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Iran, Neo-con USA “con” Ahmadinejad

Le crescenti proteste contro il regime in Iran hanno portato il presidente Obama di fronte ad un dilemma dalla difficilissima risoluzione. Attualmente la destra neo-con lo tiene sotto attacco, chiedendogli di prendere una più netta posizione a fianco dei manifestanti contro il presunto broglio delle elezioni politiche, concluse con la dubbia vittoria dell’attuale presidente Mahmoud Ahmadinejad sul rivale Hossein Mousavi.

 

Ma la destra non si limita a questo, perche ora insiste anche per tagliare i rapporti tra Washington e Teheran, che Obama cercava di trasformare dallo scontro diretto ad una collaborazione che avrebbe permesso agli USA di lasciare il medio oriente in una situazione più tranquilla (che però passa inevitabilmente anche dal fronte Israelo-Palestinese) e di dedicarsi con più energia all’Afghanistan e anche al Pakistan.

Ma la situazione non è affatto semplice: Obama non può apertamente appoggiare il fronte dei manifestanti iraniani, perchè una tale azione rischierebbe di delegittimare il movimento stesso. Sarebbe troppo facile per gli uomini dell’attuale regime screditare il movimento d’opposizione bollandolo come un semplice strumento dell’occidente.

Anche i leader dei manifestanti in Iran hanno espresso la loro contrarietà ad un appoggio pieno e pubblico dell’amministrazione USA. Vorrebbero che gli USA, insieme alla comunità internazionale, mettesse l’accento sugli abusi del governo contro i manifestanti e sui brogli elettorali, ma senza appoggiare pienamente il loro leader Mousavi. E’ importante per i manifestanti che il loro leader possa rimanere una figura indipendente e rimanere fuori dalla rete di leader amici degli USA.

Simultaneamente, Obama subisce una forte pressione dai neo-con USA e dai loro organi di stampa, per difendere in maniera netta e decisa la protesta nelle strade di Teheran. Molti repubblicani, tra cui il suo rivale nella campagna elettorale, John McCain e Robert Kagan, famoso scrittore neo-con, che tanto contributì a formare la politica estera USA sotto George W. Bush, accusano Obama di essere dalla parte dell’attuale governo iraniano, e della sua volontà di mettere fine al più presto possibile alle proteste e intraprendere il lavoro dei prossimi quattro anni alla guida del paese.

Anche il conservatore Washington Times ha pubblicato un’intervista di Elliot Abrams, vice consigliere della sicurezza nazionale sotto George W. Bush, dove dichiarava che “Anche l’Europa ci ha superato con il tono delle loro proteste, e questo si che è sorprendente”, alludendo ai richiami inglesi, francesi e tedeschi per un nuovo conteggio delle spoglie elettorali. 

Ma Obama si è finora guardato bene dal farsi influenzare su questa spinosa questione. Ci sarebbero due rischi: come detto prima, darebbe adito a coloro che vogliono far apparire Mousavi come un burattino dell’occidente, ma al tempo stesso, rischierebbe di infiammare definitivamente la piazza iraniana, portando il paese (nonche l’intera area mediorientale) sull’orlo di una destabilizzazione che non gioverebbe a nessuna in questo momento.

Ma al contrario di quel che si pensa, i neo-con americani alla fine possono dirsi soddisfatti della vittoria di Ahmadinejad. Paradossalmente, una vittoria di Mousavi avrebbe affievolito la proteste dei neo-con contro il regime di Teheran, togliendo agli USA la scusa che fino ad ora gli ha permesso di incoraggiare la comunità internazionale ad affrontare in maniera aggressiva il problema dello sviluppo di armi nucleari da parte di Teheran.

L’Asia Times scrive che Martedì scorso, Meir Dagan, capo del Mossad (intelligence Israeliana) ha dichiarato al parlamento che se Mousavi avesse vinto, Israele avrebbe avuto gravi problemi a convincere il mondo della minaccia di Teheran, poiche’ Mousavi è considerato dalla maggior parte della comunità internazionale come un moderato.

Certi discorsi si sono sentiti anche a Washington negli ultimi giorni, in cui molti neo-con, ma anche alcuni repubblicani piu moderati, sostengono che solo un cambio di regime a Teheran sarebbe una soluzione accettabile a questa crisi. Ma Mousavi e i suoi uomini non hanno mai parlato di un cambio di regime, e vi sono anzi forti dubbi che una sua vittoria avrebbe portato un attacco al potere degli Ayatollah. Detto ciò, sarebbe fortemente auspicabile tenersi un leader aggressivo e considerato un estremista da molti per continuare a propagare la guerra all’Iran.

Inoltre, Mousavi ha gia dichiarato che se fosse stato eletto avrebbe portato avanti il programma nucleare civile. Pertanto, per i neo-con e, considerando le parole del capo del Mossad, anche per Israele, l’ipotesi di una vittoria di un candidato che avrebbe portato avanti il programma nucleare, avendo anche il supporto di gran parte della comunità internazionale, era la peggior soluzione possibile a queste elezioni, permettendo il mantenimento del programma nucleare ma togliendo l’arma della propaganda a chi vuole fermarlo a tutti i costi.

Per questo motivo i neo-con hanno deciso che una vittoria di Ahmadinejad sia preferibile, perche rende i discorsi contro Teheran più facili da vendere al pubblico. In Israele la pensano esattamente allo stesso modo, soprattutto ora che al potere è salito il partito Likud di Benjamin Netanyahu, storicamente molto vicino alle posizioni neo-con USA.

Se, come sembra, il tutto finirà con la conferma di Ahmadinejad, i neo-con avranno vita facile ad incolpare “il silenzio” di Obama per la sconfitta dell’opposizione e la conferma di un leader estremista.

Si dovrà seguire con attenzione, quindi, l’approccio di Obama, che si trova stretto tra la voglia di reclutare l’Iran come assistente nel risolvere la questione mediorientale e lasciare spazio agli americani per affrontare in maniera più deciso l’Afghanistan, oppure di prendere una posizione netta contro il regime attuale rischiando però di delegittimare il movimento d’opposizione, di alienarsi Ahmadinejad come interlocutore e di compromettere per sempre le basi del suo programma di politica estera che partiva dalla pacificazione del medio oriente.

Commenti all'articolo

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 24 giugno 2009 12:29

     Obama sta scegliendo la linea giusta: nessuna interferenza diretta. Non si può essere ondivaghi senza pagarne le conseguenze, come è accaduto, ad esempio, a Veltroni. 
     Un appoggio esplicito, come vorrebbero i nostalgici di Bush, sarebbe contrario agli interessi del movimento emergente in Iran. Gli iraniani vanno lasciati liberi di risolvere i propri problemi da soli perchè nessuno in quel paese accetterebbe un’interferenza diretta, esplicita da parte di un paese estero. A mio parere la repressione non risolverà ma aggraverà il discredito del regime e l’occidente deve aspettare che il paese scelga i suoi tempi liberamente.
     Fortunatamente il nuovo presidente degli USA sembra aver capito come stanno le cose e la sua conduzione della crisi appare giusta ed equilibrata: critica gli eccessi del regime, condanna la repressione ma non interferisce su altri piani dal momento che ha scelto di non essere il liberatore del mondo.
     D’altra parte abbiamo visto che fine hanno fatto i liberatori del mondo...

    • Di Cliff (---.---.---.44) 24 giugno 2009 15:30

      Sono d’accordo, Obama sta aggendo bene. Ma e’ chiaro che ci sono pressioni da certi ambienti per far si che lui non si distacchi troppo dalla linea di politica estera intrapresa da Bush e i suoi. La guerra all’Iran e’ l’obbiettivo principale di chi governava l’America prima di lui. Io credo che la vera forza di Obama si dimostrera’ nella sua capacita’ o meno di resistere a certe pressioni

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