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Amministrative: il prevedibile flop del M5S

La sintesi di questo primo turno delle amministrative sembrerebbe piuttosto semplice.

I due dati eclatanti – se confermati dallo spoglio delle schede - sono il dimezzamento del M5S e l’aumento dell’astensione.

Poi è evidente una sostanziale tenuta del centrosinistra, che in alcuni comuni piazza risultati storici, come a Treviso e Imperia; nemmeno a Siena, nonostante la gigantesca grana MPS, il centrosinistra sembra sfiorare la catastrofe anche se è costretto al primo ballottaggio da vent’anni in qua. L’ultimo punto riguarda quella che sembra la fiacca tenuta, progressivamente calante, del centrodestra.

Su tutto ciò c’è materia su cui riflettere in abbondanza, perché per poter interpretare il significato politico di queste votazioni è necessario ricordare quello che è successo a livello nazionale solo una manciata di settimane fa.

Sembra piuttosto chiaro che gli elettori - che avevano ampiamente premiato i proclami di Beppe Grillo - avevano in realtà votato per il M5S ritenendolo un utile (forse addirittura indispensabile) pungolo fatto di trasparenza e onestà, novità e intransigenza, fantasia e caparbietà e chissà che altro ancora.

Un pungolo piazzato nelle parti “molli” della sinistra italiana per spingerla, esattamente come fanno le contadine con i bovini, nella direzione voluta. Quella del “nessuno deve rimanere indietro”, quella del “reddito di cittadinanza” o della “democrazia diretta”.

Che sono slogan (di sinistra) destinati a rimanere solo slogan se non si accompagnano con un saper fare politica che - come la rivoluzione - non è un pranzo di gala e nemmeno il luogo adatto per i duri e puri delle ideologie. 

Dopo essersi divertiti a sbeffeggiare Bersani in diretta streaming, dopo aver ripetuto come un mantra che per loro destra e sinistra pari sono e che non avrebbero mai e poi mai fatto alleanze né con gli uni né con gli altri, hanno tratteggiato di sé esattamente l’immagine che volevano dare: quella dei duri e puri dell’incorruttibilità e del rifiuto di ogni compromesso.

Premiati alle politiche (quando il "duro e puro" profumava di romantica ribellione giovanile e di speranza in un mondo migliore) e - senza dimenticare il precedente campanello d'allarme (per loro) del voto nel Friuli - dimezzati alle amministrative (quando l'esperienza delle ultime settimane ha messo a nudo l'inutilità nella pratica del loro gioco). Rimandare tutto al dopo aver preso il 100% dei voti cos'era se non un ritorno del "comico" al posto del "politico" ?

Il risultato naturalmente è stato quello che conosciamo, compresa la boccata d'ossigeno regalata a Berlusconi e compresa anche l’impossibilità di tradurre in pratica quegli slogan che, in mancanza della capacità di farli diventare fatti concreti alla fine si sono rivelati solo bei propositi e nulla più.

E loro hanno fatto la figura delle belle statuine, sbeffeggiati, a volte anche ingiustamente, dalla stampa e dalla concorrenza politica.

A questa inettitudine politica, all’insipienza e all'antipatia dei vari Crimi e Lombardi, ma non solo, alla evidente supremazia all’interno del M5S dei talebani celoduristi, si deve l’improvviso voltafaccia degli elettori. Molti dei quali, delusi, sono tornati a sostenere i candidati del centrosinistra (che infatti sembra reggere ben al di là delle aspettative dopo il clamoroso inciucio governativo) o a far aumentare la zona grigia dell’astensione.

Questo spiega la debacle del M5S - in alcuni comuni anche più che dimezzamento - che personalmente avevo già previsto da tempo quando, un mese fa, scrivevo: "Un Movimento Cinque Stelle a rischio dimezzamento per via che i suoi elettori di origine sinistrorsa... si ritireranno in casa a piangere per i sensi di colpa di aver ridato vita trionfante all’immarcescibile Silvio".

Buona parte dell'elettorato a Cinquestelle ha considerato il M5S responsabile della situazione attuale. Certi errori in politica si pagano e l'incapacità di cogliere al volo (e sfruttare) l'offerta di Bersani, vera o presunta che fosse, è stato il loro errore più grossolano.

I voti rimasti in dote al M5S sono quelli che credono ancora alla necessità di non contaminarsi con nessuno e quindi destinati all’irrilevanza politica (non potendo contare al contrario della Lega di bacini territoriali ‘forti’); elettori probabilmente in buona parte di destra, come quelli che a Parma hanno portato Pizzarotti sulla sedia di sindaco (e questo spiega la debolezza di PDL e Lega).

Adesso che il gioco si fa duro i casi sono due: o i deputati del M5S si decidono a giocare, cioé aprono progressivamente alla sinistra, cogliendo quelle profferte che vengono dai vari Civati o Marino e giocando sulle contraddizioni interne di quel mastodontico bovino chiamato PD, incapace di scrollarsi di dosso le pastoie dei vecchi e nuovi democristiani (a rischio di andare anche loro incontro a fratture interne), oppure si dovranno accontentare di giocare di rimessa e sempre con il fiato corto. Perché non hanno né l'esperienza né l'intelligenza politica per sostenere a lungo il gioco duro.

Sapendo di non avere più le spalle coperte dall'entusiasmo popolare saranno anime perse vaganti nei corridoi di Montecitorio in attesa dell'imbeccata del loro nefasto Virgilio. Il quale, a sua volta, rischia di vedersi ritorcere contro il famoso Vaffa che elargiva a piene mani a tutti gli altri.

Hanno fatto una partita tutta all'attacco, anche ammirevole, ma hanno sbagliato il rigore fatale. Succede ai campioni, figuriamoci ai dilettanti.

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