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Cina | La popolazione che vive in una caverna

Guizhou è una delle province cinesi più povere. Lo noti, passeggiando per il centro, dove l'unico Waiguoren (straniero) sei tu e i bambini ti guardano, affascinati. A tre ore d'auto dalla capitale, Guiyang, c'è un piccolo villaggio di 64 persone, in una caverna. Non è un luogo turistico. Pochi locali lo conoscono. Qualche cinese fa campeggio nel fine settimana, ma niente di più.

Qualche settimana fa, ho deciso di andare a visitare gli ultimi “cavernicoli” della Terra.

Alcuni dicono che la caverna sia abitata dal 1949, altri da innumerevoli generazioni prima della nascita della Repubblica Popolare Cinese. Ci vivono venti famiglie, tutte appartenenti alla minoranza Miao, uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dal governo di Pechino. Coltivano granturco ai suoi piedi e allevano bestiame. L'acqua è donata dalle rocce. Le case sono costruite in bambù e non hanno il tetto. Non ne hai bisogno in una caverna. Dal 2005 circa, hanno anche l'elettricità, la quale ha portato inevitabilmente l'utilizzo di lavatrici, televisori e internet. Il Guizhou è la provincia con il più alto numero di minoranze etniche della Cina. 

Grazie a un amico del luogo, il quale non aveva idea che ci fossero ancora persone risiedenti in quel luogo misterioso, noleggiamo un'auto e partiamo da Guiyang alla contea Ziyun, nella prefettura di Anshun. Nella prima ora del tragitto, le strade sono perfettamente cinesi. Dalla seconda ora, l'avventura inizia. Asfalto ad alternanza, ciottolame, eterni lavori in corso, stradine, polli saltellanti da una sponda all'altra, strettoie di montagne immerse in un verde da farti sorridere il cuore per la bellezza. E facce, curiose e divertite, di locali che sorridono al perduto straniero.

Dopo aver raggiunto l'unica area in cui parcheggiare, senza la preoccupazione di ritrovare la macchina alla fine del dirupo, cominciano i nostri quaranta minuti di camminata. La prima immagine che si presenta agli occhi è la funivia, non funzionante. Le cabine sono staccate, a terra. I bambini, molto silenziosi, ci giocano al loro interno. O meglio, giocano con il cellulare. La passeggiata non è proprio per i deboli di cuore. Pochi scalini, deteriorati, molto vicini alla parete della montagna. Non c'è recinzione. Alcune mucche pascolano lungo il percorso. 

In Mongolia, ho imparato come spostare una mucca, cioè facendo finta di essere più grossa di lei, solamente sollevando le braccia e gridando qualcosa tra un orso insicuro di sé e uno scoiattolo. Così i ruminanti si spostano e continuiamo il nostro sali e scendi da quelle pareti. Dopo circa quindici minuti, riusciamo a vedere la caverna, dalla parete opposta. L'ammiriamo e proseguiamo. Scendiamo ancora un poco. Ci sono delle case. Belle e pure nuove. Sembrano disabitate, e lo sono. Qualche grugnito di maiale, ma non ci sono segni umani. Sono le case costruite dal governo per i Miao. Tuttavia, loro preferiscono la caverna. Come dargli torto. Una volta arrivati, capisco benissimo la loro ostinazione. Nella torrida e afosa estate cinese, in quel luogo si sta freschi. 

Un “uomo delle caverne” che parla un po' di mandarino, mi dà il benvenuto, comunicandomi con orgoglio che d'estate non fa caldo e d'inverno non fa freddo, non come in quelle case laggiù. Nel mezzo della caverna villaggio, c'è persino un campo da basket con ben quattro bambini. Più in là la scuola elementare. Purtroppo è stata chiusa proprio l'anno scorso. Forse era troppo dispendioso mandare l'insegnante fin là per pochissimi bambini. Alcune famiglie si sono trasferite in città, ma questa ventina di famiglie non ne vuole sapere. ZhongDong, letteralmente la caverna di mezzo, è casa loro. Non è facile lasciare una vita così frugale, ma rilassata, e andare nella giungla di cemento, facendo i conti con le barriere linguistiche e la mancanza di competenze professionali che gli agglomerati urbani richiedono. 

Ho riflettuto molto prima di scrivere questo articolo. Dato che mi hanno riferito di essere il secondo straniero ad averli visitati (il primo era un americano, il quale ha donato una ingente somma per portargli la corrente elettrica), anche se non sono sicuro intendessero occidentale piuttosto che non cinese, ho avuto qualche remora prima di “aprire” la caverna a voi.

Poi, ripensandoci, credo sia giusto parlarne in modo da portare consapevolezza su altri stili di vita e perché no, mostrare un genuino interesse verso queste famiglie che non sono certamente dei primitivi, ma non vogliono avere niente a che fare con il grigiore moderno. Ho la modesta presunzione di volere contribuire alla conservazione di quella cavena, affinchè più persone possano conoscerla, magari visitandola.

Sempre con il massimo rispetto e non trasformandola in una nuova metà Lonely Planet. 

 

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