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Aspetti dell’indipendenza e trasparenza della Magistratura

La Giustizia italiana come tutti sappiamo è sottoposta a diverse critiche e osservazioni da decenni, sia da parte della politica (ma qui più che altro per motivi speculari agli interessi del partito/i che hanno vinto le ultime elezioni), sia da parte dei cittadini che lamentano (giustamente) l’inefficacia di questa organizzazione dovuta sia a problemi inerenti la sua indipendenza (interna) che alla sua (scarsa) trasparenza nei processi di valutazione dei magistrati.

Uno dei diversi problemi ancora presente è quello della lentezza della giustizia italiana, che non è direttamente imputabile ai problemi di cui sopra come (la scarsa) indipendenza interna e trasparenza, per risolverlo bisognerebbe quindi sburocratizzare il suo modus operandi; nel penale ad esempio, il vulnus sta nel dilatarsi dei tempi che la Procura della Repubblica impiega per espletare le indagini preliminari, per cui occorre snellire le procedure ma soprattutto investire in nuove risorse (assunzioni di magistrati e funzionari).

 Sul versante della trasparenza credo occorra invece fare attenzione sulla valutazione dei magistrati (che nonostante le varie riforme) non sono emersi spunti per cambiare un assetto che si basa su un reclutamento tramite concorso iniziale e con avanzamenti in carriera dettati da logiche correntizie e di anzianità più che sull’effettivo merito, retaggio di un sistema ancorato ancora in parte a più di un secolo fa almeno per quanto attiene al reclutamento (riforma Zanardelli del 1890).

Il problema della valutazione dei giudici è infatti fondamentale per il buon funzionamento giurisdizionale del Paese, poiché non attiene solo al fattore della scarsa trasparenza delle valutazioni interne del C.S.M ma ha anche un impatto negativo con il principio della sua indipendenza (interna alla magistratura).

Infatti, se volgiamo lo sguardo al funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura italiano, Organo che oggettivamente garantisce indipendenza dall’esterno (e quindi riflette quel principio di separazione dei poteri di montesquiana memoria) è possibile comprendere meglio la questione della valutazione professionale (una delle sue principali competenze) delle toghe se analizziamo le dinamiche intrinseche alla sua composizione, premessa logica per capire l’anomalia delle proprie valutazioni sui magistrati.

Il meccanismo attraverso cui il suddetto Consiglio interviene quindi sulle valutazioni e promozioni dei giudici ha la sua origine nel momento delle elezioni del CSM (la composizione infatti è per un terzo di membri laici eletti dal Parlamento e due terzi da membri togati eletti dai soli magistrati), che è frutto di scambi di favoritismi fra correnti, clientelismi e avanzamenti di carriera legati all’appartenenza politica; questo ovviamente accade perché la Magistratura, da sempre divisa in correnti, (ciascuna delle quali è referente rispetto ad un partito politico) e tramite l’Associazione Nazionale Magistrati (associazione sindacale a cui aderisce il 90% circa dei magistrati italiani) perpetua quel fil rouge che lega indissolubilmente queste dinamiche di favoritismi alla designazione di giudici che devono rispondere poi col loro operato a chi li ha valutati.

In sintesi bisogna fare attenzione ai suddetti problemi di indipendenza interna e di trasparenza che non sono certo gli unici, ma cumulati potrebbero essi inficiare il sillogismo dell’imparzialità = efficacia del giudizio (ma anche dell’autonomia nel caso del pm) poiché ad esempio un giudice che ottiene un avanzamento in carriera per garantire “l’affinità correntizia” del suo valutatore (ad es. un P.M. del CSM) , non potrebbe mai specchiarsi in una terzietà di giudizio che è il fulcro di imparzialità e il faro guida della magistratura nelle sue sentenze di fronte al cittadino.

Antonino Lo Giudice

 

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