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Chiudiamo WikiLeaks?

Le mille polemiche scaturite dalla pubblicazione su WikiLeaks - ma anche sul Guardian e sul New York Times – di oltre 90mila rapporti segreti dell’intelligence americana in territorio afghano e pakistano, hanno portato inevitabilmente i media americani a parteggiare pro e contro Julian Assange, il proprietario di WikiLeaks.

Marc Thiessen, in un durissimo editoriale sul Washingont Post, attacca il wiki sostenendo che il sito andrebbe fermato immediatamente perché è in palese violazione “dell’Espionage Act” e quei dati fornirebbero “un supporto materiale al terrorismo”. Thiessen va addirittura oltre dichiarando che WikiLeaks “non è una organizzazione che diffonde informazioni, ma un’impresa criminale“ e Assange dovrebbe essere arrestato ad ogni costo:

Assange è una di quelle persone non americane che operano al di fuori del territorio degli Stati Uniti. Questo significa che il governo ha molte opzioni per trattare con lui. Si può applicare non solo il diritto, ma anche l’intelligenza e i mezzi militari, per portare Assange davanti alla giustizia e bloccare l’attività del suo consorzio criminale.

Sicché ad Assange non basterebbe la Icelandic Modern Media Initiative, la legge islandese approvata qualche mese fa sulla libertà di espressione ed informazione, perché secondo Thiessen il governo americano dovrebbe arrestarlo in barba a qualsiasi legge islandese, non accettando il blocco delle comunità internazionali, e portarlo in territorio americano e processarlo per crimini contro lo stato. Praticamente per alto tradimento.

Naturalmente anche le parole di Thiessen hanno creato un vespaio di polemiche e attacchi.

Un’altra giornalista del WP, Eva Rodriguez, si chiede se un’azione del genere sia fattibile e comunque valga la pena mettere a dura prova i rapporti politici con l’Islanda solo per arrestare Assange:

Thiessen sta forse suggerendo che sarebbe una buona idea ignorare la sovranità di un alleato, magari fare dei danni irreparabili ai rapporti con loro e la comunità internazionale solo per mettere le mani su Assange?

A questo punto Thiessen cerca di limitare i danni replicando alla collega che si tratterebbe solo di utilizzare tutti gli strumenti di sicurezza in dotazione per fermare Assange, senza nessun “drone strikes”.

Altri giornali dedicano ampi spazi alle informazioni pubblicate da WikiLeaks.

Michael Sherer su Time, scrive invece che l’idea di Thiessen è quella del rapimento alla luce del sole, dunque in manifesta violazione di qualunque diritto internazionale. Sherer si dice perplesso e indica un precedente con il quale l’operazione suggerita da Thiessen andrebbe a cozzare:

Per essere chiari, le azioni criminali di Assange, secondo Thiessen, sono la ricezione e la ripubblicazione intenzionali di informazioni classificate, qualcosa che si fa con una certa regolarità negli Stati Uniti da giornalisti rispettabili e responsabili che lavorano per organizzazioni top news in tempo reale. Se si seguisse la tesi Thiessen, equivarrebbe respingere il parere della Corte Suprema di New York nella causa “Times Co. vs. United States”, il cosiddetto caso “Pentagon Papers” del 1971.

C’è chi invece dà ragione a Thiessen pubblicando le prove in almeno due casi documentati. Newsweek rivela che dal giorno del “War Diary” i talebani si stanno servendo delle informazioni topo secret diramate da Assange, per identificare e punire duramente chi ha collaborato con gli americani:

Settimana scorsa, appena quattro giorni dopo che i documenti sono stati pubblicati, sono cominciate ad arrivare minacce di morte nelle case dei principali capi tribù nel sud dell’Afghanistan. Durante il fine settimana un anziano capo tribale, Khalifa Abdullah, che i talebani credono in stretto contatto con gli americani, è stato prelevato dalla sua abitazione nel villaggio Monar, nel distretto di Arghandab nella provincia di Kandahar, ed ucciso da ribelli armati.

Secondo Abc Assange ha le mani sporche di sangue di decine di afghani e di soldati americani uccisi dai talebani. Inoltre è sua la colpa se altri afghani moriranno per via delle informazioni portate all’esterno del Pentagono:

“Il signor Assange può dire quello che vuole, ma la verità è che le sue mani potrebbero essere già sporche del sangue di qualche giovane soldato o di una famiglia afghana”. Lo ha detto l’ammiraglio Mullen.
Il Segretario alla Difesa USA Robert Gates ha anche criticato la fuga dei file militari, dicendo che ha conseguenze potenzialmente gravi e pericolose per le truppe sul territorio. Gates dice che i documenti relativi a incidenti di battaglia e di raccolta di informazioni potrebbero rappresentare una minaccia per i cittadini afghani che assistono la coalizione, e che il Pentagono non sa quanti file potrebbero essere stati trafugati e portati all’esterno.

Nel frattempo però Assange si è assicurato la vita e la chiusura di WikiLeaks in territorio americano pubblicando un file criptato di 1.4Gb chiamato “Insurance- assicurazione, appunto – con la minaccia più o meno velata di mettere online la password degli altri presumibili rapporti contenuti nel file (si parla addirittura di 500mila documenti super riservati), onde evitare brutte sorprese nell’immediato futuro.

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