Bruce Springsteen, la magica emozione di Ferrara va al di là delle polemiche
Incertezza fino all’ultimo per il concerto, critiche per il mancato annullamento, apprensione per la tragedia in Emilia-Romagna e tanti disagi di ordine pratico per raggiungere la città. Ma quando infine il Boss sale sul palco non c’è spazio per niente altro: la sua musica ed energia avvolgono il Parco Urbano trascinando tutti in una memorabile serata
Essere a Ferrara, al Parco Bassani, in un impensabile maggio freddo e piovoso, dopo l’alluvione e le inondazioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna, con vittime e sfollati. Esserci, tuttavia, con irrazionalità e speranza, attraversare ogni disagio per vedere e ascoltare Springsteen e la E-Street Band, ancora una volta. Questo è il popolo del Boss, che si è messo in viaggio da ogni parte d’Italia e anche da altri Paesi per arrivare a qualunque costo, nonostante le polemiche che hanno accompagnato queste ultime ore. Non sono stati pochi, anche tra i fan più irriducibili, a essersi indignati con l’organizzazione, con le autorità e anche con lo stesso Springsteen per la decisione di continuare secondo programma, a dispetto delle circostanze.
La prima tappa italiana del World Tour 2023 dell’artista americano è stata comunque fortemente a rischio, appesa a un filo; e con poche possibilità - quasi nulle - di riprogrammarla in un’altra data. Hanno vinto alla fine gli interessi economici, come sostengono in molti, oppure è stata fatta una valutazione che ha tenuto conto dei diversi aspetti, della situazione reale? Sarebbe stato giusto annullare all’ultimo momento, e in condizioni complessivamente accettabili, un evento che aveva la possibilità di svolgersi in sicurezza? È questo un concerto che ha richiesto - come spiegano i tecnici - oltre venti giorni di lavoro per il montaggio del palco, sotto una pioggia quasi quotidiana. Per chi riteneva giusto fermarsi, le motivazioni parlano anche di solidarietà alle popolazioni colpite che però può esprimersi in modi molto più costruttivi. Ora il momento delle valutazioni, dei pro e contro e del dibattito è finita, forse se ne riparlerà più avanti con nuovi argomenti.
La cosa certa è che, al di là di qualunque contrarietà, disagio e senso di colpa, in 50.000 fin dal primo pomeriggio sono lì, sul prato bagnato dove tutto sommato - anzi, senza ombra di dubbio – il fango sulle scarpe val bene lo sforzo e l’attesa. Il pit A, di fronte al palco, è gremito di gente. Nessuno sente più la fatica, l’ansia dei treni cancellati da Nord a Sud, i ritardi, le critiche, il peso di doversi pensare un po’ fuori luogo, a cantare e ballare dopo che una tragedia ha lasciato pesanti conseguenze, a soli 50 km di distanza da Ferrara.
Ma questo, per tre ore e più, diventa un altro mondo, a parte, fuori dal tempo. È Bruceland. Gli ingressi, dalle quattro in poi, avvengono in sicurezza, senza calca, stivali di gomma ai piedi mentre si affaccia un timido sole che somiglia a uno scorcio d’autunno. Hanno messo della paglia per terra, sale quasi un odore di stalla, persino piacevole. Nessuno si pente di avere percorso tanta strada, rifarebbe invece tutto da capo. Ci sono code ovunque, ordinate ma lunghe, per entrare e per comprare cibo e acqua; tanti addetti alla sicurezza che indirizzano il percorso e dirigono il traffico. Soprattutto, cosa fondamentale, non piove: perché anche con la migliore buona volontà basterebbe qualche goccia d’acqua in più, o un temporale, a trasformare il Parco Bassani in un catino inagibile. Che sia da prendere come un segno del destino, che l’alluvione abbia risparmiato proprio Ferrara questo giovedì, e riservato al concerto del Boss l’unica serata quasi serena?
Arrivano le 19.30, l’ora d’inizio, passa ancora qualche lungo minuto. Ed ecco che alle prime note si ritorna magicamente indietro, ci si ritrova in un'altra dimensione, eterna, incorruttibile. Bruce sale sul palco e saluta Ferrara, la piccola città che ha aspettato un anno, quasi incredula della scelta degli organizzatori, quest’evento straordinario. Nei quasi 74 anni di vita e musica del Boss c’è qualcosa di indescrivibile, difficile da spiegare e raccontare se non lo si ascolta almeno una volta dal vivo. È un’energia incontenibile, quella che attraversa come un’onda la “fossa”, fino in fondo al Pit D, il settore più lontano da dove è quasi impossibile vedere il palco se non attraverso i maxi schermi.
Se qualcuno si aspettava parole, frasi o richiami alla tragedia accaduta e che ha duramente colpito la regione, è rimasto forse deluso dal suo silenzio; che qui ha lasciato spazio solo alla musica. O forse, invece, nessuno ne ha sentito la mancanza, di quella frase in più, perché la musica parla al cuore più forte di mille parole di circostanza, oltre ogni retorica; al di là delle giustificazioni non richieste e delle polemiche che cadono ormai nel vuoto, tra le luci della sera e quelle del palco, sui versi di “No Surrender”, nessuna resa. Sono quasi tre ore di concerto, di una voce rimasta straordinariamente potente, trascinante, autentica. In questo mondo a parte, si avverte con forza che cantare e ballare non sarà mai una mancanza di rispetto verso chi soffre e chi vive un dolore, una perdita. Semmai è un inno alla vita. Ecco, lo show di Bruce Springsteen a Ferrara, e quello che ci sarà domenica al Circo Massimo a Roma, e poi chissà quanti ancora, sono proprio un invito a cogliere l’attimo, a non lasciare niente indietro, come dice Bruce prima di cantare “Last man standing” in una versione acustica da brividi.
Una canzone dietro l’altra, senza sosta, senza respiro: dalle più recenti come “Letter to you” e “Ghost” a quelle eterne che tutti aspettano di cantare, “Dancing in the dark”, “Because the night”, “Thunder Road”, “Badlands”, “Born di the USA”. Come se fosse di nuovo l’85 o giù di lì, non è così, però a tratti ci si può illudere. Che sarà mai restare tre ore e più in piedi ad ascoltare quest’uomo che sfida l’età, che fa vedere oltre e fa sentire in qualche modo migliori?
Born to run: mai come oggi a Ferrara sono tutti d’accordo nel dargli ragione; ripensare alla giornata infernale in questa sua bellissima conclusione unisce e riscalda, in un grande cerchio, un messaggio di speranza. Alle 22.30 arriva l’ultimo bis, come da scaletta del tour che in questo concerto non subisce modifiche. È “I’ll see you in my dreams”. Buonanotte, e lunga vita al Boss, grandissimo performer.
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