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La FED contro i mercati

Nell’ultimo anno e mezzo, cioè durante lo svolgersi della crisi, girava un’idea fissa nella testa dei banchieri e delle autorità monetarie americane: che le (nuove) potenze economiche asiatiche (Cina, Russia e altri) avevano comprato talmente tanti buoni del tesoro americani a lungo termine che non avrebbero mai osato abbandonare il dollaro USA perché questo avrebbe danneggiato i loro investimenti.

Questo perchè la svalutazione del rendimento che sarebbe seguita alla vendita dei Bond, avrebbe portato decurtato miliardi di dollari dalle riserve accumulate da questi stati. 

In effetti, si diceva nei circoli finanziari che gli americani potevano dormire sonni tranquilli finché gli investitori stranieri continuavano a comprare (o almeno a detenere) titoli del tesoro americani a lungo termine. Ma recentemente la situazione è cambiata: pare che gli investitori stranieri abbiano fatto sapere, tramite il mercato, che si aspettano che gli USA proteggano i loro investimenti, pena la vendita di quei titoli che causerebbe un collasso totale della moneta e l’economia americana.

Sia i mercati obbligazionari sia la Federal Reserve hanno bisogno di tenere i rendimenti obbligazionari bassi. Questo permette di tenere al minimo il costo di finanziamento delle spese statali. Considerando la quantità colossale di titoli obbligazionari americani accumulati da paesi come la Cina e la Russia, si direbbe che anche loro avessero un interesse a mantenere bassi i rendimenti, ma non è cosi.

La Cina e la Russia, come molti altri investitori stranieri iniziano ad avere paura che l’America li abbandoni al loro destino. Continuare a tenere bassi i rendimenti permetterebbe agli USA di continuare a spendere e spandere (stampando soldi senza valore per contrastare la crisi), e costringendo gli investitori stranieri a continuare a comprare i titoli del tesoro americani a lungo termine per salvaguardare i loro investimenti precedenti.

Ma come abbiamo visto durante il momento cruciale della crisi della scorsa estate, la Cina, la Russia ed altri hanno iniziato a vendere quantità enormi di titoli americani a lungo termine sui mercati. La Fed, impaurita, di concerto con il Tesoro, ha fatto sapere che loro avrebbero fatto in modo che si fermasse l’emorragia. Inoltre, quando hanno iniziato a fallire la grandi banche americane, questi investitori stranieri hanno ritirato diversi migliaia di miliardi di dollari in un solo giorno. Questo ha portato il panico e i successivi interventi da parte del governo USA come segno che avrebbe fatto tutto il necessario per preservare i mercati finanziari nonchè le banche.

Nessuno a Washington ha avuto il coraggio necessario per provare a scoprire il bluff degli institori stranieri. Una Washington in profonda crisi non aveva la forza di confrontasi con il resto del mondo in un gioco di nervi.

Meglio allora cercare di favorire un sistema che permetta agli investitori stranieri di scambiare i titoli a lunga scadenza con quelli a breve e nel frattempo cercare un modo alternativo per continuare a vendere i titoli a lungo dagli investitori USA oppure dal governo stesso. 

Questi investitori devono aver deciso di spostare il peso sulle spalle della Fed e degli investitori USA, sicuri che quest’ultimi avrebbero preso in mano la situazione. In effetti, è andata proprio così: il numero di titoli obbligazionari a lunga scadenza sta aumentando a dismisura mano mano che il governo USA cerca di vendere sempre più obbligazioni per coprire i suoi programmi di spesa in continua crescita.

Attualmente la Fed ha preso tempo per verificare se esistono investitori americani disponibili a comprare questi titoli che all’estero non vogliono più. La prossima mossa potrebbe essere una sorta di “quantitative easing” (QE), cioè di iniziare a comprare a man bassa, cercando di spronare gli investitori privati a fare lo stesso.

Ma non ha molto tempo il governo USA. Se il piano USA consiste nel comprare per se o da parte di investitori americani, i titoli a lunga scadenza, potremmo avere il beneficio di una curva del rendimento più piatta, che terrebbe bassi anche i rendimenti sui titoli a lunga scadenza. Questo favorirebbe anche il processo di conversione dai titoli a lunga scadenza a quelli a breve scadenza (perche quest’ultimi sono molto meno esposti alla volatilità dei tassi d’interesse e dei rendimenti rispetto a quelli a lunga scadenza).

A lungo termine queste strategie potrebbero rivelarsi di fondamentale importanza. soprattutto perchè tutto il denaro pubblico riversato nelle casse di banche, aziende finanziarie e industriali, per tirarli fuori dal pericolo di insolvenza, porterà senz’altro un periodo di inflazione spinta, se non addirittura di “iperinflazione” a cui seguirà un crollo verticale del valore della moneta americana.

Per ora quindi, la sfida tra i mercati e il governo USA è stata vinta nettamente dai primi. Anche la ribellione silenziosa della Cina, la Russia e gli altri grossi detentori di titoli americani si è rivelata vincente nei confronti degli Stati Uniti, perchè ha permesso ai primi di ridurre l’esposizione nei confronti del dollaro. Se la strategia di QE degli USA dovesse funzionare, anche il governo americano potrebbe riuscire a limitare i danni. Gli unici che rimarrebbero esposti (e con i pantaloni intorno alle caviglie) sono i consumatori americani, che con i dollari ci si comprano da mangiare.

Cliff campidoglio.org

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