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Brasile: il paese del futuro

Report sul forte sviluppo dell’economia brasiliana, con la benedizione del "presidente proletario".

Tra i paesi emergenti che rientrano nell’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), l’economia brasiliana sta finalmente iniziando ad esprimere il suo vero potenziale, guadagnandosi la fiducia dei mercati finanziari con un rating "investment grade" (riservato ai titoli di qualità medio-alta e basso rischio).

Un passo importante, se si considera che solo negli anni 80 il Brasile, complice la grave insolvenza sul debito, ha dovuto operare grosse svalutazioni, con un livello d’inflazione registrata al 7000-8000%. Chi ha viaggiato in quel periodo ricorda ad esempio che il prezzo delle camere d’albergo cambiava di giorno in giorno, senza prevedere addirittura quale sarebbe stato il conto finale.

Per fronteggiare la crisi, il così detto "Piano Real", introdotto nel biennio 1993/1994 , intervenne in maniera rigida sul fronte ristrutturazioni e consolidamenti, soprattutto sul regime fiscale e sulla gestione della politica monetaria.

Una serie di misure che hanno prodotto gli effetti desiderati, portando l’inflazione attuale intorno al 4-5%. E’ ovvio sottolineare che il controllo dei prezzi è un fattore importante soprattutto per la coesione sociale e la protezione delle fasce più povere della popolazione, che solitamente non detengono proprietà e sono esenti dalla possibilità di investimenti in prodotti finanziari.
 
La bassa inflazione, accompagnata da una crescita dei salari reali, ha contribuito così ad aumentare la fiducia nel paese, che ha visto emergere in poco tempo un ceto medio borghese fiorente in grado di sostenere lo sviluppo economico.
Nel 2009 il Brasile è diventato così, dopo la Cina, il secondo destinatario di investimenti diretti esteri, con circa 21 miliardi di soli dollari Usa, restando un importante beneficiario della domanda di materie prime e prodotti agricoli dei paesi asiatici, superando anche Europa e Stati Uniti.

Negli ultimi dieci anni inoltre il tasso di disoccupazione si è quasi dimezzato, dal 12-13% al 7%, mentre la domanda locale ha mantenuto una certa solidità ed i salari medi nel settore pubblico sono quasi raddoppiati, favorendo la crescita dei consumi e la sostenibilità interna.

Anche i tassi d’interesse attualmente oscillano tra l’8 e il 9% e probabilmente resteranno su livello molto bassi nonostante la previsione di leggeri incrementi a titolo preventivo della Banca Centrale.

Infine, a livello settoriale, il Brasile può vantare alcuni punti di forza, soprattutto su energia, materiali e titoli finanziari, che influenzano ovviamente l’indice di riferimento. Le due mega cap dell’America Latina sono brasiliane, il colosso petrolifero Petrobas (con un peso del 21% sul mercato energetico) e Vale, grande produttore di minerale di ferro. Entrambi detengono una capitalizzazione di mercato superiore ai 100 miliardi di euro.
 
In sostanza il Brasile ha un buon potenziale di crescita e potrà giocare un ruolo strategico nell’economia dei prossimi anni.

Sarà un caso che nonostante il suo presidente sia un leader "storico" della sinistra, proveniente dal sindacato operaio, gli investitori ed i mercati finanziari respirano aria di ottimismo e questo l’ha capito anche il popolo brasiliano, se è vero che l’indice di gradimento di Lula si attesta intorno all’80%.

Dopo otto anni di presidenza, è un dato storico e senza precedenti nel resto del mondo.
 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.25) 7 aprile 2010 18:27

    ATTENZIONE:un paese in crescita si deve occupare anche della sicurezza dei propri abitanti. Questo non lo vedo ,anzi gli assalti a persone e attivita’ commerciali aumentano un modo vistoso. Pertanto bisogna migliorare la sicurezza del cittadino ,principalmente con provvedimenti che migliorano l’istruzione e la sanita’. la distanza di chi a tutto e chi non ha niente si deve ridurre in modo drastico. Apresto

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