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 Home page > Tribuna Libera > Barbari i leghisti?

Barbari i leghisti?

Piace a loro definirsi tali e piace a noi considerarli così, ma in realtà sono italianissimi; hanno sicuramente tutti i difetti degli italiani e, tra i pregi, forse solo quello di non prendersi troppo sul serio. Sicuramente, perlomeno i loro capi, di non prendere sul serio quel che dicono.

La Lega è il partito che declina in lombardo e veneto il nostro vezzo nazionale di parlare degli italiani come se fossero altri, come si fa con i tedeschi o i francesi, e non, semplicemente, noi. Offre ai suoi elettori una completa assoluzione dai loro peccati, esattamente gli stessi degli altri italiani, rapporto difficile con il fisco e l’autorità in testa, puntando il dito altrove; proprio quel che facciamo noi ovunque viviamo e di qualunque cosa ci occupiamo: le cose vanno male, anzi malissimo, sempre e solo per colpa degli altri. Noi? Vittime. Siamo una penisola di piagnoni e i Leghisti son proprio dei nostri.

Italianissime della Lega sono pure le origini che rimontano non a Teodorico o ad Alboino ma ad Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi, più noto come Antonio De Curtis e famosissimo con il nome d’arte di Totò.

La Lega Lombarda è figlia dell’arte d’arrangiarsi; l’invenzione di un ex ragazzotto di poche speranze, l’Umberto, che, dopo aver fatto di tutto nella vita tranne quel che doveva, per sbarcare il lunario ha messo sul il partito, sfruttando una voglia di localismo che girava allora per l’Europa e che in Italia aveva già prodotto la Liga Veneta e altri movimenti autonomisti.

E’ nata come un “Banda degli Onesti” sulle rive dell’Olona, insomma, la Lega, e con una simile mentalità, saltando da un’improvvisazione politica all’altra si è sviluppata e continua a vivere.

Inutile cercare dei valori dentro il leghismo; non ve ne sono. Vi sono i valori e disvalori della base, questo sì, ma il Capo (la Lega è, quasi come il PdL, un partito personale) ha fatto, fa e farà sempre quel che gli conviene, senza badare minimamente a quanto ha gia detto, promesso o giurato.

La mancanza di coerenza è uno dei più grandi tra i nostri difetti (e pure tra i nostri pregi; c’impedisce di sbagliare fino in fondo) ed è così anche per l’italianissimo Umberto ed i suoi altrettanto italiani seguaci.

Mai più con Berlusconi? Infatti… .Secessione? No, meglio federalismo, se con la secessione si rischia la galera. Federalismo? Sempre, se serve come scusante. Quando? Speriamo mai se no, poi, che diavolo si fa?

Il corollario di quanto ho affermato sopra è che noi italiani, un po’ o tanto, leghisti lo siamo tutti, anche se magari siamo romani o napoletani.

Basta parlare con un meridionalista per incontrare un perfetto leghista del sud. Come quello del nord mitizza il passato pre-unitario, non riconosce nulla di buono allo Stato Nazionale, dice peste e corna della Repubblica, pensa che il suo pezzetto d’Italia sarebbe stato meglio da solo e, ovviamente, si sente infinitamente superiore, per ragioni che solo possono esser dette genetiche, al resto degli italiani.

Condivide, insomma, le opinioni dei leghisti, ne imita i ragionamenti, specularmente, fin nel più minuto dettaglio ed ha verso il mondo la stesse loro attitudini. Tutte: razzismo compreso.

Sono razzisti molti dirigenti leghisti e moltissima parte della base di quel partito, ma non è certo solo la Lega ad essere razzista in Italia. Il razzismo, questa nuova malattia dell’animo nazionale (nuova perché prima d’esser razzisti non avevamo occasione) è diffuso al sud perlomeno quanto al nord e non solo tra chi vota a destra.

Meriterebbe un libro o un enciclopedia, il nostro razzismo, non un articoletto; resta che tutto possiamo fare tranne che rifiutarci di vedere quello dentro di noi ed attorno a noi.

Non possiamo puntare il dito verso i leghisti, o peggio verso i settentrionali in genere, e chiamarcene fuori; sarebbe proprio da… leghisti.

Commenti all'articolo

  • Di fernanda cataldo (---.---.---.162) 21 febbraio 2011 10:55
    fernanda cataldo

    non c’è dubbio da nord a sud, gli italiani coltivano l’arte del "pasticcio".

    ferni

  • Di pv21 (---.---.---.217) 21 febbraio 2011 12:55

    Il meglio di BORGHEZIO >
    "Con la retorica impositiva del Risorgimento non vorrei che statue e targhe dedicate a Garibaldi corressero pericoli". "Per la nostra gente l`Unità d`Italia ricorda soprattutto le tasse, gli sprechi, le pensioni facili, tutta quella porcheria".
    La Lega è così arrivata al PNR (punto di non ritorno). Tanta “fatica” val bene un federalismo spuntato “a colpi di fiducia”. La Lega non può più staccare la spina. Non può tornare “a mani vuote”. Rischierebbe grosso sul piano del consenso elettorale.
    Meglio prendersela con i festeggiamenti dell’Unità d’Italia. Meglio non rischiare il Consenso Surrogato di chi ha fede nell’Eldorado padano ...

  • Di Luigi Nicotra (---.---.---.21) 21 febbraio 2011 13:02

    Gli atteggiamenti sprezzanti di certi settentrionali, da una parte e di certi meridionali, dall’altra, gli uni contro gli altri armati, sono il frutto malato di lustri all’insegna dell’egoismo e del clientelismo affaristico, di quella sotto-cultura localistica di cui si parla nell’articolo e, in ultima analisi, della profonda ignoranza sugli avvenimenti storici che portarono all’unità d’Italia.
    Per quanto riguarda il Nord, occorre ricordare che il solo Piemonte era uno stato " liberale ", con uno Statuto che garantiva alcune libertà fondamentali ai propri cittadini. Il lombardo-veneto era sotto il tallone dell’impero asburgico all’interno del quale qualsivoglia espressione critica e di libero pensiero erarno represse senza tanti complimenti.
    Al Sud, erano soprattutto i grandi proprietari terrieri, l’aristocrazia fondiaria a tenere schiacciate sotto il suo tallione le popolazioni, dando il proprio incondizionato appoggio al governo borbonico che era ben lieto di conservare il favore di quella aristocrazia terriera alla quale, come merce di scambio, garantiva l’immutabilità della situazione attraverso il sistema assolutista.
    E non dimentichiamo il centro Italia, dal Lazio alla Romagna, sotto il giogo del potere temporale della Chiesa, assolutista e oscurantista che solo il Risorgimento potè spazzare via, dando corso alla costruzione di uno Stato moderno e laico. Se poi non ci siamo riusciti fino in fondo, le colpe e le responsabilità non risiedono negli uomini che fecero il Rsiorgimento, ma in tutti quelli che vennero dopo, compresi coloro che da oltre 60 anni reggono le sorti della nostra Repubblica.
    LN

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