Insomma la professione dell’insegnante non solo (NB), ma soprattutto, in sede
di esami vive eminentemente al massimo grado proprio quel genere di situazioni che in qualsiasi altro lavoro o attività vengono accuratamente evitate da tutti quali rognose rotture di scatole.

L’indennità quindi è più che giustificata, però è risibile.


Specie se paragonata a quanto lo Stato spendeva una volta per i membri realmente
esterni, tutti fuori provincia/regione.

Ci si dovrà tornare, alle commissioni tutte esterne, una volta passata la nottata dell’aziendalismo politico (con tutto il rispetto per entrambe le componenti di questo ibrido nefasto, ognuna delle quali sta egregiamente bene da sola al suo posto naturale), quando si tornerà a spendere per la Scuola.


* Sono in gioco sempre differenti orientamenti educativi e formativi. Insomma ogni anno per tutta la loro carriera gli insegnanti hanno a che vedere proprio con quel genere di problemi spinosi che i genitori ad un certo punto naturalmente superano con un sospiro di sollievo.
 
Oggigiorno, poi, riuscire a fare lavorare gli adolescenti significa avere un fisico bestiale, la giusta componente ossessiva (che però si paga) e grosse qualità seduttive, vista la mancanza di strumenti "costrittivi".

Che c’entra tutto questo con il lavoro di altri laureati di altro genere che svolgono altri lavori?

 

Commenti all'articolo

  • Di Luciano B. L. (---.---.---.18) 30 giugno 2010 18:00
    Luciano B. L.

    Considero inadeguato, mentre si opera, mescolare il "profano" ed il "sacro". Ovvero, considerare l’aspetto dei compensi mentre si svolge la funzione in oggetto.

    Certamente, si dovrà tornare a spendere per la scuola, soprattutto ripristinando condizioni dignitose e sicure d’impiego di tutte le risorse. Chi si lagna solo dei compensi non merita neppure un fico secco. Anche perché, forse, non s’è accorto che le Commissioni subiscono (ad esempio sulla attribuzione eventuale della "lode") decisioni ministeriali prese a partita già iniziata.

    Per la composizione delle Commissioni, si dovrebbe mantenere l’equilibrio faticosamente ricercato. Coloro che non sono in grado di "lavorare insieme" possono sempre dedicarsi ad altre incombenze.

    Ciò detto in quanto, al presente come nel passato, impegnato direttamente nei lavori.

  • Di Ettore (---.---.---.24) 30 giugno 2010 19:14

    Ringrazio senz’altro per l’attenzione e per la possibilità che mi si offre di chiarire meglio il mio punto di vista.

    Non era tanto mia intenzione lamentarmi per i compensi quanto piuttosto rispondere a quanti (anche in questo spazio) considerano le spese per l’Esame di Stato un puro e semplice spreco. Il che mi pare anche implicare una pesante svalutazione del nostro ruolo di insegnanti. Ecco questo a me parrebbe un terreno più interessante di polemica.

    Chi ha scelto una professione che implica il saper lavorare insieme ha evidentemente il dovere di farlo e anche al meglio delle sue possibilità, come pure ha il diritto che ciò gli venga riconosciuto, sia in termini morali che economici.
    E forse questo mi è parso un momento nel quale non fosse inutile cercare di valorizzare il nostro operato.

    L’insegnante oggi è un professionista al quale individualmente solo spetta scegliere se e quando assumere un’attitudine missionaria senza che ciò gli possa essere imposto moralisticamente.

    Ciò detto -anche da parte mia- " in quanto, al presente come nel passato, impegnato direttamente nei lavori " senza mai lesinare né in umanità né in energie né in impegno.

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