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Appello Dell’Utri /Quarta puntata

 Quando i pentiti si pentono due volte. Storia della vicenda Cirfeta.

Nelle ultime due puntate della rubrica si è parlato di Cosimo Cirfeta, protagonista di una vicenda di inquinamento probatorio nel processo Dell’Utri. Per prima cosa una breve rettifica: nell’ultima puntata ho scritto che Cosimo Cirfeta non è mai stato sotto programma di protezione. Non è vero, e me ne scuso con i lettori, dato che nella sua lunga “carriera” penitenziaria è stato anche un collaboratore di giustizia, di conseguenza tutelato dal Servizio Centrale di Protezione. Ecco la storia della vicenda, aggiornata agli ultimi pentiti.

Cosimo Cirfeta, tossicodipendente, è stato a lungo un membro della Sacra Corona Unita. Suicidatosi in carcere il 16 marzo 2006, il Cirfeta è stato un doppio pentito: prima pentito di mafia, quindi collaboratore di giustizia, poi pentito collaboratore di giustizia, quindi calunniatore dei pentiti. Non aveva vita facile con gli altri detenuti che <<non tenevano in alcuna considerazione, confidenza ed amicizia Cirfeta>>. Così, per riuscire ad alleggerire la sua posizione processuale (se la cavava molto male) strinse un accordo, racconta il pentito Michele Oreste, con Marcello Dell’Utri, già senatore della Repubblica e fondatore di Forza Italia, da tempo sotto indagine a Palermo in seguito alle dichiarazioni di alcuni pentiti, fra cui Francesco Onorato e Francesco Di Carlo, che hanno reso le loro deposizioni su Dell’Utri rispettivamente il 12 febbraio 1996, il primo, e dal 30 luglio ’96, il secondo.
 
Secondo Oreste l’accordo prevedeva che Cirfeta facesse delle <<dichiarazioni scagionatorie nei confronti del senatore […] Dell’Utri>> ricevendone in cambio <<un lavoro, […] soldi e poi soprattutto […] che la situazione giudiziaria [di Cirfeta, nda] si affievolisse […] e se ne uscisse in tranquillità>>. Pare che Dell’Utri, non riuscendo a sistemare le sue questioni di giustizia, sia dotato di abilità telepatiche che gli permettono di alleggerire quelle degli altri (lo stesso Oreste racconta anche di un mafioso della Sacra Corona Unita, Bruno de Matteis, che in carcere chiedeva sempre notizie di Dell’Utri affinché potesse riportarle <<a qualche altro personaggio>>, non meglio precisato, che poteva fargli <<ottenere qualche beneficio penitenziario>>).
 
Non si sa bene se sia stato Marcello Dell’Utri a contattare per primo Cosimo Cirfeta o se sia vero il contrario. Tuttavia Dell’Utri racconterà, in un’intervista a Santoro e nel corso di alcune sue “dichiarazioni spontanee”, cioè non fatte sotto giuramento:
 
Cosimo Cirfeta […] mi ha telefonato l’anno scorso [1997, nda] per la prima volta, raccontandomi alcune, diciamo così, “combine” tra altri collaboranti, […] tali Guglielmini, Onorato e Di Carlo, che, in sua presenza, per essere ristretti nella stessa cella, hanno concordato delle dichiarazioni contro il sottoscritto e il dottor Berlusconi e invitavano anche il Cirfeta, per la sua parte… diciamo pugliese…, a fare dichiarazioni […] contro sempre il dottor Berlusconi. […] I miei difensori, che hanno potuto riscontrare l’attendibilità di questo collaborante […] mi hanno consigliato di chiedergli di verbalizzare quanto mi raccontava al telefono. La cosa è avvenuta.

Bene. Ora occhio alle date. Il 24 agosto 1997 Cosimo Cirfeta consegnava una lettera, datata 24 settembre, al personale del Servizio Centrale di Protezione, destinata ai magistrati della Dda di Lecce (Motta e Capoccia).
Alla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce

Al dottor Capoccia Giuseppe e dottor Cataldo Motta:
Il sottoscritto Cosimo CIRFETA collaboratore di Giustizia custodito in località protetta nota al S.C.P.
 CHIEDE
(all. 1/3) di potere conferire con la S.V. in quanto durante il mio ultimo periodo di carcerazione che si è protratto per giorni 30 dal 07/06/97 al 10/07/97 se non erro, venivo a sapere da tale GUGLIELMINI Giuseppe che lo stesso si era messo d’accordo con altri due collaboratori di giustizia presenti nel carcere ove lo scrivente era ristretto per volgere delle accuse false nei confronti del dr. on. Silvio Berlusconi e il dr. Marcello DELL’UTRI.
Pertanto qualora la S.V. o l’autorità giudiziaria competente ritenesse utile raccogliere quanto è a conoscenza dello scrivente, lo stesso è a vostra completa disposizione, o di qualsiasi altra A.G. lo ritenga opportuno.
Porgo cordiali e distinti ossequi.
In fede, Cosimo CIRFETA
Lì, 24/09/97


Poi, il 27 settembre 1997 precisava
 
Nel mese di giugno c.a. sono stato tratto in arresto e condotto nella Casa Reclusione di Rebibbia sezione collaboratori, [dove erano presenti anche] Di Carlo Francesco, Onorato Francesco, e Guglielmini Giuseppe con i quali instauravo, soprattutto con gli ultimi due, immediatamente degli ottimi rapporti, tali da indurre il sottoscritto a fare socialità con gli stessi.

Dopo pochi giorni il Guglielmini Giuseppe mi riferì che Onorato Francesco stava parlando con Di Carlo Francesco in quanto doveva essere quella mattina interrogato dai Giudici che gli avevano chiesto precedentemente se fosse a conoscenza di collusione con la mafia da parte del dr. on. Berlusconi e dr. Marcello Dell’Utri, in considerazione del fatto che il Di Carlo doveva essere sentito anche lui dai magistrati il Guglielmini mi riferì che si stavano mettendo d’accordo.

Quindi segue una descrizione della versione che, secondo Cirfeta, i due stavano combinando. Poi racconta che Giuseppe Guglielmini gli propose di entrare anche lui nel giro dei complottatori, chiedendogli
 
di costruire una valida accusa nei confronti non di Silvio Berlusconi e Dell’Utri in quanto a quello ci avrebbero pensato loro, ma […] contro il partito di Forza Italia del quale l’on. Berlusconi è presidente […] Io gli risposi che la cosa non mi interessava […]

Da lì Cosimo Cirfeta continuerà a inventarsi e verbalizzare le denuncie più stravaganti: la “sparizione” di due suoi block notes con appunti su <<un processo dove andrò a deporre in favore di Dell’Utri […] e Berlusconi>>, l’invito dei cospiratori a deporre contro a un capitano del ROS (Giuseppe de Donno) e persino contro Massimo D’Alema, non si sa a che titolo vittima anche lui del mega-complotto. In una telefonata con il sostituto procuratore della Dda di Bari, Michele Emiliano, Cirfeta arriva a sostenere avvenimenti che i sostituti procuratori Gozzo e Ingroia arriveranno a definire “grotteschi”, raccontando che arrivarono nella sua cella al carcere di Prato tre persone <<incappucciate>> che indossavano dei passamontagna <<neri con una striscia bianca al centro>> (una sorta di divisa del congiurato), che lo presero e lo portarono in un’altra stanza dove gli avrebbero proposto di avvalersi, alle prossime deposizioni, della facoltà di non rispondere. In cambio, sarebbe uscito dal carcere. Non basta. Racconta anche che uno di questi sinistri personaggi, per rendere il tutto più convincente, gli avrebbe messo <<il colpo in canna>> nella pistola che gli avrebbe rivolto <<in bocca>>.
 
Ora, favole a parte, le date non tornano. Cirfeta dice di essere arrivato a Rebibbia nel giugno del 2007. Come abbiamo visto all’inizio della puntata Francesco Onorato ha testimoniato contro Dell’Utri (non una parola su Berlusconi) il 12 febbraio 1996. Cioè un anno e quattro mesi prima di <<quella mattina>> di giugno del ‘97. Anche Francesco Di Carlo ha parlato del senatore da un anno prima, nel luglio 2006. Nessuno dei due rese testimonianze in quel periodo del ’97 sui rapporti Berlusconi-mafia.
Angelo Izzo, anche lui detenuto insieme a Cirfeta nel carcere di Prato quando mosse quelle accuse racconterà che Cirfeta, <<messo alle strette>>, aveva <<praticamente ammesso di essersi inventato quelle accuse>>.
Altri pentiti, Francesco e Carmelo Sparta Leonardi, Cukic Rade, Antonio Cariolo, invece, racconteranno che è stato Cosimo Cirfeta a minacciare loro di morte dentro al carcere.
 
Ma i colpi di scena, in questa bizzarra vicenda giudiziaria, devono ancora arrivare: intercettazioni telefoniche, un nuovo complice di Cirfeta e, soprattutto, il ritorno in scena di Marcello Dell’Utri.
 

Arrivederci alla prossima puntata.

Commenti all'articolo

  • Di antonio (---.---.---.244) 14 gennaio 2009 11:41

     ottimo articolo. bravo!

  • Di Antonio Cariolo (---.---.---.30) 5 maggio 2009 15:20

    Diciamo abbastanza corrispondente al vero!

    • Di Federico Pignalberi (---.---.---.49) 5 maggio 2009 16:05

      Ma che vuol dire "abbastanza corrispondente al vero"?

      Una storia o e vera o e falsa, anche se risultano falsi solo dei piccoli particolari. Ora, sicuro di non essermi inventato nulla, devo pensare che il commento sia riferito a delle omissioni. In effetti il commento e firmato con il nome di Antonio Cariolo, ascoltato dai giudici del processo Dell’Utri di primo grado in qualità di imputato di reato connesso. In quella sede Antonio Cariolo si soffermò sul ruolo, nella vicenda, di Pino Chiofalo, di cui ho parlato nella seconda parte del racconto, nella quinta puntata. Chi la volesse leggere, qui il link. Per correttezza riporto stralci della dichiarazione del Cariolo.

      Il Cirfeta [mi raccontava] che [...] anche in presenza dello stesso Chiofalo Giuseppe, diceva praticamente che dei collaboratori palermitani, in particolar modo tale Di Carlo Guglielmini Onorato [...] si sarebbero messi d’accordo, cioè che i collaboratori di giustizia palermitani si mettevano d’accordo per accusare il Dell’Utri perché apparteneva all’area politica di Forza Italia. Però questo è quanto diceva il Cirfeta.

      E le venne chieste, proposto di rendere dichiarazioni per avvalorare questa tesi della combin?
      Si, [...] sì questo da parte sia del Cirfeta che del Chiofalo, come mi fu proposto a me anche ad altri collaboratori.

      Senta, Cirfeta e Chiofalo, quando le dissero queste cose, le dissero mai di avere effettivamente, realmente assistito a questi accordi tra collaboratori palermitani, personalmente assistito ed effettivamente assistito?
      No, no, non avevano assistito praticamente.

      Senta, allora loro cercavano di convincere lei [...]
      A dichiarare il falso, anche perché...

      Dico, ma qual era, cioè bisognava dichiarare il falso per quale motivo, qual erano i benefici che ne sarebbero derivati?
      Diceva che avremmo avuto dei vantaggi per quanto riguarda il benefici penitenziari e quindi saremmo stati posti in libertà e anche per quanto riguarda in termini economici, quindi questo era quello che almeno propagavano.

      Le sue dichiarazioni sono state confermate, fra i tanti, dal pentito Rade Cukic:

      Sin dai primi di dicembre ’98 avevo saputo da Carmelo e Francesco Sparta, Pasquale Mercurio e Antonio Cariolo che Giuseppe Chiofalo aveva chiesto loro di fare delle dichiarazioni nei confronti dei collaboratori Onorato, Guglielmini, Di Carlo, Salvatore Cucuzza, Giovan Battista Ferrante i quali dovevano essere accusati di essersi messi d’accordo per accusare l’Onorevole Dell’Utri.

      Antonio Cariolo, oltretutto, il 7 settembre 1998 aveva inviato una missiva alla DDA di Catania dal carcere di Paliano dove era detenuto. Cirfeta, sosteneva già allora Cariolo, <<è in contatto con l’onorevole (omissis), però posso dire che è tutta una sua ripicca conseguente al suo arresto>>.

      Rimango convinto di non aver scritto nulla di falso e di non avere omesso nessuna notizia, nel qual caso, prego chiunque abbia scritto il commento di essere più concreto e spiegare dove e quali sono gli errori o le omissioni.

  • Di antonio carilo (---.---.---.121) 14 giugno 2009 09:55

    Appunto mi riferivo agli "omissis naturalmente"!! Cmq.non volevo assolutamente mettere in discussione, il suo fedele racconto! Cordiali saluti.... Antonio Cariolo

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